28, Marzo, 2024

Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla: psicoterapeuta e dietista analizzano i Disturbi del Comportamento Alimentare

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Oggi è stata la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla: una giornata dedicata ai DCA (disturbi del comportamento alimentare) e alla sensibilizzazione rispetto ai temi che ne derivano. Con DCA si intendono problematiche quali anoressia, bulimia, obesità, binge eating. In questa occasione, per parlare di prevenzione e riconoscimento delle problematiche, si esprimono Letizia Gironi, psicoterapeuta e Giorgia Girolami, dietista.

Letizia Gironi, psicoterapeuta:”Assistiamo oggi a un amento significativo dei DCA. La pandemia ha aumentato anche le richieste di aiuto, ha rafforzato i disturbi alimentari già esistenti e ha reso ancora più precoce l’età di esordio; si parla di inizi nei bambini di 10/11 anni e si ha un incremento anche nella popolazione maschile. L’eziologia di questi disturbi è multifattororiale, è il risultato di più fattori. Ci sono fattori predisponenti, fattori genetici, fattori di rischio come alcuni aspetti della personalità (per esempio un eccessivo perfezionismo che si concentra sul corpo e l’immagine corporea); fattori psicologici, fattori ambientali, socioculturali. Nel lockdown si è aggiunto a tutti questi fattori, anche quello dello stress che ha fatto leva su queste vulnerabilità. Intervenire tempestivamente per noi è molto importante. Intanto perchè nel riconoscere un problema, questo possa essere trattato dall’inizio e poi perchè è un fattore fondamentale per la buona riuscita del trattamento. Per limitare il più possibile le emozioni legate a queste problematiche: senso di colpa, angoscia, depressione, senso di inadeguatezza..
e danni organici che in alcuni casi sono permanenti. Un problema che si riscontra spesso è quello che ancora oggi, si arriva a chiedere un aiuto in una fase avanzata.”

Perchè è così difficile riconoscerli? Continua la dott.ssa Gironi :”Questo perché inizialmente è possibile nasconderli facilmente oppure chi li vive non li identifica come dca. Ad ogni modo, anche da un punto di vista genitoriale è piuttosto complicato accorgersene. In primis perché per motivi lavorativi, turni etc.. molti genitori non hanno modo di mangiare con i figli. Se per esempio pranzano a casa; il controllo sui pasti diventa sempre più sfuggente e nascondere un disagio a riguardo è molto più facile. Ma anche perché ci sono impegni individuali che non sempre permettono di essere sempre presenti. “Vado all’allenamento, non posso mangiare adesso, mangio dopo”, “Ho già fatto merenda”, “Ho mangiato al volo prima” Queste sono solo alcune delle frasi che potrebbero essere innocue come non. La gestione del cibo è spesso autonoma soprattutto negli adolescenti. ”

Come riconoscere l’insorgenza di queste problematiche? “Come dicevamo, è molto difficile. Inizialmente la questione è molto nebulosa ma è veramente importante portare l’attenzione sui cambiamenti: su comportamenti che iniziano a diventare abitudinali. Sminuzzare il cibo, mangiare molto lentamente, Consumare tante gomme da masticare, bevande light, bevande calde come tisane e infusi, iniziare diete magari trovate su internet; eliminare alcuni cibi. Soprattutto si inizia ad avere un eccessivo interesse sul controllo dell’alimentazione e sul cibo. Alcune volte iniziano a cucinare per i propri genitori e questi ultimi, presi dall’atto di premura, durano fatica ad accorgersi che i figli non mangeranno ciò che hanno preparato; come se veder mangiare, già li appagasse. L’attenzione minuziosa alla spesa, a cosa viene comprato in casa; pian piano cercano di indirizzare il genitore a comprare altri tipi di cibi attribuendo ciò ad un momento in cui ad esempio i gusti sono cambiati, controllano le etichette dei cibi, le kilocalorie, i grassi. Si modificano i comportamenti. Si guardano di più allo specchio, fanno molta attività fisica (nel lockdown questo si è accentuato, con video di personal trainer); l’uso di diuretici, di lassativi; un uso più frequente del bagno; poi i vestiti più larghi o i più strati di vestiti – che nascondono corpi che finchè non vengono visti nudi, non ci si accorge della condizione veritiera. Poi irritabilità, stanchezza, evitamento sociale, la ricerca di solitudine, ansia per situazioni legate al giudizio degli altri”

Conclude Letizia:”Spesso la richiesta di aiuto è accompagnata da un sintomo fisico: è molto frequente nelle ragazze, che questo accada con l’irregolarità o scomparsa del ciclo. Si perde il ciclo, si va dal ginecologo, il ginecologo manda dal medico di base e da lì, nel riconoscimento del problema, la persona viene indirizzata. Una cosa fondamentale sia nei percorsi avviati che nella prevenzione, è creare un clima rassicurante a tavola: evitare commenti sul corpo, annotazioni sui cambiamenti fisici, paragoni con altre persone. Non creare scomodità nell’invogliare a mangiare di più o di meno. Deve essere un luogo dove trovare più conforto possibile. L’invito ai genitori, oltre al dialogo, è quello di non attendere una crisi o una caduta.”

Quello sui DCA ha bisogno di essere un intervento multidisciplinare; per questo la cooperazione tra psicoterapeuti, nutrizionisti, ginecologi, diventa fondamentale. Su questo, puntualizza anche Giorgia Girolami, dietista presso l’Istituto di riabilitazione Agazzi:” Molte volte chi soffre di DCA, si rivolge in primis a un dietista o nutrizionista, infatti è ricorrente sentir dire – è iniziato tutto con una dieta. Spesso ciò che salta all’occhio, prima di uno stato depressiovo o un problema più profondo, è il desiderio di dimagrimento, infatti anche tra i nutrizionisti, molte volte la dieta è considerata un fattore di rischio. Capita che arrivino persone in sovrappeso e che di primo acchito, venga data una dieta da seguire; questo per esempio giustifica in qualche modo il desiderio di perdita di peso e va a incidere su quello che invece è il punto centrale: il benessere individuale. Una pratica comune e spesso giustificata è quella di togliere un alimento alla volta, anche per andare a scovare problemi con determinati alimenti. Con questo, alcune volte, magari per mancanza di specializzazioni in DCA, si provoca una fobia verso determinati alimenti e può essere un inizio.”

Conclude Giorgia:”Ciò che è importante è che i DCA, non si curano da soli. C’è bisogno di un team che si consulti affinchè la cura sia efficace. Per quanto riguarda il fattore di prevenzione, dal nostro punto di vista è molto difficile parlare. Molte volte l’informazione sull’educazione alimentare non basta ad arginare il problema. Uno dei principi ormai immgazzinati è quello di controllare il peso piuttosto che controllare il benessere. L’obiettivo sarebbe quello di neutralizzare il cibo – non commentare cibi e corpo – cioè non dare un giudizio morale sul comportamento alimentare, ma stare più attenti all’ascolto dei bisogni e delle sensazioni di fame e sazietà per recuperarne in rapporto naturale. Quindi: integrare quelle che sono le evidenze scientifiche rimanendo centrali sul benessere; unire la parte dietistica a quella psicologica. Spesso si tende a gerarchizzare il piano dietistico e quello psicologico e nei disturbi del comportamento alimentare, c’è un’effettiva scissione mente- corpo; dunque anche la cura è pensata per essere multidisciplinare proprio per rimettere insieme le due parti.”

 

 

 

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