Partita giovanissima da Pola con la sua famiglia, Liana Sossi racconterà la sua esperienza di profuga accolta nell’ex convento di Sant’Orsola a Firenze. Appuntamento alle 10 di mercoledì 10 febbraio con gli studenti di scuola media
Si celebra domani, mercoledì 10 febbraio, “Il Giorno del Ricordo”, istituito dal parlamento italiano al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
A Reggello l’appuntamento è alle 10, nella Sala consiliare per l'iniziativa istituzionale. Parteciperanno gli studenti delle terze classi della Scuola Secondaria di Primo Grado “Guerri” di Reggello e sarà proiettato il documentario “Magazzino 18: Ricordi Dimenticati” realizzato dagli alunni della classe 3^B. Sarà presente Liana Sossi, profuga istriana, e Pasquale De Rosa, ex sommozzatore della Marina Italiana, che porteranno la loro testimonianza.
Liana Sossi era già stata ospite lo scorso anno, delle celebrazioni a Reggello. Oggi reggellese, Liana fuggì giovanissima dall'Istria con la sua famiglia. "La mia regione, l’Istria, Pola, è un territorio roccioso. Ricordo che avevano costruito dei rifugi sotterranei, con le ramificazioni per muoversi durante i bombardamenti della guerra. Mia zia mi prendeva per mano, e mi portava dentro a questi rifugi senza luce, illuminati solo da lumiere alimentate con lo zolfo. Per anni è andata avanti questa storia, con le fughe nelle gallerie anche di notte".
"Poi – ricorda Liana – decidemmo di andare sfollati in campagna, dove non bombardavano: era a cinque chilometri dalla nostra città, ricordo che sentivamo bene ancora il rumore sordo dei bombardieri. La guerra è andata avanti per anni, poi arrivarono gli americani, che si insediarono nella costa. Non sapevamo quello che stava succedendo nell’entroterra. Finché un giorno il fidanzato di mia zia cercò di raggiungerci: doveva raggiungerla per sposarla, e partì a piedi da Fiume, attraversando a piedi tutta l’Istria, per raggiungere Pola. Non ci arrivò, perché fu catturato e infoibato. Come lui, accadde a tante altre persone. Persone che sparivano, e di cui nessuno sapeva più nulla, perché almeno all’inizio nessuno di noi sapeva dell’esistenza delle foibe. Poi si scoprì".
"Dalle nostre parti l’essere italiani era motivo di grande orgoglio. E così, quando alla mia gente fu chiesto di compiere quella difficile scelta, lasciammo tutto per venire in Italia. Mia mamma aveva scelto Firenze, e così ci imbarcammo a Pola, su una nave militare chiamata Toscana: scendemmo a Venezia, dove per una settimana rimanemmo all’interno di una caserma. Da lì, in treno, raggiungemmo Firenze".
Liana e la sua famiglia fu ospitata, insieme ad altre 276 famiglie, all’interno del grande edificio dell’ex Convento di Sant’Orsola a Firenze. “Ci ho abitato per cinque anni, con i miei nonni, zie e la mamma. Abitavamo al secondo piano, i bagni erano al pian terreno, una situazione difficile soprattutto per gli anziani. È stata una grande avventura, e ancora oggi, quando ne parlo, ho sempre timore a raccontare, perché vorrei che il mio messaggio fosse questo: non c’è bianco o nero, cattivo o buono, la guerra non si fa, è solo il frutto della presunzione e della stupidità dell’uomo”.
Il convento di Sant'Orsola oggi