Scambi del titolo sospesi in Borsa, vertici azzerati per il commissariamento, indagini per insider trading. Ecco alcune delle ragioni che hanno portato l’istituto aretino all’attuale situazione
La storia
La Banca Popolare dell’Etruria adotta questa denominazione nel 1971, quando la Banca Mutua Popolare Aretina (fondata nel 1882) si aggrega con altre banche popolari del centro Italia. La Banca continua gradualmente la sua crescita e, nel 1988 si fonde con la Banca Popolare dell’Alto Lazio, consolidando la sua presenza nell’Italia Centrale.
Nel 1998 Banca Etruria si quota in borsa a Milano e fino al 2008 continuano altre acquisizioni (Banca Federico Del Vecchio e Banca Lecchese). Proprio il 2008 segna l’inizio di una crisi che a livello internazionale aveva già iniziato a farsi sentire nell’anno precedente.
La situazione precipita
A partire dal 2011 si assiste all’esplosione dei crediti deteriorati (ovvero soldi prestati dalla banca che difficilmente potranno essere recuperati), situazione che si aggrava negli anni successivi fino ad arrivare alla quota enorme di 1,6 miliardi di Euro nel 2013. In pratica oltre il 30% del portafoglio crediti è a serio rischio.
A questo punto il Consiglio d’Amministrazione in cui siedono fra gli altri Lorenzo Rosi, all’epoca Vice Presidente (Rosi siede nel CDA di Banca Etruria dall’aprile 2008) e Pier Luigi Boschi (padre dell’attuale ministra Elena) decide di contrastare il deterioramento del credito acquistando quantità sempre maggiori di titoli di Stato, fino ad arrivare alla somma astronomica (se comparata alle dimensioni della banca aretina) di 7 miliardi nel 2013.
La banca aretina nella pratica agisce come una banca d’investimento, con operazioni finanziarie volte a coprire il vero cuore del problema, ovvero i buchi di bilancio sempre più consistenti, dovuti a perdite sui crediti e a costi elevati. E ciò non piace alla Banca D’Italia, che infatti boccia le operazioni in questione e infligge anche sanzioni ai membri del Consiglio D’Amministrazione.
Nel corso del 2014 (Rosi è promosso presidente a Maggio, mentre suo Vice diventa Boschi) la situazione si aggrava sempre di più: a Settembre le perdite ammontano già a 124 milioni. Sul finire dell’anno Banca Etruria rifiuta l’offerta di acquisto lanciata dalla Popolare di Vicenza e lancia un piano di riorganizzazione che prevede, in un paio di anni, la riduzione di circa un quarto del personale e la chiusura di una trentina di sportelli.
Il commissariamento
La banca appare sulla via del dissesto e Bankitalia impone il commissariamento. I commissari arrivano proprio durante una riunione del Consiglio di Amministrazione in pratica ormai già sciolto. Tutte le cariche vengono azzerate. Il loro compito è ben preciso: devono accertare la situazione aziendale, rimuovere le irregolarità, convocare le assemblee e promuovere le soluzioni utili nell'interesse dei depositanti. Inoltre quando lo ritengono necessario devono esercitare l'azione sociale di responsabilità contro i membri dei disciolti organi amministrativi.
Altra tegola, l’indagine per insider trading
Ma i problemi non sono solo di carattere gestionale. A partire dal 3 gennaio tutte le banche popolari quotate, ma in particolare Banca Etruria, sono state oggetto di consistenti passaggi di titoli azionari che hanno determinato forti apprezzamenti dei titoli stessi. Il successivo 20 Gennaio Renzi annuncia i particolari della riforma che prevede l’obbligo di trasformazione in SPA per le popolari che hanno un attivo superiore agli 8 miliardi. Già dal 24 Gennaio la stampa inizia a parlare di sospette operazioni da Londra ( i titoli di Banca Etruria in quei giorni avevano registrato incrementi record, superiori al 60%).
Sembra quindi che alcune notizie sui dettagli del decreto del governo possano aver iniziato a circolare in anticipo, e che qualcuno abbia rastrellato titoli per poi rivenderli a prezzo maggiorato. Da qui l’indagine della Consob (che vigila sulle società quotate) e della procura di Roma, poiché l’insider trading è un reato.