L’arresto di Giuseppe Garibaldi a Figline Valdarno nel 1867 segnò un momento epocale nella storia italiana, incorniciando un conflitto emblematico tra gli ideali di unità nazionale e gli interessi politici dell’epoca. Questo episodio, avvenuto nella piccola stazione ferroviaria di Figline, si inserisce a pieno nel contesto del fervore patriottico post-unitario e delle tensioni internazionali che caratterizzavano l’Italia appena unificata.
Il quadro storico
Dopo l’unificazione del 1861, il nuovo Regno guidato dai Savoia si trovò ad affrontare nuove sfide. Era necessario un governo centrale, efficace in tutto il territorio, in grado di colmare le diversità culturali e identitarie, inoltre molte regioni non erano state prese sebbene parlassero la lingua italiana. Ma non solo, l’Italia si trovava arretrata dal punto di vista economico, industriale, culturale. La questione del mezzogiorno era ancora segnata dalla mancata annessione di Roma, sotto il controllo dello Stato Pontificio. Ed è proprio mentre Garibaldi stava tentando di conquistare Roma che venne arrestato a Figline Valdarno.
Era il 1867 quando il Generale, sconfitto dalla truppe pontificie e francesi nel tentativo di entrare a Roma, si ritirò verso Livorno credendosi salvo. Nel mentre, infatti, il governo italiano si dichiarava contrario all’impresa garibaldina a causa della paura che la Francia dichiarasse guerra all’Italia. La decisione, allora, fu quella di arrestare Garibaldi e mettere fine alle sue conquiste, cosa però che andava contro l’opinione pubblica e il volere del popolo.
I piani di Garibaldi sfumarono il 4 novembre 1867, quando il luogotenente Deodato Camosso fermò il treno speciale su cui viaggiava per arrestarlo alla stazione di Figline Valdarno. Quella mattina, infatti, il comandante della Legione dei carabinieri di Firenze ricevette l’ordine da parte di Camosso di riunire un gruppo di carabinieri e bersaglieri e di recarsi alla stazione di Figline Valdarno per arrestare il Generale, che nel frattempo si trovava su un treno in corsa che non aveva effettuato nessuna delle fermate previste. La notizia dell’arrivo di Garibaldi, però, iniziò a diffondersi nelle cittadine prossime le ferrovie, le persone andarono in stazione e al passaggio del treno gridarono “Evviva Garibaldi“. Ulderico Barengo in “L’arresto del Generale Garibaldi A Figline Valdarno” descrive l’evento grazie alle memorie dello spedalingo del Serristori:
“Nella sera del detto giorno giunse alla Stazione di Figline un treno straordinario carico di carabinieri e di bersaglieri. Questi scesero e si scagliarono sulla linea della via ferrata e formarono un cordone intorno alla stazione. Quindi fu posto un vagone nel mezzo del binario per impedire il transito del treno che doveva giungere a Figline e che si sapeva dover portare il Generale Garibaldi. Si fermò ed allora un luogotenente colonnello dei Carabinieri gentilmente e coi dovuti riguardi espose al Generale il suo mandato, cioè l’ordine ricevuto dal Ministero di arrestarlo”
L’arrivo in stazione a Figline
Una folla di persone e carabinieri, compreso l’onorevole Crispi, riempì la stazione di Figline, in attesa dell’arrivo del Generale. Dal rapporto del luogotenente Camosso: “Erano appena piazzate le sentinelle quando alle 4,47 giunse il treno nel quale io supponevo stesse la sola famiglia del Generale, ma invece quattro vagoni di prima e seconda classe e quello degli equipaggi erano pieni e zeppi di volontari, che sollevarono un rumore spaventevole. lo intanto entrava nel convoglio del sig. generale Garibaldi per significargli il mio incarico e l’ordine di condurlo in certo punto che non gli nominai“. Alla notizia del suo arresto, Garibaldi rimase sorpreso e protestò, cercando anche di fuggire con la scusa che doveva andare al bagno. Alla fine, venne fatto sedere nella sala d’attesa della stazione e, come descrive Camosso: “Mostrò desiderio di ristorarsi d’un po’ di brodo, attito, come ben si vedeva, dalla fatica e da un forte raffreddore che gli impediva il libero respiro e la parola“. Rimane difficile immaginarsi una delle figure storiche più importanti della storia italiana in questa situazione, ma così accadde. Una volta che Garibaldi ebbe deposto le armi e si lasciò trasportare, si sollevò un clamore pazzesco presso la stazione di Figline: la folla piangeva, dimenava e riempiva la stazione con il grido “Evviva Garibaldi. Tuttavia, il noto treno ripartì alle 6.35 verso Firenze con solo Garibaldi a bordo, lasciando questa singola vicenda nella storia locale di Figline.
Gli ultimi anni di Garibaldi
L’operazione dell’arresto di Garibaldi, infatti, non andò come previsto, lo stesso luogotenente Camosso qualche giorno dopo scrisse: “Di certo sarebbe stato meglio che l’operazione fosse riescita più perfetta, che non vi fosse stata prolungata a Figline e che la famiglia del Generale non fosse stata divisa”. Complice anche il clamore alzato dal popolo figlinese per l’unificatore d’Italia. Alla fine Garibaldi venne detenuto e la stampa italiana iniziò a farsi sentire, tanto che i piani iniziali del governo cambiarono: Garibaldi venne scortato fino all’isola di Caprera, isolato dal resto del mondo. Qui morì il 2 giugno 1883, oggi l’impresa di Garibaldi è scritta nei libri di storia e il suo nome è legato alle parole unione e libertà.
L’arresto di Garibaldi a Figline Valdarno ha lasciato un’impronta importante nella storia italiana. Questo episodio, talvolta dimenticato o sottovalutato, merita di essere ricordato come un momento significativo nella costruzione dell’identità nazionale italiana e nel confronto tra i valori della libertà e le necessità politiche del tempo. Nella stazione di Figline, nel suo piccolo il neo popolo italiano si è alzato a favore dell’unità completa d’Italia e della libertà di espressione.
Le immagini e la storia sono state riprese da Ulderico Barengo, “L’arresto del Generale Garibaldi A Figline Valdarno“