09.02.2015 07:03
"La nostra vita nel campo profughi di Laterina". La testimonianza di due esuli
di Glenda Venturini
Nadia Della Bernardina aveva 17 anni quando arrivò a Laterina, nei primi anni '50. Ireneo Giorgini era un po' più piccolo, aveva 14 anni: e nel 1951, quando arrivò al Campo di accoglienza profughi, si chiamava Juricich. Ecco le loro storie
Leggi i Dossier: Laterina, un ventennio di storia raccontato attraverso il campo n°82
Data della notizia: 09.02.2015 07:03
"Chi non ha provato - continua - non può capire, non può neanche credere. Abitavamo in una baracca con tre famiglie, divise da coperte appese a fili di ferro sui quali i topi facevano gli equilibristi. Sono passati ormai tanti anni, ma tutto questo mi è rimasto nella mente come un brutto ricordo che non dimenticherò mai". La storia della signora Della Bernardina è quella di migliaia di italiani fuggiti dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia al termine della seconda guerra mondiale sotto la spinta della pulizia etnica delle milizie jugoslave e lo spettro delle foibe.
Tremila arrivarono a Laterina, dove trovarono un ex campo di prigionia della guerra, riconvertito in campo di accoglienza. E all'inizio erano davvero quattro mura fredde, qualche coperta, paglia per i giacigli e poco più. Poi, con gli anni, l'organizzazione interna del campo lo trasformò in un piccolo paese, praticamente autosufficiente al proprio interno: "Più tardi - ricorda ancora Nadia Della Bernardina - cambiammo abitazione, passammo nella numero 4, dove avevano costruito delle stanzette, era tutta un'altra cosa: non eravamo piu' in mezzo alla coperte e di conseguenza assaporavamo un pò più di libertà".
Nel campo c'erano una chiesa, la mensa, alcuni impiegati ministeriali, l'infermeria, falegnami, elettricista e barbiere; poi, arrivarono anche il campetto da calcio per i ragazzi e una sala ricreativa per le feste. E c'erano anche delle botteghe: "Da una parte c'era l'abitazione della Natalina che vendeva le sigarette: una alla volta, mi sembra costassero 7 centesimi l'una; dall'altra, invece, c'era il negozio di generi alimentari gestito dal signor Dudek".
Ireneo Giorgini aveva 14 anni quando arrivò a Laterina con i suoi genitori. La sua famiglia aveva un altro cognome: si chiamavano Juricich. "Fummo trasferiti nel 1950 a Udine, al Centro Smistamento Profughi, e dopo qualche giorno arrivò la nostra destinazione: Campo Profughi di Laterina in Provincia di Arezzo. Arrivammo a Laterina la mattina del 5 dicembre. La corriera dalla stazione ferroviaria ci lasciò dopo 5 km di strada bianca, davanti a una stradina. Scendemmo e in lontananza vedemmo un agglomerato di costruzioni basse".
Ireneo ricorda molto bene il suo arrivo a Laterina. "Ci avvicinammo con le nostre valigie e una persona ci chiese: Da dove venì?, ovviamente in dialetto. Da Fiume. Andè a presentarve in Ufficio, ci rispose. La nuova vita iniziò lì. Lascio immaginare i miei genitori, all’epoca quarantenni, nel vedersi assegnare un alloggio alla Baracca 12 condiviso con un'altra famiglia. Il personale ci aiutò a trasportare dal magazzino le brande, i pagliericci e la paglia per preparare i nostri giacigli. I muratori ci costruirono in mezza giornata un fornello a legna tutto in cemento".
"L'acqua si prendeva alla fontana in uso comune e i servizi igienici erano in fondo al campo. Io, ragazzino quattordicenne, mi adattai subito, e a gennaio ripresi la scuola ad Arezzo insieme ad altri ragazzi e ragazze. La vita era ben organizzata: al mattino a scuola, si andava ad Arezzo in treno, ma prima prendevamo la corriera dal campo fino alla stazione ferroviaria. Peccato che a volte gli orari ferroviari non coincidevano con quelli della corriera, per cui si doveva fare 5 chilometri a piedi. Si pranzava alle 15 e poi a ''giogar la bala” quando c’era il pallone. Il tempo libero per gli adulti era impiegato nel rendere più confortevole il soggiorno al campo".
"Nel 1954 - continua il signor Giorgini - venne il sospirato trasferimento alle Casermette di Borgo San Paolo a Torino, e qui inizia un'altra storia. Arrivati a Torino, i due fratelli di mio padre insistettero affinché anche lui cambiasse il cognome come avevano fatto loro, per una questione di coerenza, e mio padre acconsentì. Da lì in poi il mio cognome è diventato Giorgini. Nel 1969 mi sono sposato con una ragazza torinese, Carla. In viaggio di nozze siamo passati da Laterina e ci siamo ritornati nel 1987, con nostra figlia Emanuela, quindicenne".
Segnalazioni
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Rignano: chiusura di tutti gli uffici comunali lunedì 30 aprile. In occasione del ponte del 1° Maggio il Palazzo Municipale sarà chiuso.