Lea Goldfrucht Melauri, Paolo Goldfrucht Melauri, Margherita Goldfrucht Prister furono arrestati al Brollo, nella campagna di Figline, il 23 dicembre del 1943. Non tornarono mai, furono prima portati in carcere a Firenze e poi deportati ad Auschwitz, dove furono assassinati dalle forze naziste. I loro nomi, da un anno, sono incisi sulle Pietre d’inciampo collocate proprio davanti a quella che fu l’ultima casa della famiglia Melauri. E questa mattina, 27 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, si è svolta proprio qui una cerimonia con i ragazzi delle scuole medie di Figline, Matassino e Incisa. Una cerimonia pubblica anche di cura e manutenzione, con gli studenti che, al termine degli interventi, hanno simbolicamente pulito e lucidato le Pietre, riportandole alla loro lucentezza originaria.
“La memoria è un esercizio a volte faticoso ma fondamentale – ha detto la sindaca Giulia Mugnai – è la funzione di conservare i contenuti del passato e portarli con sé. Oggi per noi è memoria di una storia grande, come quella dello sterminio del popolo ebreo per mano nazifascista; ma anche di una storia più piccina come quella dei Melauri, una storia di morte perché Lea, Margherita e Paolo furono uccisi; ma è anche una storia di vita, quella dei figli Tullio e Aldo Melauri, che furono salvati dal coraggio di una famiglia figlinese, Giulia e Dante Soffici, che li nascosero in mezzo al bosco, rischiando la loro stessa vita. Potevano scegliere, e scelsero di salvarli”.
Una storia, quella dei Melauri, che ha ricostruito lo storico Gianni Sestucci. Paolo nacque a Leopoli, studiò e si laureò a Vienna, poi si trasferì a Trieste, dove si sposò con Lea. Ebbero due figli, e dalla casa di Trieste decisero di fuggire nel 1943, insieme alla madre di lei, Margherita, cercando un posto più tranquillo dove vivere, sperando di salvarsi. Invece furono denunciati da qualcuno e arrestati dai carabinieri l’antivigilia di Natale. I genitori riuscirono a far scappare i figli: e loro due, correndo nel bosco, raggiunsero la località di Scandelaia, che avevano già visto, perché gliela aveva indicata una coppia di amici della loro famiglia, Oreste e Marianna Soffici. Qui viveva infatti il fratello di lui, Dante, con la moglie Giulia. Li accolsero e li nascosero per sette mesi, salvandogli la vita, mentre i genitori e la nonna venivano deportati ad Auschwitz dove furono uccisi.
Nel corso della cerimonia hanno preso la parola anche Cristoforo Ciracì, dell’Anpi di Figline; e particolarmente sentito è stato l’intervento di Micol Tinelli, giovane rappresentante della Comunità ebraica di Firenze, che ha ricordato l’importanza delle Pietre d’inciampo come presidi di memoria, che fortunatamente si stanno diffondendo e portano con sé nomi e storie di persone e famiglie sterminati nella Shoah, come quelli della famiglia Melauri.
“Noi come Amministrazione e come Ufficio di Presidenza del Consiglio comunale – ha spiegato il Presidente, Federico Cecoro – ci siamo presi l’impegno di ricordare e onorare la famiglia Melauri, che proprio dalla frazione del Brollo fu arrestata, deportata e poi ucciso. Un dovere delle istituzioni è di essere presidio permanente della memoria; dovere civico è trasferire queste memorie alle generazioni future. Per questo siamo qui con i ragazzi delle scuole”.