Professionista da più di 15 anni, ha rinnovato da poco il contratto ad Agrigento in A2 per due anni. Lo abbiamo incontrato prima dell’avvio del campionato
È in un caldissimo tardo pomeriggio di fine Luglio, che incontriamo Marco Evangelisti, Valdarnese di nascita e formazione, professionista di pallacanestro da 15 anni.
Marco, cresciuto nelle giovanili del glorioso Centro Sportivo Alberto Galli di San Giovanni Valdarno, come ogni sportivo professionista “esule”, torna a casa durante la pausa estiva per passare del tempo con la famiglia, e nei luoghi dove è cresciuto: un'occasione per parlare con lui della sua carriera, delle sue prospettive e dello stato locale e nazionale della Pallacanestro.
Gli sportivi ricorderanno sicuramente le sue due prime annate da protagonista in prima squadra con il Galli San Giovanni, a inizio millennio, in serie B2: coronamento di stagioni a livello giovanile che avevano portato Marco in cima ai taccuini degli scout e direttori sportivi nazionali, prima di spiccare “il grande salto” verso il professionismo, lontano da casa.
“Ho lasciato il Valdarno poco più che diciottenne, per il mio primo vero contratto professionistico con Rieti, in B1 dove ho potuto giocare con giocatori del calibro di Antonello Riva, e crescere a livello professionale e di esperienza – ci racconta – Ho cambiato molte squadre in quasi 15 anni di professionismo, e oggi posso dire che sono Siciliano di adozione, considerando gli anni passati in differenti società dell’isola”.
Marco infatti, dopo la sua prima stagione “isolana” a Ribera, dove vince premi di categoria e viene indicato come il miglior Under nazionale della serie B1, è tornato a più riprese in differenti società dell’estremo sud Italia:
“Ho giocato a Palermo, poi a Barcellona Pozzo di Gotto, due anni a Trapani dove ho vinto il titolo di capocannoniere della B1, e adesso da due anni ad Agrigento. Oramai in Sicilia mi sono fatto il nome di realizzatore affidabile e ottima guardia, e vivo bene anche la mia vita fuori dal campo. Per questo non ho esitato a rinnovare per Agrigento per i prossimi due anni”.
Marco resterà con la Fortitudo Moncada Agrigento per i prossimi due anni, ma nel frattempo ha anche giocato a Siena, Recanati e due anni nella PMS Torino conquistando una promozione in Lega Due sotto le direttive di un coach come Stefano Pillastrini, e vestendo nel suo secondo anno in Lega due (quello della consacrazione definitiva) la fascia di capitano in una squadra che annoverava nel suo roster giocatori del calibro anche di Stefano Mancinelli.
“Pensa che quando giocavo a Vigna di Valle in B2, in prestito dopo il primo anno a Rieti, abbiamo raggiunto e vinto le finali nazionali Under 20 con Bologna; ho giocato contro un certo Marco Bellinelli in Finale” – oggi stabilmente nella NBA, dove è diventato il primo italiano a vincere un titolo di campione con i San Antonio Spurs – “ Il premio di miglior giocatore della finale quella volta l’ho vinto io, e non il campionissimo di Bologna. Poi lui è arrivato a giocare in America, ma questa è un'altra storia….e comunque lo ricordo come una delle soddisfazioni personali più grandi”.
In oltre 15 anni di professionismo in giro per l’Italia, Marco ha conosciuto e visto dall’interno la realtà nazionale della pallacanestro Italiana, e sembra aver ben chiaro il motivo per il quale questo sport, oggi come oggi, sta vivendo un momento di flessione a livello di popolarità e di qualità del gioco:
“Ho visto la pallacanestro cambiare anno dopo anno, e non certo in meglio. L’avvento dei procuratori nel gioco e la totale sudditanza a questi di certi direttori sportivi anche di società di altissimi livelli, ha distrutto la meritocrazia di un tempo, per la quale venivi selezionato da squadre importanti in base ai tuoi meriti e risultati nei campionati giovanili. Oggi le speculazioni dei procuratori hanno trasformato quello che sta dietro la pallacanestro in un grande mercato di interessi; se a questo aggiungiamo il numero di stranieri permessi in ogni roster di serie A1, e il loro costo relativamente basso, possiamo capire perché la qualità nazionale è notevolmente scesa. I prospetti Italiani non trovano spazio per emergere, sono spesso costretti a scendere di categoria per giocare a scapito della loro crescita e progressione personale: di tutto questo ne risente la qualità del gioco, la popolarità in discesa che genera palasport semi vuoti e la totale dispersione dei seppur pochi giovani di talento, poco seguiti”.
Per Marco infatti il problema è risolvibile solo alla base, e quindi tornando ad investire sui settori giovanili:
“Complice la mancanza di soldi generale, in pochissimi investono sui settori giovanili. Questo lo paghiamo a tutti i livelli, anche a livello di Nazionale, e principalmente abbassando il livello generale di interesse sul Gioco. È necessario far risorgere la pallacanestro italiana, tornar a far appassionare gli spettatori e dare possibilità di crescita ai talenti che troppo spesso finiscono nel dimenticatoio. Questo accade a tutti i livelli, anche locale, anche valdarnese”.
È proprio in riferimento alla realtà di San Giovanni Valdarno, che conosce piuttosto bene per origine professionale, che Marco non dedica parole tenere:
“Troppi litigi e divisioni, negli ultimi anni, hanno causato la creazione di un numero eccessivo di società differenti, ognuna con un suo settore giovanile, una sua identità, senza prospettive e fini comuni. Non è questa la soluzione per riportare la pallacanestro sangiovannese agli antichi fasti. Se si crede nella ricostruzione di un progetto prestigioso, sarebbe opportuno smorzare le tensioni personali , anche scendere a compromessi, per il bene anche dei giovani che vorrebbero avvicinarsi a questo sport. Seognuno persegue i suoi interessi mantenendo troppe società distinte, il risultato non può essere che questo, anche a livello di settore giovanile: nessuna finale nazionale e risultati modesti, per quello che era l’orgoglio della pallacanestro valdarnese”.
Ben diversa invece la situazione in casa Fides Montevarchi:
“La loro vittoria del campionato in questa stagione, con una squadra giovanissima totalmente prodotta dal vivaio, è la dimostrazione perfetta che la programmazione e il lavoro sui giovani paga. La supervisione e il lavoro di un grandissimo come Giorgio Ottaviani, ha dato i suoi frutti e conferma le mie convinzioni”.
Proprio per questo, raggiunti i 32 anni di età, le prospettive di Marco Evangelisti risultano molto tendenti ad intraprendere un lavoro di formatore e allenatore, una volta appese le scarpette al chiodo:
“In verità non penso a ritirarmi al momento, anzi, credo che potrò ancora giocare a lungo. La mia volontà è quella di restare nel professionismo per ancora molti anni, giocando il più possibile, senza scendere di categoria anche quando, eventualmente, le mie prestazioni dovessero calare: non credo che sarò il tipo di giocatore che, a fine carriera, si accontenta di tornare a calcare parquet di categorie semi professionistiche o magari tornare “a casa. Sto seguendo da 3 anni il corso di allenatore, perché il mio interesse verso il futuro del gioco e verso la formazione dei giovani è attualmente primario. L’obiettivo è quello di diventare allenatore professionista, così come lo sono adesso per il basket giocato: la pallacanestro è la mia vita da sempre, non riesco ad immaginarmi vivere senza, o facendo qualcos’altro”.
Lasciamo così Marco al suo ritorno verso Agrigento, pronto ad iniziare la preparazione per la sua terza stagione in maglia bianco azzurra, in serie A2.
Gli stessi colori sociali che indossava quando, ancora bambino, iniziava a calcare le palestre e i parquet locali con il Centro Sportivo Alberto Galli, come testimoniato dalla foto che ha recentemente postato nel suo profilo Facebook: un completino bianco azzurro, una storia di amore con il gioco iniziata 25 anni fa, una passione rinnovata e cresciuta nel tempo, tanto da diventare una professione e destinata a proseguire per molti anni a venire.