18, Aprile, 2024

Giorno del Ricordo: la testimonianza di Alfio Mandich, ex calciatore passato dal campo profughi di Laterina

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Scomparso nel 2006, qualche anno prima Mandich aveva scritto della sua esperienza e del campo profughi di Laterina, in occasione di una celebrazione organizzata alla fine degli anni ’90 dall’amministrazione comunale, che aveva coinvolto anche gli studenti. Ecco le sue parole, raccolte grazie alla collaborazione dell’ANVGD di Arezzo

L'arrivo e la permanenza al campo profughi di Laterina: una testimonianza preziosa, quella di Alfio Mandich, che nel '48 appena ventenne arrivò con la sua famiglia, profugo fiumano, arrivò in questo campo allestito nella piana di Laterina, dove oggi ci sono fabbriche e laboratori. Mandich, poi divenuto calciatore professionista (militò in serie B con la Pro Patria, e poi in C con Empoli e Varese, negli anni '50), è scomparso nel 2006.

Ma nel 1999, in occasione di una iniziativa promossa dall'Amministrazione comunale di Laterina dal titolo "Al di là del filo spinato", e che aveva poi coinvolto anche i ragazzi delle scuole, per ricordare quello che fu il martirio delle Foibe e l'esodo giuliano-dalmata, Alfio Mandich scrisse queste parole che oggi, grazie all'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, pubblichiamo in occasione del Giorno del Ricordo. 

"Un piccolo trafiletto apparso sulla “VOCE DI FIUME” del mese di Marzo c.a. N° 3, mi dà lo spunto per ricordare uno di quei posti che fu il primo soggiorno di tanti Fiumani, Istriani e Dalmati che furono costretti ad abbandonare la loro terra nell’immediato dopoguerra.

Mi riferisco alla letterina che gli alunni della V Classe elementare di Laterina (AR) insieme alle loro Maestre hanno scritto al Notiziario del Libero Comune di Fiume:  “Ricordi del filo spinato”, un momento velato da tante amarezze che ancor oggi è impresso in modo indelebile nella mia memoria.

Campi di accoglienza……. cosi’ erano chiamati, anche se l’Italia, la Patria che ci siamo scelti, avrebbe dovuto riservarci un’accoglienza migliore.

Io ed altra gente, eravamo arrivati nella piccola stazioncina ferroviaria di Laterina provenienti da Ancona il 19 Agosto del 1948, come lo attesta il libretto di assistenza rilasciatomi dalla Prefettura di Arezzo che ancora conservo gelosamente.

Un camion militare americano (Dodge) ci venne a prelevare e dopo un breve tragitto ci scaricò davanti alle baracche di quella che sarebbe stata la nostra umilissima residenza.

Io – allora ancora molto giovane (non avevo compiuti i vent’anni) – insieme ai miei coetanei valutai la situazione goliardicamente, ma per quelli più anziani, l’impatto fu di grande delusione e di grossa preoccupazione, perché la zona era completamente isolata e non c’era alcuna possibilità di trovare un lavoro, anche saltuario, per guadagnare onde provvedere al mantenimento delle proprie famiglie. Si tenga presente che il sussidio giornaliero era di centocinque lire (una miseria).

I profughi Giuliano-dalmati provenivano da zone abbastanza evolute  e trovarsi in una vallata deserta e isolata fu per loro un grosso trauma, che fu gradualmente superato grazie all’accoglienza veramente cordiale che ci riservarono i Laterinensi.

Curzio Malaparte intitolò un suo libro di grande successo “Maledetti Toscani”, ma per noi che abbiamo avuto il privilegio di conoscerli bene e di apprezzarli, sono stati gente benedetta con la quale si stabilì da subito un’ottimo rapporto e una sincera amicizia.

Arrivando dalla stazione di Laterina, il campo si presentava cosi: sulla sinistra, c’erano ben allineate una decina o poco più di baracche in pessime condizioni e tutti quelli che arrivarono assieme a me (con il primo scaglione) si attivarono con pale, cariole e scope a ripulirle di ogni genere di materiali e di immondizie per renderle più accoglienti e vivibili. C’erano porte e finestre fatiscenti e quasi tutte da sostituire; fortunatamente la buona stagione ci diede una mano e ci permise di mettere ogni cosa a posto in pochissimi giorni. Alla destra del campo c’erano altre quattro o cinque baracche che furono cosi adibite: la prima a cucina, le altre a scuola materna, scuola elementare, biblioteca e l’ultima fu adattata a chiesa, dove il mio grande amico Gildo Nacinovich condusse all’altare la cara Anita.

Il posto al nostro arrivo era ancora recintato da filo spinato essendo stato nel periodo bellico un Campo di concentramento per prigionieri di guerra.

L’Amministrazione comunale di Laterina ha voluto ricordare il campo di concentramento con una manifestazione che si è svolta il 27 e 28 Marzo 1999. Purtroppo ne sono venuto a conoscenza a manifestazione avvenuta, perché il nostro giornalino arriva sempre con notevole ritardo e sono veramente dispiaciuto di non aver potuto parteciparvi per ricordare insieme agli amici di Laterina il posto che ci offrì la prima ospitalità.

Un grande ringraziamento vada agli scolari e alle gentili Maestre della Scuola elementare di Laterina per essersi ricordati di noi e un particolare saluto a Cesarino Calosci che fu verso i profughi di una disponibilità e generosità senza fine.                                                                                                                                    

Un grande e affettuoso abbraccio a tutti i Laterinensi. Grazie Laterina!!!". 

 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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