25, Dicembre, 2024

Dentro il Centro Culturale Islamico di Montevarchi

Articoli correlati

In Vetrina

Più lette

In Vetrina

Abbiamo visitato il luogo di culto Musulmano parlando di religione, convivenza e anche di Isis. Un punto di vista realistico delle idee e convinzioni della comunità locale

Per meglio comprendere le pratiche religiose in Valdarno, e cercare di vedere con i nostri occhi la realtà dei Centri Culturali Islamici (al centro di polemiche e discussioni nazionali, negli ultimi periodi), abbiamo visitato il Centro di Montevarchi.

Abdeliliah Balboula – Presidente della Federazione Regionale Islamica, già intervistato nei giorni precedenti, ci ha accompagnati all’interno dello spazio di preghiera montevarchino, presentandoci Mouhssine Abdelghafour (presidente dell’associazione) e Belkaid Mohamed (segretario), con i quali abbiamo visitato il Centro e parlato di tematiche inerenti la loro esperienza e il rapporto tra Musulmani e Valdarnesi.

Il Centro Culturale Islamico montevarchino, si trova per la verità in un luogo piuttosto nascosto: una traversa di via Marconi, a lato della ferrovia. Lo spazio, aperto nel 2007, è un luogo di aggregazione e preghiera. Veniamo accolti molto cordialmente, una mezz’ora in anticipo dalla preghiera serale, invitati a toglierci le scarpe e a visitare lo spazio, al centro del quale iniziamo la nostra conversazione.

“La fondazione di questo Centro Culturale è nata dall’esigenza di pregare insieme, dal bisogno di fare comunità – ci racconta il segretario Belkaid Mohamed – io sono in Italia dal 2003, e prima dell’apertura di questo spazio, ognuno di noi pregava da solo dentro la sua casa. Incontrandosi e conoscendosi, poi, e scoprendo realtà simili ma vicine come i Centri di Figline Valdarno e Firenze, è nata l’idea di creare l’associazione e cercare uno spazio in affitto.

Il bisogno di comunità è un bisogno semplice: all’inizio eravamo una decina di persone, poi la voce si è propagata tra i Musulmani dei paesi vicini, e in molti hanno iniziato a frequentare il Centro. Quello di Montevarchi è l’unico Centro Culturale che si trova da Figline fino ad Arezzo, pertanto è frequentato da persone che abitano in tutta la zona limitrofa, anche in Valdambra. Il massimo della frequentazione, solitamente, lo raggiungiamo nel periodo del Ramadan; nelle altre settimane è molto frequentata la preghiera del Venerdì, quotidianamente viene frequentato comunque da Musulmani di Montevarchi”.

È proprio rispetto al loro rapporto con Montevarchi e i montevarchini, che desideriamo saperne di più: sia a livello di Associazione, che a livello personale; soprattutto negli ultimi mesi in cui gli attentati terroristici di Isis e lo spettro di una “guerra tra religioni” hanno scosso le coscienze dei più.

“Qui a Montevarchi non abbiamo avuto nessun tipo di problema né nessuna difficoltà con le Amministrazioni Comunali negli anni: certo, soprattutto con i vicini all’inizio c’era un po’ di diffidenza, ma hanno capito subito che siamo persone tranquille: abbiamo stretto rapporti di conoscenza e cortesia, nel tempo. Al tempo della fondazione del Centro, il Sindaco Valentini ci ha aiutato molto; con la nuova Amministrazione ancora non abbiamo avuto contatti, ma è naturale essendosi insediata da pochissimo”.

Nessun disagio causato né incomprensioni, quindi, e soprattutto nessuna raccolta firme per avvallare il trasferimento del Centro, come accaduto ad esempio a Figline.

“Da un punto di vista personale, negli ultimi periodi, capita molto più spesso di dover discutere o spiegarci con i conoscenti: dobbiamo testimoniare come quello che sta accadendo in Occidente per mano di Isis non faccia parte della nostra cultura religiosa e non ci appartenga. Certo, quando incroci per strada persone che non conosci, capita sempre più spesso di esser guardati con sospetto: del resto nei giornali e nelle televisioni spesso passa il messaggio che i Centri Culturali Islamici siano luoghi di radicalizzazione e che tutti i Musulmani siano potenzialmente pericolosi. Quello che non viene sufficientemente sottolineato, a mio avviso, è che chi compie atti terroristici non frequenta le Moschee né tanto meno segue gli Imam: per loro i primi infedeli siamo noi che viviamo la nostra religiosità con serenità e normalità".

"Io ho studiato all’università in Marocco l’islam e l’educazione islamica, ma qui lavoro come muratore. In questo periodo stiamo ristrutturando una Chiesa nei pressi di Siena. Pensate che se fossimo tutti radicalizzati come fanno credere, avrei accettato un lavoro simile in un luogo di culto altrui? Per questo stesso Centro paghiamo l’affitto alle suore: serenamente sono venute qui, abbiamo preso del tè insieme, e abbiamo passato del tempo serenamente in questo nostro spazio di preghiera. Ulteriormente possiamo raccontare come, in occasione delle due feste religiose più grandi, veniamo annualmente ospitati dall’Oratorio del Giglio e da Don Mauro, per meglio organizzare le celebrazioni visto che spesso partecipano 300 o 400 persone e qui al Centro Islamico avremmo problemi di spazio per accogliere tutte queste persone.  Questo per testimoniare che non abbiamo nessun problema con culti diversi da noi, anzi, l’apertura e il rispetto è alla base della fede Musulmana”.

Le posizioni opposte alla radicalizzazione e ai proclami dell’Isis sono nette e indiscutibili ed emergono ulteriormente dalla nostra chiaccherata.

“Chi aderisce all’Isis viene sfruttato nella propria ignoranza del Corano e della nostra religione: spesso sono persone che non sanno niente, che non praticano la preghiera, alle quali si può insegnare di tutto a giustificazione di atti ingiustificabili in primis dalle nostre scritture. Il nostro profeta Maometto ha sempre predicato la tolleranza e la convivenza con le altre religioni. Diceva che, anche in eventuale tempo di guerra, qualsiasi Musulmano che avrebbe osato anche solo toccare un luogo di fede altrui o uomini di fede come il Parroco ucciso qualche settimana fa in Francia, non sarebbe stato degno di esser definito tale”.

Il vero pericolo attuale per la comunità Musulmana in primis, secondo Abdelilah Balboula, è relativo al crescente pregiudizio popolare tra i credenti di altre religioni, che cresce attraverso menzogne e inesattezze sui testi Islamici veicolate da certi media:

“Quello che a volte lascia sconcertati è che a volte sembra che chi non è Musulmano conosca e sappia interpretare meglio di noi il Corano! Si leggono sempre interpretazioni di frasi decontestualizzate, che servono a terrorizzare chi non conosce l’Islam oppure ad eccitare quei criminali che decidono di radicalizzarsi. Il presidente di questo Centro, Mouhssine Abdelghafour, in Marocco era Imam di professione e conosce tutto il Corano a memoria: se la violenza fosse giustificata in alcuni passi sarebbe lui il primo a testimoniarlo e non aspetteremmo certo un diciassettenne che non ha mai frequentato una Moschea e che decide di compiere un atto terroristico, per farcelo insegnare”

“Secondo gli aderenti a Isis – chiude Belkaid Mohamed – per essere Musulmano vero è opportuno non aver contatti con le altre religioni, altrimenti sei un infedele. La totalità del mondo Islamico mondiale, quindi, è vista da questi pazzi come i primi nemici, senza distinzione. In realtà il nostro profeta Maometto, in vita, frequentava e aiutava uomini di altre religioni, secondo le testimonianze. È chiaro che queste persone non sono realmente Musulmane e che sono totalmente in contraddizione con la nostra religione”.

Dentro il Centro Culturale Islamico Montevarchino abbiamo trovato soltanto apertura e cordialità: ci soffermiamo sulla porta a parlare del più e del meno, veniamo invitati a tornare quando vogliamo, mentre iniziano ad arrivare altri fedeli per pregare insieme. Quello che abbiamo visto è una comunità di persone che condivide una fede, che lavora e vive normalmente in un paese che non è quello di origine, che ha dato vita a uno spazio idoneo e accogliente per praticare socializzazione e religione. Mentre si abbracciano e si accolgono i fedeli in arrivo, ci congediamo.

Articoli correlati