17, Giugno, 2024

Montemarciano: un viaggio tra storia, geologia e tradizioni

Articoli correlati

In Vetrina

Più lette

In Vetrina

Montemarciano, è una frazione di Terranuova Bracciolini incastonata sulle colline del versante meridionale del Pratomagno nel Valdarno. Il borgo racconta una storia affascinante che intreccia geologia e tradizioni. Questo articolo esplora la sua origine geologica, i reperti storici e le tradizioni che hanno plasmato la comunità.

Le origini geologiche. Montemarciano si erge sulla cosiddetta “conoide di Loro Ciuffenna”, una delle colline marnose formatesi durante il periodo pleistocenico, circa 1,8 milioni di anni fa. Queste colline si sono originate dalla sedimentazione di rena, ghiaia e ciottoli di arenaria trasportati dai torrenti montani nel bacino lacustre del Valdarno, poi colmato. Le colline sedimentarie di Montemarciano, una volta colmatosi il lago e iniziata l’erosione da parte dell’Arno e dei suoi affluenti, hanno rivelato singolari formazioni rocciose. L’azione delle acque meteoriche ha ulteriormente scolpito queste rocce, visibili in tutta la zona, in particolare nella località “Buche delle Fate”, dove la natura ha creato forme affascinanti e inusuali. Dove i sedimenti pleistocenici non sono stati erosi, si sono formati terreni pianeggianti, chiamati “Piani”. Questi terreni ospitano oggi località come il Pian di Loro, il Piantravigne, e il Pian di Scò.

In queste pianure, situate tra le fredde cime del Pratomagno e l’umido fondovalle, sorsero i primi insediamenti umani. Tracce di presenza umana risalenti al paleolitico, mesolitico e neolitico sono emerse qua e là, ma le prove più evidenti datano all’età del bronzo e del ferro.

L’impronta degli etruschi.  I primi agricoltori etruschi lasciarono un’impronta duratura nella regione. Tito Livio, nella sua opera “Ab urbe condita”, descrive la fertilità dei campi etruschi tra Faesulae (Fiesole) e Arretium (Arezzo). I toponimi di alcune località e corsi d’acqua, come Gropina, Ciuffenna, Modine, Odina, Berna, Pernina e Agna, sembrerebbero derivare dall’etrusco, dimostrando la loro antica origine. La colonizzazione romana. Con l’espansione romana, i territori etruschi furono gradualmente conquistati e colonizzati. Molti toponimi odierni risalgono a questo periodo, come Traiana (Villa Traiana), Caiano (Fundus Carianus), Persignano (Fundus Persinianus) e Montemarciano stesso, probabilmente derivato dalla “gens Marcia”, una famiglia romana patrizia. Tracce della centuriazione romana, cioè la suddivisione del terreno agricolo in appezzamenti quadrati, sono ancora visibili nel territorio.

La caduta dell’Impero romano. Dopo la caduta dell’Impero Romano, il Valdarno passò sotto il controllo dei barbari, tra cui Goti, Longobardi e Franchi, fino alla restaurazione dell’Impero da parte di Carlo Magno.Durante il Medioevo, le maggiori città italiane cercarono di costituirsi in comuni indipendenti. Anche nel Valdarno, Firenze e le famiglie nobili locali, come i Pazzi, i Guidi, i Ricasoli e gli Ubertini, lottarono per il controllo del territorio. Il castello di Montemarciano, menzionato da Repetti nel suo “Dizionario geografico fisico storico della Toscana” e da Giovanni Villani nella sua “Cronica”, fu distrutto nel 1288 dalle truppe fiorentine come rappresaglia contro i Ghibellini. Fu successivamente ricostruito, ma con una funzione difensiva ridotta.

Montemarciano comune autonomo. Nel XVI secolo, Montemarciano divenne un comune autonomo nell’ambito della podesteria di Terranuova e del vicariato di San Giovanni. Il borgo si dotò di propri statuti, come testimoniato dalla copia scritta a mano nel 1645 e trascritta da Valerio Scarpellini. Questi statuti regolavano vari aspetti della vita comunale, dalla gestione del bestiame all’organizzazione delle feste.

Le origini della Festa di Maggio. Una delle tradizioni più antiche di Montemarciano è la festa di maggio, dedicata a San Michele Arcangelo. Le prime menzioni risalgono agli statuti del 1512, che stabilivano il pagamento di tributi per finanziare la celebrazione. Nel 1546, gli statuti descrivevano dettagliatamente l’organizzazione della festa, che divenne un evento annuale molto sentito dalla comunità.

La Compagnia di Carità. Montemarciano ha una lunga tradizione di solidarietà incarnata dalla Compagnia di Carità, un’organizzazione nata nel contesto politico e religioso medievale. La sua origine risale al Mille, con l’ospedale di San Michele Arcangelo che forniva assistenza ai viandanti lungo la via Cassia Vetus.

L’Ospedale di San Michele Arcangelo. Si cita il testo ‘Il castello di Montemarciano in Valdarno’ da cui Valerio Scarpellini.«[…] L’ospedale di Montemarciano si trovava in luogo selvoso e deserto ed in seguito al calato fervore religioso, che non portava più le masse di pellegrini verso Roma e i luoghi santi, andò lentamente in disuso, finché nel 1329 l’abate Niccolò intese rilanciarlo eleggendo rettore di questo spedale Ubertodi Guiduccio. Dieci anni dopo, ai XX marzo 1339, Niccolò da Parma nominò rettore dell’ospedale di Montemarciano Ceccarino di Carbone della Treggiaia il quale promise solennemente “di costruire e edificare entro due anni nella terra del detto ospedale una casa conveniente con due letti ben riforniti per ricevere i poveri e di dare ogni anno all’abate in segno di sudditanza un paio di coltelli del valore di un fiorino d’oro”.Ma l’ospedale si trovava in luogo sempre più isolato e “arduo”; il rettore non poteva abitarci e non poteva dare quindi nessun ricovero a poveri e pele-grini per cui dall’abate Guglielmo fu deciso di portarlo nella villa di Renaccio vicino alla chiesa di S. Silvestro, in considerazione anche del fatto che a Mon-temarciano esisteva già allora un altro ospedale dentro le mura del paese e questo accadeva intorno all’anno 1343».

L’oratorio della Madonna delle Grazie. Nel XVI secolo, la Compagnia di San Michele Arcangelo decise di costruire una chiesetta attorno a un tabernacolo mariano molto venerato. I lavori iniziarono nel 1522 e terminarono nel 1536. L’oratorio, con la sua facciata in pietra e un ampio portale, è ancora oggi un luogo di devozione. Per quanto riguarda l’interno della chiesa, si cita Luciano Caiani in Il castello di Montemarciano:”L’affresco dell’altare maggiore costituisce il nucleo storico e spirituale di tutta la costruzione. Dipinto agli inizi del Quattrocento, dopo una serie di studi effettuati nel primo ‘900 dal Magherini Graziani, fu ritenuto opera giovanile di Masaccio. Tale attribuzione fu accettata da eminenti critici d’arte come Schvarsow, Berenson, Toesca, Venturi, Van Merle.Ulteriori studi hanno riveduto tale illustre paternità confermando comunque l’innegabile influsso di Masaccio a guida dell’ignota mano autrice del dipinto. Con i personaggi a dimensione naturale, l’affresco rappresenta la Vergine seduta in trono mentre allatta il Bambino: Quest’ultimo tiene in una mano un uccellino con le ali aperte. Alla sua destra san Giovanni Battista, a sinistra san Michele. «[…] In alto» — ci narra il Manneschi nelle sue «Notizie storiche sul comune di Loro Ciuffenna» – «due angeli con lunghe vesti svolazzanti reggono una corona sulla testa della Vergine […] (forse dipinti in epoca successiva). Che fine hanno fatto questi angeli? Forse saranno volati via inorriditi dai pessimi lavori di restauro che più del tempo hanno deturpato questa pregevole opera d’arte sacra.“

Continua:”La Vergine è stata rappresentata con volto austero e maestoso, il capo coperto da un velo chiaro che rafforza l’espressione severa del viso, ma che va a ricadere sulle spalle in morbide pieghe quasi a voler restituire alla figura quella dolcezza negata dal volto. Il Bambino è la figura più emergente del dipinto, forse per il giusto intento di attribuirgli quell’importanza che gli compete per la sua divinità, La forma e l’espressione un tantino goffa del volto rientrano nei canoni della pittura quattrocentesca. La figura di san Giovanni Battista rientra nella iconografia classica, con la pelle di cammello sul petto nudo, la veste primitiva, il viso rozzo e selvaggio ricoperto da folta capigliatura. “Nettamente diversa è la figura di san Michele, giovane e bello, nobile d’aspetto come un cavaliere medievale.”

Al centro di Montemarciano si trova invece la chiesa parrocchiale dedicata ai santi Lucia e Apollinare, che fu edificata in epoca romanica e restaurata nel 1380. L’edificio conserva un sobrio rimaneggiamento barocco e un soffitto a capriate. La facciata in pietra, restaurata nella prima metà del Novecento, riflette l’aspetto originario della chiesa.

Le antiche porte di accesso al castello. Le porte del castello medievale testimoniano l’origine fortificata del paese. La Porta Campana, una torre di guardia munita di campana, ha subito modifiche nel tempo, passando da una struttura difensiva a simbolo del passato. L’Arco “etrusco”, una porta minore del castello, conduceva alla vallata tramite un percorso lastricato, ancora visibile in parte.

Montemarciano, con il suo ricco patrimonio storico e spirituale, rappresenta un microcosmo di storia e cultura. Dai fossili pleistocenici agli statuti medievali, ogni pietra e ogni documento raccontano un pezzo della lunga e ricca storia del borgo. 

 

Articoli correlati