Durante la notte dell’ultimo dell’anno, a Firenze nel lontano 1633, venne commesso un atroce delitto: Veronica Cybo fece uccidere l’amante del marito. Ripudiata e odiata dalla sua famiglia si recò poi a Figline Valdarno, nell’attuale Ospedale Serristori, dove ancora oggi si racconta che il suo spirito infesti il luogo.
Veronica Cybo, nata nel 1611, apparteneva a una famiglia potente e molto temuta: si racconta inoltre che non fosse di bell’aspetto, ma che la donna compensasse questa sua mancanza con un carattere molto duro e ambizioso. Per interessi politici, Veronica, all’età di quindici anni, venne data in sposa a Jacopo Salviati, erede delle terre di San Giuliano e consigliere del Granduca Ferdinando II. Veronica Cybo è, infatti, nota come “la duchessa di San giuliano”. Il matrimonio fra i due, nato da un accordo politico, fu da subito in crisi. Dopo essersi trasferiti a Firenze, Jacopo Salviati, vittima sin da giovane del fascino femminile, iniziò a tradire ripetutamente la moglie e a frequentare le “buche” fiorentine, cioè locali per soli uomini. Tuttavia, la rabbia cieca della Duchessa venne scatenata quando il marito iniziò una relazione con Caterina Brogi Canacci, donna bellissima e sposata con Giustino Canacci, uomo molto facoltoso e più anziano di lei. Ciò che molto probabilmente mosse il sentimento di vendetta in Veronica fu il paragonarsi alla bellezza di Caterina ed essere, ancora una volta, messa da parte dal marito.
La macabra storia ci è nota grazie a un cronista dell’epoca, il Conte Morbio, ma soprattutto tramite l’opera ottocentesca di Domenico Guerrazzi, La Duchessa di San Giuliano. In questa, l’autore mette frequentemente in rilievo il carattere irrequieto di Veronica Cybo: “Pestava i piedi, singhiozzava, fremeva, intere ciocche di capelli si strappava, e tremava, tremava come persona presa dal ribrezzo della febbre (…). Jacopo, salvami dalla tentazione del demonio“. Ancora in Guerrazzi, assumendo il punto di vista della donna: “Io scenderò, se vuoi, dal grado di sposa, ti servirò da fantesca; se vuoi, ritirami l’amore tuo, non amarmi – anche questo ti concedo: non mi amare più, ma non preferirmi altra donna. È scomparso, fra un’ora… fra pochi istanti sarà nelle braccia di un’altra”. Veronica Cybo, era quindi una moglie furente di gelosia e possessione nei confronti del marito Jacopo. Una volta scoperto il tradimento, Veronica maturò l’idea di vendicarsi su entrambi uccidendo l’oggetto del desiderio del marito, ovvero Caterina Canacci. Si racconta, però, che fu proprio l’incontro fortuito delle due donne in una Chiesa di Firenze, San Piero Maggiore, durante il vespro la causa scatenante dell’omicidio: Veronica si recò infatti ad affrontare la rivale, ma Caterina la derise pubblicamente. La Duchessa di San Giuliano, umiliata e furente, decise così di assoldare due sicari e, addirittura, di ricercare la complicità dei figliastri di Caterina.
Il piano diabolico per l’uccisione di Caterina Canacci venne messo in atto nella notte del 31 dicembre 1633. I sicari si recarono nelle sue stanze e lì venne brutalmente uccisa. La vicenda, da questo momento, assume tratti ancora più macabri: la giovane donna era infatti incinta e, in seguito, il suo corpo venne fatto a pezzi e disperso per le strade e fognature di Firenze. In quel periodo storico, era usanza regalare al marito, il primo giorno dell’anno, un corredo di biancheria ricamata in una cesta e Veronica Cybo fece recapitare allo sposo la consueta cesta, ma con dentro la povera testa di Caterina Canacci. La reazione di Jacopo Salviati, anche se non storicamente riportata, non è difficile da immaginare; ancora Guerrazzi: “Dopo ore terribili, Jacopo Salviati aperse gli occhi, girò immemore attorno alla cesta, corrugò la fronte per raccogliere le idee, afferrò la spada e si precipitò nelle stanze della Duchessa”. Tuttavia, il marito non uccise Veronica Cybo. La donna e i suoi complici vennero processati, ma l’unico colpevole giustiziato fu il figliastro di Caterina, Bartolomeo.
La vita di Veronica Cybo, a seguito del processo, non è molto nota. Ripudiata dalla nobile famiglia, venne esiliata nell’allora Villa San Cerbone, attuale Ospedale Serristori, a Figline Valdarno. In questo luogo, è presente una targa che recita: “Esempio singolare dei costumi del suo tempo Veronica Cibo inviata al marito infedele Jacopi Salviati la testa recisa della rivale Caterina Canacci in questa villa riparava a godere la gioia amara della compiuta vendetta. Gennaio MDCXXXIV“. Ancora oggi, la fosca figura di Veronica Cybo infesta le stanze del Serristori, infatti secondo una leggenda il fantasma della donna vaga irrequieto in questo luogo, e in molti affermano di averlo visto. Tuttavia, la vita di Veronica Cybo non finì a Figline, ma a Roma dove morì nel 1691.
Sicuramente la macabra vicenda fa pensare a una Veronica Cybo spietata e violenta, ma la donna viene anche ricordata come un’anima pia e religiosa: la sua tomba, presso il Duomo di Massa, venne considerata per molto tempo un luogo di preghiera.
In copertina, il dipinto Donna Veronica Cibo fa portare la testa di Caterina Canacci realizzato da Saverio Altamura nel 1884.