Il TAR, tribunale amministrativo regionale per la Toscana, ha rigettato il ricorso presentato dal “Comitato per la difesa e la valorizzazione del Parco urbano di piazza Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa” sul progetto per la realizzazione della nuova piscina comunale e ha dato ragione al Comune di Figline Incisa. La sentenza risale al 25 ottobre scorso ma le motivazioni sono state pubblicate soltanto adesso.
Il TAR “dichiara inammissibile il ricorso quanto alla posizione del Comitato per la Difesa e Valorizzazione del Parco Urbano “Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa” e lo respinge quanto alla posizione degli altri ricorrenti. Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese processuali sostenute dal Comune di Figline e Incisa Valdarno e dalla Città Metropolitana di Firenze, che liquida per ciascuna delle menzionate parti resistenti in euro 3.000,00, oltre agli accessori di legge”.
La vicenda risale al mese di aprile quando si costituì il Comitato per opporsi alla realizzazione del progetto per la nuova piscina comunale nel parco urbano di piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa con i finanziamenti del PNRR. Nel mese di maggio Metrocittà presentò i progetti del PNRR che annoveravano, tra le altre opere, anche l’impianto figlinese e il vicesindaco Buoncompagni spiegò le motivazioni della scelta dell’area. Subito dopo il Comitato annunciò di volere impugnare gli atti e indisse anche una raccolta di firme.
Adesso il TAR si è pronunciato. Per prima cosa il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana afferma che “deve essere dichiarato il difetto di legittimazione attiva del Comitato per la Difesa e Valorizzazione del Parco Urbano “Carlo Alberto Dalla Chiesa”. Com’è noto, perché i comitati spontanei e le associazioni di cittadini possano ritenersi legittimati ad impugnare provvedimenti amministrativi ritenuti lesivi di interessi comuni non è sufficiente una previsione statutaria che identifichi tale obiettivo di protezione come compito istituzionale dell’ente, ma occorre la prova che quest’ultimo sia dotato di consistenza organizzativa, adeguata rappresentatività e collegamento stabile con il territorio ove opera. Occorre, inoltre, la prova di un’attività protratta nel tempo e che, quindi, il comitato o associazione non sia stato costituito in occasione e in funzione dell’iniziativa giurisdizionale. Il comitato ricorrente, al contrario, non ha dimostrato di possedere alcuno dei requisiti indicati, posto che in atti è stata versata unicamente una bozza di atto costitutivo priva di data e sottoscrizioni degli aderenti, la quale non consente di stabilirne consistenza e rappresentatività. Del pari, non vi sono elementi che permettano di ricostruire l’attività svolta dal comitato in epoca precedente al promovimento del presente giudizio ed, anzi, l’unico elemento disponibile è un articolo di stampa che dà notizia della nascita del comitato e risale al 23 aprile 2022, poco più di un mese prima della notifica del ricorso, potendosi così escludere che una qualche attività significativa sia stata svolta anteriormente all’introduzione della lite giurisdizionale. Quanto alla posizione del Comitato, l’impugnativa è dunque manifestamente inammissibile”.
Per quanto riguarda la contestazione di realizzare la piscina nel parco pubblico il Tar dichiara: “All’esito dell’intervento, in altri termini, il parco pubblico “Generale Dalla Chiesa” verrà ad essere riorganizzato, ma non ridimensionato nell’estensione disponibile ai suoi fruitori. La perdita di suolo dovuta alla realizzazione della piscina sarà compensata dal recupero di ampie zone a verde pubblico in un’area cittadina limitrofa”.
Ed ancora: “I ricorrenti lamentano altresì l’irragionevolezza della scelta di sacrificare una porzione dell’attuale parco pubblico, sostenendo che la nuova piscina avrebbe ben potuto e dovuto essere localizzata altrove e, segnatamente, all’interno di una delle aree verdi oggetto della prevista riqualificazione. Essi non forniscono tuttavia alcun principio di prova circa l’idoneità di quelle aree, che secondo l’incontestata difesa del Comune sono soggette a rischio idraulico, a ospitare il nuovo impianto sportivo. Allo stesso modo, i ricorrenti non offrono elementi che consentano di mettere in dubbio la scelta operata dal Comune fra le tre ipotesi localizzative prese in esame in sede di approvazione del progetto. Pacifico che la struttura esistente necessiti di un intervento di manutenzione straordinaria, il Comune ha optato per la soluzione che permette di contemperare l’esigenza di disporre di un impianto natatorio polifunzionale e di medie dimensioni (impianto “di quartiere”), vocato principalmente all’attività di base e di avviamento, con quella di recuperare alle attività scolastiche gli spazi attualmente occupati dalla piscina, il tutto alla luce dell’impossibilità tecnica di eseguire l’intervento di manutenzione all’interno dell’involucro edilizio esistente e della conseguente necessità di un nuovo consumo di suolo. […] La soluzione adottata è quella che, a parità di altre condizioni, consente appunto di superare le criticità legate al rischio idraulico (magnitudo “moderata”) e di collocare il nuovo impianto all’interno di un edificio rialzato di soli 50 – 70 cm rispetto al piano di campagna, realizzando la piscina al pianterreno e i locali tecnici nell’interrato, come richiesto da una progettazione ottimale. Alle valutazioni comunali i ricorrenti non oppongono rilievi di ordine tecnico, se non genericissimi, di modo che ancora una volta non è possibile dubitare della localizzazione prescelta, la quale del resto non è certo sindacabile nel merito, una volta che sia stata esclusa la sussistenza di vizi sul piano della legittimità”.
Per quanto concerne la diseconomicità dell’intervento lamentata dal Comitato: “A fronte dei costi sostenuti per l’allestimento e la manutenzione dell’area verde, la cittadinanza ha infatti fruito e continuerà a fruire del parco, sia pure parzialmente modificato nella dislocazione (ma non, lo si è detto, nelle dimensioni), dovendosi perciò escludere che per il passato vi sia stato un inutile dispendio di risorse; tanto più che il Comune avrebbe comunque dovuto provvedere alla ordinaria manutenzione dell’area indipendentemente dalla sua destinazione, a garanzia del decoro e della sicurezza urbana. La nuova piscina non riguarderà, poi, la parte attrezzata del parco e non comporterà la dismissione di attrezzature e/o allestimenti realizzati con i denari della collettività, fermo restando che anche sotto il profilo strettamente economico il cambio di destinazione impresso a una contenuta porzione del parco appare adeguatamente compensato dai benefici arrecati alla cittadinanza in termini di riqualificazione e potenziamento dei servizi collettivi, senza arbitrarie penalizzazioni a carico di alcuno”.
Smentito ancora dal Tar il punto in cui il Comitato afferma che resta da verificare “la compatibilità del progetto del nuovo impianto con la disciplina urbanistica comunale, sostenendo i ricorrenti che la destinazione del parco a verde urbano (“Sv”) richiederebbe, per essere modificata, un’apposita variante al piano operativo adottato”.