15, Novembre, 2024

L’antica coltivazione della vite “maritata” tra storia e prospettive future

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Il Valdarno, così come la Toscana, nascondono nei loro paesaggi antiche tradizioni di colture ormai quasi dimenticate. La coltivazione della vite “maritata” è una di queste, anche se purtroppo tenuta in vita da pochi e poco controllata.  

Definita per secoli “vite maritata”, proprio perché essa appare come “sposata” all’albero su cui si innesca, come pioppi, olmi, ulivi, alberi da frutto. Questo nome è di epoca romana: quando la vite e l’albero comparvero nella letteratura latina come metafora letteraria dell’amore coniugale. Tuttavia, fu il popolo etrusco a coltivare per primo le viti maritate. La loro storia risale, più o meno, al XII secolo a.C.; in seguito, con lo sviluppo dei commerci, gli etruschi entrarono in contatto con i popoli del Mediterraneo, specie con i Greci, che avevano già tecniche produttive più evolute e altre specie di vigneti. Fu favorita, infatti, l’importazione di nuove varietà, che vennero incrociate a quelle locali. La produzione del vino aumentò notevolmente, tanto che poi furono gli stessi etruschi a iniziare a commerciarlo oltremare. Di base, le viti venivano coltivate come crescevano spontaneamente in natura: essendo la vita un robusto rampicante, esso si snoda fra gli alberi verso l’alto in cerca delle luce del sole, ma non è un parassita e quindi non aggredisce l’albero su cui si aggrappa.

Illustrazione inglese dell’Ottocento di una vendemmia in Toscana

La coltivazione della vite “maritata” era, ai tempi, funzionale per molti motivi. Si trattava della “consociazione” (in agricoltura vuol dire alternare una cultura all’altra) a livello familiare, poiché era fondamentale avere a disposizione varie culture a seconda della stagione per il sostentamento. Inoltre, la vite, essendo un liana molto forte, cresceva facilmente tra le altre piante di supporto, cosa che rendeva molto facile gestire la produzione di vino in piccoli appezzamenti. Questa tecnica nacque un pò ovunque in Italia, ma la ritroviamo specie in Toscana e in Umbria, ma ovviamente venne sostituita dai nuovi mezzi tecnologici. La produzione della vite maritata venne abbandonata perché troppo complessa e non permetteva il passaggio dei nuovi mezzi agricoli, che necessitavano di un appezzamento ampio.

In Valdarno sono ancora presenti dei rari esemplari di vite maritata, ma purtroppo non ci sono numeri precisi in quanto non sono ancora mai stati registrati. Dario Ceccatelli, Consulente agronomo, ritiene che ce ne siano qualche centinaio, ma il dubbio rimane sempre in quanto le viti maritate sono, oggi, soltanto ai margini di appezzamenti privati e non nella dimensione di industrie agricole. Dario Ceccatelli: “La cosa più importante è sapere che molti esemplari di viti maritate hanno più di cinquanta anni e pertanto custodiscono un patrimonio genetico toscano molto antico. Quindi la loro scomparsa sarebbe un male, ma anche il fatto che esse non siano registrate lo è”. Infatti,  sarebbe fondamentale farne una stima registrando gli effettivi esemplari presenti anche in Valdarno, ancora Dario Ceccatelli: “ Il Trebbiano spoletino umbro è un esempio dell’importanza della catalogazione. Questo vino è un caso autoctono dell’Umbria che era scomparso, ma che grazie al lavoro di registrazione è tornato in commercio. Così come in Umbria,  sarebbe davvero bello riscoprire questi antichi sapori anche in Toscana e nel Valdarno, essendoci tante varietà scomparse“.

Presso il Comune di Castelfranco Piandiscò, nella zona di Faella, sono presenti  esemplari di vite maritata, grazie alle attenzioni e cure di Giancarlo Guivizzani: “La nostra regione, bellezza attrattiva ricca di tante realtà ambientali e paesaggistiche, contiene nei suoi territori reperti secolari ormai in estinzione, meritevoli del nostro interesse ecologico culturale. Uno di questi è la coltivazione della vite maritata al pioppo”. Continua Guivizzani: “Certe coltivazioni rurali contengono caratteristici aspetti della cultura tradizionale, di un passato ormai superato, ma conservato con saggezza e sapienza“. Un perfetto esempio di ciò, è stato dato anche dalla famiglia Manganelli, dove esiste un terreno che ben si armonizza con il paesaggio, dove da antichissima data è conservato con fatica e sapienza un rarissimo esempio di coltivazione della vite autoctona, maritata con i pioppi.

L’antica arte di coltivare le viti maritate dovrebbe richiedere più attenzioni: una  catalogazione dei pochi esemplari presenti nella nostra zona potrebbe portare alla produzione di prodotti unici del Valdarno. E come giustamente ricorda Giancarlo Guivizzani, Dante Alighieri nel Purgatorio elevò la produzione del vino con questi bellissimi versi:Guarda il calor del sol che si fa vino/giunto all’omor che dalla vita cola“. 

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