29, Marzo, 2024

Il monte Cocollo: dall’insediamento fortificato ai detti popolari

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Il monte Cocollo, situato nella zona antistante la Setteponti, a dividere il territorio tra Loro Ciuffenna e Castelfranco di Sopra, è stato antico centro nevralgico di una giurisdizione su un vasto territorio. La sua storia ha inizio nel XIII° secolo, il suo abbandono come centro abitativo nel XVII°. Oggi ne rimangono a memoria, le rovine, i detti e i proverbi popolari.

A partire dalla Setteponti, proseguendo per le ripidità del monte, i primi resti visibili sono quelli della “Casa del Cocollo”. Essendo stato, il Cocollo, sede di un castello e poche abitazioni circostanti, che piuttosto si diramavano su Modine e Casarotta (stando agli studi di tipo archeologico condotti da Silvia Leporatti e Claudia Tripodi) – l’errore comune è quello di associare questi primi resti, alle rovine del castello. In realtà il sentiero prosegue ancora in alto, dove, quasi sepolti dalla vegetazione, sono visibili il vecchio pozzo e i resti di una stanza del castello ancora più avanti. Fuori dal percorso delle rovine, a circa un’ora di cammino, nella località di Laconia, si trova invece, una villa che anticamente è stata la sede del tribunale. L’edificio si è mantenuto per come era stato lasciato nel 1700 fino all’ultimo restauro del 1970; quando il palazzo podestarile del Cocollo è diventato una sontuosa villa (come riporta Vannetto Vannini in un articolo per il C.A.I Valdarno Superiore).

Dalla tradizione orale emergono alcune curiosità legate sia al presente che al passato del monte Cocollo. Esistono alcune variazioni del detto “Fra il Cocollo e Vignale c’è un vitello d’oro che più di Roma vale/ Ciaspri, Caspri e Pian d’Ortale c’è un vitello d’oro che più di Roma vale”. Questo detto, usato fino al secolo scorso dagli abitanti della Setteponti non trova una spiegazione univoca sul senso del “vitello d’oro”. Vannetto Vannini attesta che è molto diffusa una tradizione popolare secondo la quale il vitello d’oro sarebbe stata una statua d’oro, raffigurante la dea Diana che venne dai primi cristiani abbattuta e gettata con gli altri idoli in un pozzo profondissimo subito riempito di sassi. Altri, successivamente hanno collegato questo detto alla scoperta di un pozzo di petrolio; altri ancora lo riconducono ai “Mammelloni del Cocollo.” Viene chiamata così la zona intorno al Cocollo che vede due sorgenti d’acqua nascere in una conformazione che ricorda la forma di un seno.

Un detto più antico invece, è quello attestato da Stefano Luglioli nel  nel periodico Prato Magno: ”L’Anciolina l’allaccionno e il Cocollo lo spianonno”. La tradizione popolare dice che nel castello, difeso da tre ordini di mura, si rifugiarono le famiglie ghibelline esiliate da Firenze e per questo fu distrutto da un esercito fiorentino che prima aveva tentato invano l’assedio all’Anciolina. Ancora fra gli abitanti della Sette Ponti si racconta che gli abitanti del castello distrutto, qualche anno dopo, si spostarono ed andarono a popolare il nuovissimo castello di Castelfranco di Sopra.

Quello che si dice oggi sul Cocollo è emblema del suo abbandono. Guardandolo dal basso della Setteponti, in particolare dalla frazione di Malva, viene detto “Quando il cocollo ha il cappello, contadino prendi l’ombrello/non lasciare l’ombrello.” Il significato dell’affermazione è totalmente meteorologico; quando la vetta del monte Cocollo è coperta dalla nebbia, come se le facesse da cappello; è probabile che stia per piovere.

Le foto e le riprese dall’alto sono di Gian Marco Martini.

 

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