Balboula è presidente della Federazione Regionale Islamica della Toscana, ci ha raccontato come vive l’integrazione e cosa si deve ancora fare
Non sembra essere un periodo certamente facile, per parlare di “integrazione” e convivenza religiosa in Europa: i fatti di cronaca quasi quotidiana che raccontano di attentati terroristici, autoproclamato stato islamico che minaccia l’Occidente e guerra tra religioni, indubbiamente stanno generando nei cittadini europei sconcerto, paura e sospetto.
Abbiamo per questo deciso di incontrarci con Abdelilah Balboula, rappresentante della comunità musulmana valdarnese, per cercare di capire meglio anche il punto di vista di chi, per una serie di motivi ed esposizione mediatica, può sentirsi “osservato speciale”, o quantomeno nell’occhio del ciclone.
Abdelilah Balboula, di origine marocchina, è dal 2011 presidente della Federazione Regionale Islamica della Toscana, nonché tesoriere della Confederazione Nazionale. Questa ha l’obiettivo di raccogliere in federazioni a livello regionale i Centri Culturali Islamici: quei luoghi di aggregazione e pratica di culto, molto spesso posti al centro dei dibattiti sulla sicurezza nazionale. Luoghi definiti “Moschee non Ufficiali”.
Abdelilah rappresenta infatti 23 centri culturali islamici toscani, all’interno di una Federazione che lavora in stretta sintonia con l’unica Moschea ufficiale presente in territorio nazionale, quella di Roma.
Per meglio comprendere la realtà di questi luoghi, troppo spesso citati e contemporaneamente poco conosciuti, Abdelilah ci apre la sua casa di San Giovanni Valdarno, accogliendoci con estrema gentilezza.
È così che tra un caffè e alcuni dolci tipici, iniziamo a parlare del ruolo nazionale di questi spazi aggregativi per le comunità islamiche, presenti in Valdarno sia a Montevarchi che a Figline.
“Non è assolutamente vero che le cosiddette “Moschee non ufficiali”, non sono controllate e quindi possono essere potenziali covi di proliferazione estremista” – ci racconta .
“Lo Stato è presente anche dove non appare pensabile; anche nei piccolissimi centri esiste monitoraggio e controllo. L’unica assenza pesante per i nostri centri è quella del riconoscimento effettivo di gran parte dei cittadini italiani: e mi riferisco ad assenza di dialogo e difficoltà nel costruire iniziative di solidarietà comune. A Figline, Montevarchi e anche Arezzo stiamo lentamente superando la non conoscenza con il vicinato e la realtà circostante, ma è necessario molto più lavoro; molta più sinergia”.
“La maggior parte degli Islamici che arrivano in Italia, non lo fanno certo per importare o rappresentare la loro cultura religiosa in terra straniera: sono qui, come nel resto di Europa, per cercare una vita migliore. Le istituzioni e i cittadini italiani dovrebbero prestare attenzione a questo e comprendere che, in certe piccole città e in comunità ristrette, spesso le comunità islamiche si trovano senza guida. Spesso i rappresentanti eletti a guidare le comunità non sono preparati alla diplomazia con le istituzioni del paese ospitante, e talvolta anche a livello interno ad eseguire le loro tradizioni di Fede”.
La situazione appare quindi non esattamente semplice, soprattutto per quanto riguarda il contatto tra culture e/o religioni differenti:
“Nella tradizione araba spesso chi cambia casa aspetta il benvenuto dei vicini, per socializzare con la nuova realtà. Talvolta da parte del paese ospitate sarebbe necessaria una volontà più forte di interazione, per evitare che le comunità aspettino in vano: provare a capire, incontrarsi, conoscersi e andare oltre il pregiudizio”.
È ovvio però che l’esposizione mediatica e i recenti fatti di terrorismo per mano dell’ISIS sul suolo europeo, non aiutano assolutamente ad abbattere questo muro. Spesso si tende a pensare che non esista un islam moderato, e che le reazioni di condanna a certi eventi brutali siano sempre troppo superficiali e non condivise:
“Le Comunità Islamiche sono dispiaciute e sconcertate dagli attentati messi in atto da chi si è autoproclamato portatore di una versione distorta della nostra religione. Spesso i musulmani si sentono talmente estranei agli autori di simili criminalità, che non sanno come rispondere a livello singolo: a volte capita che le guide spirituali non siano preparate a coinvolgere e stimolare gli aderenti in questo. La reazione al tremendo attentato di Rouen – l’ attentato nella chiesa di Saint-Etienne-de-Rouvay, in Normandia, dove il parroco locale è stato sgozzato – la partecipazione dei musulmani nelle funzioni religiose cattoliche dell’ultimo fine settimana, è stata indubbiamente un passo importante. Nonostante ciò, e nonostante le parole del Papa, si sono lette numerose critiche a riguardo. Io a questo punto mi domando: come mai quando un islamico compie un attentato terroristico si dice che rappresenta tutti i musulmani del mondo, e invece quando 23 mila musulmani partecipano a riti cattolici si parla di rappresentanza non sufficiente?”
“Leggo spesso giornali e siti web del mio paese di origine, il Marocco. Non sono riuscito a riscontrare neanche un commento lievemente positivo o giustificante rispetto, ad esempio, all’omicidio del parroco in Normandia: tutti pensano che si tratti di atti criminali esterni al nostro credo religioso. Inoltre il Marocco possiamo definirlo uno stato islamico, ma è attualmente in guerra contro l’Isis: come potrebbero i musulmani marocchini tollerare tutto ciò se ritenessero che l’Isis rappresenta l’Islam? Se questa è una guerra, la religione non c’entra assolutamente niente”.
La nostra chiaccherata con Abdelilah, a questo punto, si sposta sulla realtà locale e sui Centri Culturali Islamici esistenti in suolo Valdarnese.
“Rispetto al Valdarno posso sicuramente testimoniare che esistono ottimi rapporti fino ad oggi con entrambi i comuni di Figline Valdarno e Montevarchi. Sono stato fino a poco tempo fa Presidente del Centro Culturale Islamico di Figline, e sono state numerosissime le occasioni di dialogo e partecipazione sia della Giunta Nocentini, che di quella guidata dall’attuale sindaco Mugnai. Malgrado questo mi sento di dire che non è mai abbastanza: le istituzioni devono essere di incoraggiamento per la cittadinanza. I cittadini di un comune guardano sempre all’esempio del proprio Sindaco. A Figline abbiamo coltivato rapporti e collaborazioni importanti anche con la Comunità dei Focolarini di Loppiano, con la quale condividiamo iniziative da tempo, e anche con associazioni come gli Anelli Mancanti o con i Salesiani. Con loro abbiamo partecipato all’organizzazione di “Figline a Colori” : conoscersi allontana i pregiudizi”.
“Coltivare rapporti umani tra differenti culture – anche religiose – è importante: la ghettizzazione come quella che avviene da decenni in Francia, come le banlieue, può solo generare mostri. Io sono cittadino musulmano ma mi ritengo anche cittadino italiano, abitando qui da oltre 16 anni. Rispetto la costituzione e difendo un paese che mi ha accolto a braccia aperte, mi ha dato l’opportunità di lavorare e di vivere una vita migliore. Questo vale per tutti noi, che decidiamo di lasciare il nostro paese di origine per cercare di costruire qualcosa di diverso. A mio avviso il non volersi integrare è un controsenso: cosa può fare in Italia uno straniero che non ha interesse a vivere nel luogo dove si trova, o che lo rifiuta?”.
È con questa domanda che ci congediamo da Abdelilah Balboula, che ci ha aperto la sua casa e proposto i suoi punti di vista. Prima di andarcene, con la consueta gentilezza che lo contraddistingue e che ha contraddistinto il nostro incontro, desidera regalarci una pubblicazione alla quale ha partecipato:
Si tratta di “Semplici Fatti del Quotidiano”, pubblicazione fotografica di Johnny Ghinassi – con testi di Eugenio Bini – uscita qualche anno fa. Il libro testimonia un viaggio fotografico nella comunità marocchina “gli amici del Valdarno”, che parte dal Centro Culturale Islamico di Figline per giungere a est di Marrakech, terra di origine di Abdelilah Balboula (che ha curato le traduzioni in arabo), e che testimonia il desiderio di integrazione e condivisione della comunità musulmana locale.