22, Novembre, 2024

Referendum cannabis legale: le opinioni di Stefano Mugnai e Enzo Brogi

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Un referendum, quello che chiede di eliminare il reato di coltivazione della cannabis, di rimuovere le pene detentive per qualsiasi condotta legata all’uso della stessa e di cancellare la sanzione del ritiro della patente, che ha raggiunto in una settimana dal lancio il quorum delle cinquecentomila firme.

L’Italia è un paese che ha una vivace cultura referendaria e che ha più volte, nel corso degli ultimi anni, fatto ricorso a questo strumento di democrazia diretta.

“La storia referendaria del nostro paese è una storia controversa. Ci sono stati referendum che hanno oggettivamente segnato la vita delle persone e mi riferisco a quello sul divorzio o l’aborto, ma anche molti altri utilizzati spesso in maniera provocatoria, che hanno avuto un esito assolutamente miserevole, o anche se approvati sull’onda dell’emotività del momento, sono stati poi sistematicamente inapplicati. Il referendum è uno strumento che ha una valenza importante, ma rischia poi di dipendere dal sentimento del momento e da scelte superficiali: una cosa è scegliere se è giusto o meno divorziare, un’altra è entrare in tematiche tecniche, dove si presume che siano coloro che hanno il modo di conoscere tutte le implicazioni di una scelta, a dover decidere – queste le parole dell’Onorevole di Coraggio Italia Stefano Mugnai – relativamente a questo specifico quesito io, personalmente, credo che il messaggio che si debba dare sia quello che utilizzare sostanze stupefacenti, anche come la cannabis, lo Stato non dovrebbe mai permetterlo!”

“In pochi giorni il quesito ha raggiunto, ormai, oltre seicentomila firme. Segno questo che tantissimi giovani, meno giovani, laici, cattolici, impegnati nelle battaglie per la libertà, hanno voluto dare un segnale forte alla politica, ovvero che non stiamo parlando di una richiesta bizzarra, ma di una questione che appartiene ed interessa la nostra comunità – di diverso parere il Presidente del Corecom Enzo Brogi – la richiesta di questo referendum, in sintesi, vorrebbe togliere il mercato delle droghe dalle mafie, che oggi grazie all’illegalità si arricchiscono e producono una gran quantità di denaro sporco da riciclare ed immettere nel mercato, che è pari a qualche nostra finanziaria. Legalizzare vuol dire allontanare i nostri ragazzi dalle frequentazioni di malavita organizzata e vuol dire abolire la liberalizzazione, perché oggi, nel nostro paese, le droghe sono disponibili ad ogni angolo di strada, vicino alle scuole e nei giardini. Si può comprare tutto e di tutto, ma purtroppo favorendo le mafie.”

“Avere 50 anni vuol dire averne avuti 20 prima ed è ovvio che anch’io abbia conosciuto persone che usavano la cannabis! Al di là della normale curiosità, la cosa che mi dava fastidio era vedere ragazzi che se non avevano il fumo dietro, perdevano interesse in ciò che facevano, era una forma di dipendenza. Credo che il messaggio che dobbiamo far passare ai nostri giovani sia quello di dedicare le loro energie a fare cose importanti, dove è necessaria la massima determinazione. Capisco gli argomenti legati alla questione che lo spaccio di sostanze come la cannabis sia in mano alla criminalità, ma non è con la legalizzazione che la criminalità troverebbe ostacoli, ma virerebbe nella gestione di altre sostanze, come già sta facendo” di diverso avviso l’Onorevole Mugnai.

Se, andando a votare nella primavera 2022, il quesito referendario ottenesse il quorum, quali scenari si aprirebbero?

“Io vorrei non arrivare al referendum. Mi auguro che la politica comprenda questo forte richiamo della società civile e legiferi. E’ necessario legalizzare velocemente l’uso delle droghe leggere ed è necessario che si consenta ad i medici di base di avere la formazione per prescrivere la cannabis a tutti quei malati che ne trarrebbero sollievo. Questo favorirebbe la possibilità di ridurre l’acquisto del farmaco all’estero, tipo dall’Olanda o dal Canada” risponde con determinazione Enzo Brogi.

“Il tema dell’uso medico, rischia di rappresentare un falso problema, perché già oggi vi sono farmaci di derivazione di cannabinoidi. Se ci sono delle lentezze nell’approvvigionamento o nel riconoscimento da parte dell’Aifa, sono pienamente d’accordo nel superarle, ma queste sono questioni tecniche ben diverse dal messaggio politico che si vuol trasmettere col referendum e che io non condivido, ovvero che le sostanze stupefacenti possono essere utilizzate senza che lo Stato sanzioni” controbatte Mugnai.

Infine, una considerazione sulla modalità di firma online. Quanto questi nuovi e più snelli strumenti facilitano lo svolgimento della democrazia diretta?

“Oggi l’uso dei social e della firma digitale, favoriscono l’aumento della raccolta firme. Questo vuol dire che potrebbe essere legittimo pensare di rimodulare i criteri ed i numeri di accesso per i quesiti referendari. Credo, però, che questo sia un tema estremamente delicato che il legislatore dovrà affrontare in modo fermo, ma tenendo ben presenti i valori di libertà, democrazia ed accesso alla partecipazione dei cittadini” termina la sua analisi Brogi.

“Sulla democrazia diretta io ho grosse perplessità. Sono alla mia prima legislatura in Parlamento e questa è la legislatura dove la maggioranza relativa era appannaggio dei favori della piattaforma Rousseau dei Cinque Stelle e lo spettacolo è stato desolante! Fortunatamente, poi, è arrivato Draghi a rimettere le cose a posto. La semplificazione dell’utilizzo della firma online rischia di scivolare nella superficialità. E’ come pretendere di informarsi leggendo un post, piuttosto che leggere un giornale e, quindi, formare un’opinione basata su un’informazione non qualificata. Ecco, nel caso dell’adesione online si esprime un’opinione e si appone una firma digitalmente, mentre siamo dediti a fare tutt’altre cose e rischiamo di prendere decisioni non ponderate, diversamente da quando andiamo ad un gazebo o in una segreteria comunale, luoghi ove arriviamo dopo un’attenta riflessione” conclude Stefano Mugnai.

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