15, Novembre, 2024

Poste, l’ultimatum di Rossi: “Trattativa vera o rivedremo rapporti con azienda”. E la Regione è un cliente da 6 milioni e mezzo all’anno

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Minaccia di fare a meno di Poste Italiane, in futuro, Enrico Rossi: la mossa del Presidente della Toscana arriva dopo l’annuncio del piano di chiusure, sospeso a marzo e ora riattivato. In Valdarno restano tre gli uffici destinati a chiudere, a Campogialli, Pieve a Presciano e Mercatale

"La Regione attende un tavolo di trattativa vero, con gli occhi rivolti a Roma e al Governo. Possiamo però aspettare una settimana, non di più – chiarisce il presidente della Toscana Enrico Rossi, che scriverà al Governo e ai vertici di Poste – e se alla fine dovessimo prendere atto che le Poste, azienda pubblica, sono un'azienda privata come le altre, vorrà dire che ci muoveremo di conseguenza: rimettendo in discussione quando possibile tutte le convenzioni che abbiamo con Poste e che, direttamente e indirettamente, fruttano all'azienda sei milioni e mezzo in un anno".  

Sull'annunciato piano di chiusure dei piccoli uffici postali (una sessantina in tutta la Toscana, di cui 3 in Valdarno), il Presidente della Regione minaccia il muro contro muro. In ballo ci sono 6 milioni e mezzo di euro, soldi che Poste guadagna in via diretta o indiretta proprio da rapporti e convenzioni con la Toscana: e che potrebbero finire altrove. 

I conti si poggiano su diverse voci. Di questi 6 milioni e mezzo, una quota esce direttamente dalla tasca dai cittadini, che pagano in media 1 euro e 20 centesimi di commissione su ogni bollettino, tra ticket e tasse e tributi (bollo auto in testa, che vale la metà della torta): in tutto oltre 1 milione e mezzo di euro. A questi si aggiungono altri 360-400 mila euro di ulteriori commissioni, per la rendicontazione, che Regione, Asl e enti dipendenti pagano a Poste: 0,28 centesimi a bollettino, fissato per legge.

Ci sono poi i francobolli: solo per gli avvisi di recupero per tasse non pagate, scadenze fiscali e comunicazioni, la Regione paga a Poste 500 mila euro l'anno. Le Asl spendono cifre analoghe: una quota è destinata all'invio dei referti medici, in calo, con l'introduzione della carta sanitaria, ma che continua comunque a valere alcune centinaia di migliaia di euro. Una quota di 116mila euro viene spesa per il recapito a domicilio dei farmaci dalle due Asl che hanno attivato il servizio con Poste: l'Asl di Siena e quella di Arezzo. Poste, infine, guadagna dall'universo Regione anche per le gestione dei conti correnti e i ritardi di giacenze: soldi che non paga interamente l'ente (e neppure i cittadini) ma che valgono alcune centinaia di migliaia di euro l'anno.

L'azienda è pubblica, ancora di proprietà al cento per cento del Ministero dell'economia. Nei giorni scorsi ha ritirato fuori dal cilindo quel piano di chiusure sospeso prima delle elezioni regionali, variato di poco: una manciata gli uffici postali salvati, rispetto ai 65 di cui era prevista la chiusura. Tra quelli salvi c'è Meleto, mentre restano nella lista nera le poste di Campogialli, di Pieve a Presciano e di Mercatale, in Valdarno. Da settembre tireranno definitivamente giù i bandoni. 

"Ci avevano promesso di aprire un tavolo che non è mai stato convocato – ricostruisce Rossi – avevano sospeso il programma di chiusure e poi, subito dopo le elezioni, sono ripartiti alla carica. Noi però non abbiamo cambiato idea e siamo agguerriti quanto prima e più di prima". Il presidente annuncia che scriverà al Governo e all'amministratore delegato di Poste, Francesco Caio, per chiedere un tavolo di trattativa vero. "Ma non a Firenze – sottolinea – bensì a Roma, perché il problema non è solo toscano. Chiediamo che venga convocato anche velocemente, nell'arco di una settimana".

Per Rossi la Toscana non può sopportare la chiusura di cinquantanove uffici in paesi di montagna o piccole frazioni. "Non se lo può permettere dopo le chiusure che ci sono già state e a cui la Regione ha supplito aprendo gli sportelli Ecco Fatto, con un servizio sostitutivo. C'è una convenzione tra Stato e azienda pubblica che deve essere garantita" dice.

E si rivolge anche ai cittadini, chiamandoli a raccolta. "Chiederemo ai toscani – conclude – di essere solidali con gli anziani lasciati soli nei paesi dove gli uffici postali tireranno giù i battenti e li inviteremo a chiudere conti e libretti che hanno presso Poste. A partire dal libretto che ha mio padre e che gli suggerirò di chiudere".

L'Anci, associazione dei comuni, si associa alla protesta. "Le amministrazioni comunali saranno solidali e faranno la loro parte – dice Biagiotti – parte delle convenzioni con Poste sono obbligate, altre possono essere negoziate. Soprattutto vorremmo costruire un modello di sportello diverso, polifunzionale ed aperto anche ad altri soggetti e servizi. Per questo chiediamo un tavolo di confronto con Poste".

E il presidente di Uncem Toscana Oreste Giurlani aggiunge: “Con la Regione ormai da anni portiamo avanti la battaglia contro le chiusure previste dai numerosi e ripetuti piani di razionalizzazione di Poste spa, ma ora siamo giunti al limite. Ad essere penalizzate sono sempre le aree marginali montane e rurali dove i cittadini già soffrono molti più disagi di coloro che vivono nelle aree più urbanizzate. Se Poste non darà risposte concrete sulle chiusure dei 59 sportelli previsti, inviteremo gli enti locali a interrompere le convenzioni, perché se si tratta di una questione meramente economica allora è giusto aprirsi al libero mercato”.

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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