26, Dicembre, 2024

Bekaert, il giorno della rabbia. Lavoratori con la Fiom davanti ai cancelli. “La fine stata scritta il 24 febbraio”

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La Fiom Cgil e un gruppo di lavoratori davanti ai cancelli, il giorno dopo la fine delle trattative. Nel mirino per non c’ solo l’azienda, ma anche e soprattutto la Regione, che insieme a Fim e Uilm ha firmato l’accordo del 24 febbraio scorso, nel quale si accettavano i licenziamenti a fronte di otto settimane di cassa integrazione. “Lo avevamo previsto, purtroppo, che sarebbe finita cos”, commenta il segretario Fiom Calosi

Il giorno dopo la chiusura delle trattative sulla vertenza Bekaert, c'è tutta la rabbia dei lavoratori davanti ai cancelli del sito figlinese. Con i rappresentanti sindacali della Fiom Cgil, unica organizzazione sindacale a non aver firmato l'accordo del 24 febbraio scorso, sulla base del quale ora Bekaert procede ai licenziamenti dei 113 lavoratori rimasti in vertenza, gli ormai ex dipendenti raccontano tutta l'amarezza per essere arrivati a questo punto. 

 

"È finita come la Fiom aveva previsto, purtroppo, e speravamo invece di non avere ragione", esordisce Daniele Calosi, segretario provinciale del sindacato di categoria di Cgil. "Il 24 febbraio scorso la Regione ha acconsentito che si firmasse un accordo sui licenziamenti, solo a fronte di otto settimane di cassa integrazione, che come abbiamo visto non sono servite a niente: solo a liberare l'azienda dai rapporti di lavoro. E ieri sera, al tavolo, Bekaert ha detto chiaramente che non vuole più avere rapporti con i dipendenti, e si libera così di questo vincolo, procedendo con i licenziamenti". 

"Questo atto grave – sottolinea ancora Calosi – si consuma sulle spalle di persone che per 34 mesi hanno portato avanti questa vertenza, dal 22 giugno del 2018, con determinazione. Lavoratori che, nell'assenza totale e generale di proposte serie per la reindustrializzazione, hanno anche costituito una cooperativa e presentato l'unico piano industriale serio, mai preso in considerazione da nessuno". 

 

 

Nel mirino però finisce in particolar modo la Regione amministrata da Giani: "C'è una responsabilità politica enorme della Regione Toscana che ha consentito che avvenisse tutto questo". Perché, spiega ancora Calosi, se non si fosse firmato l'accordo del 24 febbraio scorso, "l'azienda forse avrebbe licenziato comunque, ma lo avrebbe fatto da sola, in condizioni di debolezza, senza il consenso istituzionale di Regione Toscana e, penso, nemmeno delle altre organizzazioni sindacali che dubito avrebbero firmato con il diniego della Regione. Saremmo stati molto più forti come territorio, compatti". 

 

Ora sul fronte dello stabilimento si apre la difficile pagina della bonifica del sito, una ferita aperta nel centro di Figline; e per i lavoratori, 113 persone, età media intorno ai cinquanta anni, che tra oggi e domani riceveranno le lettere di licenziamento, si avvia il percorso della disoccupazione con la Naspi. "L'assurdità è che questa è la prima azienda a livello nazionale che licenzia oltre 110 persone mentre è in corso il blocco dei licenziamenti per covid. Follia nella follia", conclude Daniele Calosi della Fiom. 

E tutta la rabbia dei lavoratori è espressa da Marcello Gostinelli, uno dei 113 dipendenti rimasti in vertenza, delegato Rsu che stamani era davanti ai cancelli con i colleghi: "Le multinazionali fanno così, vanno nei territori, rubano le competenze e vanno a fare profitti all'estero. Le responsabilità non sono solo dell'azienda: ma anche di chi governa l'Italia e di chi governa il territorio. C'è una responsabilità precisa, ed è quella della Regione che il 24 febbraio, insieme a Fim e Uilm, ha firmato la morte di questo stabilimento. Di fronte a quella firma, nessuno dei sindaci o consiglieri comunali ha preso le distanze, ha espresso parole di contrarietà. Oggi solo io ho il diritto di piangere la chiusura della mia fabbrica. L'unica che non ha ceduto a questi ricatti è stata la Fiom, e non lo dico solo da iscritto: lo dico perché così sono andate le cose. Tutti gli altri si sono dimenticati di noi e con la firma del 24 febbraio hanno decretato la fine. Chi consente alle multinazionali di fare tutto questo, lasciando i lavoratori in mezzo alla strada, ha la colpa di quello che è avvenuto qui, e me ne assumo tutte le responsabilità". 

 

Dai cancelli dello stabilimento, lavoratori e rappresentanti sindacali si sono poi spostati in centro a Figline, dove un gruppo è stato ricevuto all'interno della Sala consiliare dalla sindaca Giulia Mugnai, per un incontro ufficiale dopo quello davanti ai cancelli. 

 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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