Prima uscita pubblica per il gruppo di lavoro ValdarnoNoSlot. Allo stesso tavolo siedono amministratori, medici, forze dell’ordine. Perché l’obiettivo è di lavorare su più fronti, a partire da quello politico. Enzo Ghinassi, in arte Pupo, porta la sua testimonianza e racconta del suo nuovo disco che contiene “L’azzardo di Eva”, brano di denuncia del fenomeno
"Non c'è un cuore dentro la slot machine". Inizia così "L'azzardo di Eva", la nuova canzone di Pupo, in uscita con il suo ultimo album. La definisce "Un vero attacco al sistema, che forse qualcuno non capirà o non vorrà capire. Parla di me, della mia esperienza: racconta il dolore profondo che prova un giocatore che finisce nel tunnel, che non vede via d'uscita, che pensa anche al suicidio. Ma io sono l'esempio vivente di come se ne può uscire, anche grazie alla famiglia".
Enzo Ghinassi, in arte Pupo, fa da testimonial speciale alla prima uscita pubblica del gruppo di lavoro ValdarnoNoSlot, che per la prima volta vede sedere allo stesso tavolo amministratori di 13 comuni del Valdarno aretino e fiorentino, medici e responsabili di servizi sociali e Sert, economisti ed esponenti delle forze dell'ordine. Quello del gioco d'azzardo è un fenomeno in preoccupante crescita anche in Valdarno: lo dimostrano i dati diffusi negli ultimi giorni, che parlano di milioni di euro riversati ogni anno in slot machines, gratta e vinci, lotto e superenalotto.
Ha un'età fra 36 e 50 anni, è sposato, ha la licenza media e un lavoro: è questo il profilo del giocatore medio, in Valdarno. Le donne sono in crescita, e preferiscono gratta e vinci e lotterie; per gli uomini, invece, la trappola più insidiosa è quella macchinetta, la slot che trovano spesso nei bar sotto casa. "Il giocatore patologico crede di avere il controllo sull'esito del gioco, si aliena, perde il senso della realtà e molto spesso trascina con sé in questa spirale negativa la sua famiglia, perché i problemi economici diventano familiari, di salute e così via", raccontano i responsabili dei SerT di Valdarno aretino e fiorentino, che insieme hanno in cura circa 150 persone.
Centocinquanta ludopatici che però sono solo la punta dell'iceberg, i casi più gravi del Valdarno: quelli che, spesso spinti dai familiari, hanno deciso di rivolgersi alle istituzioni. Secondo stime nazionali, i giocatori patologici sono il 2% della popolazione, ma quelli problematici, che già mostrano il primo stadio della dipendenza, sono addirittura il 20%, due persone su dieci.
L'obiettivo del gruppo ValdarnoNoSlot è di affrontare tutto in rete, occupandosi per quanto possibile di ogni aspetto correlato al gioco d'azzardo: dalla limitazione della diffusione delle macchinette (per quanto fattibile a livello comunale), alla prevenzione; passando per la collaborazione con le forze dell'ordine. "Combattere il gioco d'azzardo dal punto di vista economico – ha commentato Giuseppe Argiolas, economista dell'istituto Sophia di Loppiano – non è possibile. Occorre invece diffondere un nuovo modello culturale, basato su scelte consapevoli anche dal punto di vista economico".
E sul fronte dei reati, la testimonianza di Luca Mercadante, capitano dei carabinieri di Figline, ha acceso i riflettori su altri aspetti del fenomeno. "Sentendo parlare di questi numeri, mi passano davanti i volti delle persone con cui, in questi cinque anni in cui ho operato in Valdarno, abbiamo avuto a che fare. Casi in cui il ricorso all'usura è solo l'ultimo scalino: prima, il giocatore d'azzardo comincia a chiedere soldi in prestito a parenti e amici, con le scuse più disparate; poi ruba nella sua stessa casa, ad esempio utilizzando il bancomat di un familiare. Infine, si trova a rubare all'interno delle sale gioco, in un crescendo del tipo di reato il cui unico obiettivo è sottrarre soldi per prolungare la propria agonia".