24, Novembre, 2024

Giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro: la testimonianza di Paola Batignani, che perse il marito mentre lavorava

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Quando Alessandro Rosi morì, schiacciato da una trave di acciaio mentre lavorava con la gru alle acciaierie Arvedi di Cremona, aveva 44 anni: era l’estate del 2019, e la notizia arrivò come un macigno nella vita della sua famiglia, a Reggello. Da allora però la moglie Paola Batignani ha deciso di dare un senso a questa perdita drammatica, e non solo chiedendo che il processo in corso individuasse i responsabili dell’accaduto: ha deciso infatti di fondare anche l’associazione “Agganciamoci alla vita”, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle morti sul lavoro, ed è diventata vicepresidente della Fondazione “Sosteniamoli Subito” di ANMIL.

Oggi, nella Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, abbiamo parlato con lei sia di quanto successo al marito Alessandro, sia di quanto c’è ancora da fare per costruire una coscienza collettiva sulla prevenzione degli incidenti nei luoghi di lavoro. Per stabilire le responsabilità di quell’incidente che le portò via l’amato marito, è tuttora in corso il processo: “Abbiamo fatto le prime due udienze, quella preliminare: poi due persone hanno chiesto il patteggiamento, due persone e due aziende hanno chiesto il rito abbreviato. Di fatto hanno riconosciuto la loro colpa in questo modo”.

Cosa si aspetta da questo processo?
“Difficile dirlo. Quando è successo l’incidente, e nei mesi successivi alla morte di Ale, c’era la speranza di vedere riconosciute le colpe, e di ottenere giustizia per Alessandro: pensavo che così mi sarei sentita un po’ più leggera. Oggi non ho più la stessa speranza. Mi rendo conto che in Italia per omicidio colposo sul lavoro in galera non ci va nessuno. Sapere chi ha sbagliato potrà solo far capire che Alessandro non commise nessun errore: ma io questo lo sapevo già fin dal primo giorno. Lo conoscevo bene, sapevo quanto era attento nelle cose che faceva, non avrebbe mai rischiato con mosse azzardate. Sapevo che le responsabilità erano di altri. Purtroppo, in ogni caso, mai nessuno riuscirà a portarcelo indietro, a farci sentire ancora la sua voce, una sua carezza”.

Perché ha deciso di fondare l’associazione “Agganciamoci alla vita?”
“Fin dall’inizio avevo pensato che lui non doveva essere morto invano. Mi ricordo benissimo quando presi la decisione, ero al telefono con la mamma di Alessandro, era successo da pochi giorni, ero disperata, e dissi: ‘Non possiamo accettare che sia morto invano. Deve avere la sua giustizia, ma non solo quella dei tribunali, lui deve continuare a vivere’. La volontà mia, e di tutti gli amici di Alessandro, era proprio quella di poter sensibilizzare gli altri su quello che può succedere. Io non mi sarei mai aspettata che Alessandro morisse sul lavoro: sapevo che il suo era un lavoro pericoloso, ma non pensi mai alla morte. Oggi vogliamo che Ale continui a vivere in mezzo alle persone. La sua storia è anche in un libro appena uscito di Giusi Fasano, “Ogni giorno 3. Ricordi di vite perdute sul lavoro“. Anche questo è un modo per farlo conoscere, così come le iniziative a cui parteciperemo nelle prossime settimane. Per me questa è una strada faticosa, ma è amore: io continuo ad amarlo così, permettendo alle persone di conoscere chi era Ale”.

Quanto ancora c’è da lavorare sulla percezione dei pericoli nei luoghi di lavoro, a suo avviso?
“Sulla percezione del rischio c’è ancora tanto da fare, e si vede purtroppo anche dai numeri: è un bollettino di guerra, si continua a morire e rimanere feriti in incidenti sul lavoro. Io penso però che le leggi sulla sicurezza sul lavoro, in Italia, siano anche fatte molto bene: il problema è che non le mettiamo in atto, non facciamo sufficienti controlli, e non facciamo in modo che chi sbaglia paghi. Basti pensare che le due persone che hanno patteggiato per la morte di Alessandro hanno ricevuto 12 mesi di pena sospesa. Nulla. Hanno la fedina penale sporca, ma continuano a festeggiare compleanni e Natale con le proprie famiglie. Giulio, mio figlio, il babbo invece non ce l’ha più”.

In occasione della Giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro, la Regione Toscana ha diffuso alcuni dati relativi al 2021: per quanto riguarda gli infortuni mortali, viene confermato il trend degli anni precedenti che si assesta su circa 45-50 morti sul lavoro all’anno. Per lavorare di più sulla prevenzione, nell’ambito delle ispezioni, la Regione ha fissato per il 2022 un obiettivo complessivo di circa 14.700 aziende da controllare, che rappresentano il 7,5% delle aziende totali. Tenuto conto del forte incremento del numero di cantieri presenti sul territorio per i superbonus, viene innalzato anche l’obiettivo dei controlli nei cantieri, che saranno 1000 in più rispetto al 2021, e cioè 5mila in tutto. Oltre che nell’ambito dell’edilizia, su tutto il territorio regionale sono stati avviati piani mirati di prevenzione sui comparti trasporto e logistica, agricoltura; sulla tutela dei lavoratori riders; sulle malattie professionali, per esposizione a rischio cancerogeno e conseguenti allo stress lavorativo.

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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