08, Dicembre, 2024

Ricordi in bicicletta, uno spaccato di storia valdarnese: “Ancora oggi è un simbolo di libertà”

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Fiab Valdarnoinbici ha presentato ieri il volume “Se dico bici..”. Una raccolta di ricordi di varie generazioni di figlinesi: uno spaccato di storia valdarnese su due ruote.

"Se dico bici…". Presentata ieri la raccolta di "biciricordi", un bel progetto realizzato da Fiab ValdarnoInBici, curato da Paola Sozzi, con foto di Marco Betti, e finanziato dal Consiglio Regionale della Toscana. I racconti sono stati raccolti nel corso della manifestazione Autumnia 2014 e durante una giornata con gli anziani dell’Asp Martelli.

 
Un volume con i ricordi di tanti figlinesi: quello che emerge è un legame molto forte che unisce i valdarnesi alle due ruote. Una passione che non ha età.  “L'iniziativa vuole donare il piccolo piacere di fermarsi a condividere un ricordo e aprire una finestra sui mille significati che la bicicletta può avere: un utile mezzo, una compagna di avventure, un oggetto del desiderio, la nostalgia di una stagione, una sfida vinta o perduta, un pezzo di vita, il simbolo di un’epoca” sottolinea, nella presentazione, il presidente dell’associazione Daniele Del Priore.
 

Gli scritti raccolti sono stati ordinati in capitoli: dalla bicicletta come sinonimo di libertà, alle prime pedalate, dalle semplici cadute, fino ai ricordi più storici che ripercorrono anche i cambiamenti economici del Valdarno.
 
“La raccolta di ricordi è quello di dare voce alla normalità di esperienze individuali – spiega la curatrice del progetto Paola Sozzi – mettere insieme piccoli pezzi per valorizzarli per guardarli da una prospettiva nuova, attraverso una restituzione che in qualche modo li rigenera mettendoli in relazione tra loro e con il contesto”. L’autobiografia che diventa anche storia di una comunità come quella valdarnese.
 
“Avevo la bici da corsa con le gomme fini, si bucava spesso. Era gialla, non ricordo la marca, ma ce l’aveva anche il Bartali! Non era facile avere una bici da corsa, ma io stavo a Firenze! In città c’era più lavoro e si guadagnava bene, e quindi c’erano più entrate.Io stavo a P.zza Alberti e con la bici andavo a giro per Firenze. Poi andavo anche a fare delle girate fuori città, a Siena o all’Impruneta” scrive Raffaello di 79 anni.
 
Emma di 93 anni ricorda invece di quando andava a lavorare in bicicletta: “Lavoravo in vetreria e non abitavo lontano; ci mettevo 5 minuti. Mi ricordo che se si viaggiava senza le luci, quando era buio, si rischiava la multa del vigile. Una volta mi fecero la multa di 50 lire (io ne guadagnavo 500 al mese) perché non avevo le luci; quella volta la pagò la ditta perché mi avevano chiesto loro di andare, in un orario in cui era buio, a consegnare della merce. La mia bici era bianca e nera: me l’aveva fatta il Lazzerini che allora faceva le bici a Figline. Mi ricordo anche che i ragazzi, una volta, facevano a gara a chi arrivava più lontano, senza pedalare, buttandosi giù dalla discesa dell’ospedale”.
 
Di acqua sotto i ponti ne è passata, ma anche nei racconti dei più giovani emerge come la passione per le due ruote in Valdarno non si sia mai spenta. Un aspetto che più volte ha ribadito anche il padre del ciclismo italiano, Alfredo Martini.

E forse è per quel "senso di libertà" di cui parla sempre Paola Sozzi: "Libertà di muoversi, di andare, di viaggirare con la fatica ed il piacere dell’autonomia”. Non è un caso che il programma di Radio 2, Caterpillar, abbia candidato la bicicletta al premio Nobel per la pace. E poi come rileva Astrit: “Chi va in bici ha sempre qualcosa da raccontare”.

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