28, Marzo, 2024

Alluvione 1966: i ricordi di una bambina che allora aveva 11 anni. “Tutto era ricoperto di melma e di fango”

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A Figline e Incisa le acque dell’Arno invasero la città nella notte tra il 3 il 4 novembre. I racconti di 200 bambini furono raccolti in libro: tra questi anche i ricordi di Anna Bernini

Nella notte tra il 3 e il 4 novembre 1966 anche Figline si trovò ad affrontare il terrore dell'alluvione. Tanti furono gli abitanti che persero tutto a causa della furia dell'Arno. I racconti dei bambini che avevano vissuto in quella notte l'inferno furono raccolti in un libro, "Com'era l'acqua: i bambini di Firenze raccontano" di Idana Pescioli. Tra questi c'era anche quello di Anna Bernini di Figline che all'epoca aveva 11 anni. Lo riportiamo integralmente.

"Il mio babbo e la mia mamma insieme al mio zio e alla mia zia erano andati a portare le bestie in salvo dal Nebbiai e dal Tramonti. Il mio babbo mi disse di montare sulla sua schiena, così io partii in pigiama senza niente in testa e addosso, perchè l'acqua aumentava sempre più. Mio zio prese mia sorella, mia cugina volle venire da sè ma non fece poco a farcela perchè l'acqua era già alta. Ci misero sopra all'argine dove l'acqua era alta poco più di mezzo metro, noi correvamo verso la strada dove c'era Gigi del Raspini, un uomo che fa lo spazzino, il quale ci portò a casa sua".

"Intanto mio padre era andato a prendere mia nonna che ha ottantaquattro anni: l'acqua gli arrivava alla gola, poi gli saliva pian piano verso la bocca. Finalmente giunsero sull'argine anche loro – così mi hanno raccontato – vennero anche loro dal Raspini. Ci cambiarono tutti e ci misero a letto. La mattina verso le cinque ci toccò scappare anche da lì perchè l'acqua del borro minacciava di entrare in casa e così in fila indiana ripartimmo. Mio padre bussò a un carabiniere che sta nel quartiere del circolo. Anche lì ci accolsero generosamente. Verso le otto venne il suocero della mia cugina che ci volle portare a casa sua".

"Io sembravo ridolini: avevo un golf con le maniche tanto lunghe che sembravo mutilata perchè non mi si vedeva più le mani, la sottana mi arrivava ai polpacci e bisognava che me la reggessi se no mi cascava in terra. La mattina del 5 novembre verso le 10 e mezza del mattino potemmo rientrare in casa".

"Si vide tutto ricoperto di un suolo di melma e fango, si vedeva la riga lasciata dall'acqua a circa due metri e mezzo dal pavimento. Il vino tutto sciupato e così il grano, le presse della paglia erano tutte sparse per l'aia, il pagliaio del fieno aveva baltato".

Quello che emerge dal racconto di una bambina è la grande solidarietà che in quei momenti drammatici si instaurò tra gli abitanti, i vicini di casa, gli amici. Una solidarietà che fece sopportare con maggiore forza la disperazione di aver perso tutto e di dover ricominciare tutto dall'inizio.

A distanza di anni quei gesti di altruismo legano ancora le persone che hanno vissuto il dramma dell'alluvione.

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