26, Aprile, 2024

La figura del rifugiato e la testimonianza di due persone all’incontro “Una storia dietro ogni numero”

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Martedì sera Montevarchi ha ospitato un incontro organizzato da Unicoop Firenze e La Fondazione “Il Cuore si Scioglie onlus”, in collaborazione con Arci Toscana e il contributo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Due ospiti hanno raccontato la loro esperienza

Un incontro per far conoscere le storie di rifugiati, persone costrette a lasciare il proprio paese d'origine a causa della persecuzione legati a motivi religiosi, politici, sociali o legati all'etnia. Un'occasione per ascoltare la testimonianza di due persone e favorire, così, l’integrazione, l’ascolto e promuovere la cultura del dialogo.

Martedì pomeriggio a Montevarchi, nei locali dell'oratorio del Giglio, Unicoop Firenze e La Fondazione “Il Cuore si Scioglie onlus”, in collaborazione con Arci Toscana e il contributo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, hanno organizzato l'appuntamento “Il cuore si apre. Una storia dietro ogni numero", che si è aperto con una riflessione su qual è la definizione di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra del 1951 e alcuni dati sulla situazione attuale, sulle persone costrette a fuggire e che sbarcano nelle nostre coste o in altre europee.

"Prima di tutto, veder riconosciuto lo status di rifugiato dalla commissione non è una cosa semplice e veloce, possono essere necessari anche almeno un paio d'anni", ha spiegato Mario Lancisi, vice direttore del Tirreno che ha moderato l'incontro, mentre il Presidente di Arci Valdarno Marco Mini ha illustrato i due diversi progetti di accoglienza predisposti dal Ministero e dalla Prefettura.

Dopo le premesse, è stato il momento delle testimonianze: Basile Bialibi e Betille Olga Njepang hanno raccontato la loro esperienza, la fuga rispettivamente dalla Costa D'Avorio e dal Camerun a causa della persecuzione politica che li hanno portati ad arrivare a Bologna tra il 2007 e il 2009, dove attualmente abitano. Prima lo smarrimento, poi l'aiuto di persone italiane che li hanno accolti e aiutati a d adattarsi alla loro nuova vita e dopo il lungo iter burocratico per il riconoscimento dello status di rifugiato.

"Sono qui per lavorare e cambiare la mia vita, per la speranza che avevo perso in Africa", racconta Basile, mentre Olga ha spiegato la sua volontà di tornare un giorno nel suo Paese, perché "anche se sono venuta con un obiettivo e un percorso da fare, sarei fiera di tornare nel luogo delle mie origini se la situazione politica si calmerà".
 

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