Oggi guida l’associazione “Mi rimetto in gioco”, e porta avanti la lotta alle ludopatie. Ma per uscirne ha impiegato più di un anno, e ce l’ha fatta grazie all’aiuto di esperti e al supporto della famiglia. Ora racconta cosa significa entrare nel tunnel del gioco d’azzardo: “Solitudine e isolamento, davanti a una slot. E i soldi diventano un mezzo, non più un fine”
Gianni aveva appena vent'anni quando entrò nel vortice del gioco d'azzardo. "Solo slot machines: sono diventato un esclusivista", racconta oggi. "E per vent'anni ho giocato: solo quando ho superato la soglia dei 40, infatti, ho iniziato a realizzare che avevo bisogno davvero di aiuto".
In mezzo, in quei venti anni "di vuoto", come li definisce lui, c'è una storia molto simile a quella che vivono oggi tanti altri ludopatici, anche in Valdarno. "Il gioco diventa isolamento sociale, diventa l'unico pensiero quando ti alzi e l'ultimo quando vai a letto. Per ogni euro che vedi passarti fra le mani, pensi alla prossima giocata. Tutto quello che hai intorno, la tua famiglia, la tua casa, il tuo lavoro, diventano rumore di fondo: sembra assurdo, ma è così. Pensate che qualche tempo fa, dopo aver iniziato il mio percorso per combattere la ludopatia, una mattina a casa mi sono accorto che sentivo gli uccellini cantare. Nei vent'anni precedenti non avevano mai cantato, per i miei orecchi. Ero diventato sordo al resto del mondo".
La sua testimonianza è quella di una persona che ce l'ha fatta, a uscirne. E oggi guida ad Arezzo l'associazione "Mi rimetto in gioco". Perché una via d'uscita c'è, assicura: "Certo, serve una spinta, serve l'aiuto di persone esperte. I SerT hanno un servizio apposito, e quello che esiste ad Arezzo e in Valdarno è all'avanguardia a livello nazionale. Io mi sono rivolto qui, ed è da qui che è iniziato il mio percorso. Affiancato dalla mia famiglia: perché spesso, nei giocatori, è questa la molla decisiva, che ti porta a realizzare quale sia davvero la tua condizione di sofferenza, ma soprattutto quella di chi ti sta intorno, di chi ti vuole bene".
Qualcosa scatta nella mente di Gianni, a un certo punto. "E probabilmente il momento decisivo è stato legato a una vincita: con due euro, ne vinsi mille e cinquecento. Beh, mi accorsi che non provavo nulla: il denaro non era più il fine, era diventato uno strumento, il mezzo per posizionarsi davanti alla slot e dimenticare tutto il resto. Le vincite non mi interessavano nemmeno più. In quel momento ho capito davvero che c'era qualcosa che non andava in me".
Il percorso per uscirne è lungo, dura più di un anno: si affrontano i propri problemi, si cerca l'origine di quel meccanismo mentale che spinge verso il gioco d'azzardo, ci si confronta con altri ludopatici. L'obiettivo è condividere, gestire, affrontare ogni momento di difficoltà. "Ancora oggi, quando partecipo agli incontri dell'associazione, mi rendo conto di quanto sia importante potersi aprire con gli altri, con chi ha avuto la stessa malattia, perché così è stata riconosciuta, e con chi ce l'ha ancora, e sta lottando per uscirne". La ludopatia è una dipendenza riconosciuta come tale, e per questo curata dai SerT, i servizi delle Asl dedicati appunto alle dipendenze.
Sul fronte della prevenzione, però, c'è ancora una partita enorme da giocare. "Non spetta a noi legiferare, questo è certo – commenta Gianni – ma una cosa la possiamo fare: raccontare le nostre esperienze, sensibilizzare le persone, per prevenire che altri ci cadano. Non è facile: ma raccontare è un primo passo. L'altro, fondamentale, è non giudicare: non serve a nulla, non aiuta il giocatore patologico, e non lo sostiene nel suo cammino per uscirne". (Qui la videotestimonianza completa).
In questi giorni, nei consigli comunali di tutto il Valdarno arriverà un documento, una mozione, che è nato all'interno del gruppo ValdarnoNoSlot: condiviso da esponenti di maggioranze e opposizioni, prende degli impegni precisi sia sul fronte della cultura della prevenzione, sia per limitare, per quanto possibile, la diffusione di slot e sale gioco. Se l'approvazione di questo documento arriverà in modo compatto da tutti i comuni del Valdarno (e il gruppo sta coinvolgendo anche la Valdisieve, il Chianti e l'area fiorentina) sarà un grido d'allarme interistituzionale che parte da un bacino di oltre 130mila persone, e si rivolge a Regione e Governo.