06, Ottobre, 2024

“La stigmatizzata di Faella”: la vita di Nella Pratesi fra fede e dolore

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Nella Pratesi, meglio nota come “la stigmatizzata di Faella“, vissuta nella prima metà del Novecento, spese la sua vita fra la sofferenza fisica e la fede cristiana. Molti affermano che avesse nel suo corpo le ferite della stesso Gesù Cristo e che avesse visioni della Madonna, grazie alle quali è riuscita a sopportare il dolore. La sua memoria è conservata nella parrocchia di Montecarelli.

La storia di Nella Pratesi inizia nel comune di Faella, nel primo dopoduerra italiano, e la sua fama era dovuta alla presenza di stimmate nelle sue mani, nei piedi e nel costato. La ricostruzione della singolare vita della donna è stata resa possibile grazie al suo Diario personale e a quello redatto dal suo confessore, Don Aldo Romoli, all’epoca cappellano di Faella. Nella Pratesi nacque il 28 dicembre 1907 in Località Petrognano di Pomino ( Comune Rufina) e fu la prima di ben nove figli; in seguito la sua famiglia si trasferì a Faella, dove si occupò della conduzione di un mulino presso la parrocchia di Montecarelli. I diari sono stati la fonte principale per il lavoro Nella Pratesi. La stigmatizzata di Faella. Diari e testimonianze, svolto da Giancarlo Baldini:

“Dal diario di Nella: Le mie sofferenze cominciarono in tenera età; il padre è alla guerra del 1915/18. La mamma doveva lottare per assisterci. Mi lasciava in consegna i fratellini. Quante sofferenze senza i genitori vicini. Ero piccola e sentivo il bisogno della mamma, ma lei doveva lavorare, eravamo a tessera e c’era molta fame. Al ritorno del babbo in congedo ci fu tanta consolazione. Andai a scuola per tre anni a piedi alla Rufina con una mia amica. Per la strada si diceva il rosario. La Madonnina ci aiutava. Il mio fisico era debole, e caddi malata assai grave, dovetti abbandonare la scuola. Mi rassegnai alla volontà del Signore e avanti sempre nel dolore“.

L’infanzia e l’adolescenza di Nella Pratesi, da questo momento, saranno contraddistinte da una lunga serie di ricoveri in ospedale, tanto che venne deciso che la ragazza dovesse fare pellegrinaggio a Lourdes per sperare in una salute più forte. Poco dopo, scoppiò la seconda guerra mondiale e Nella venne riportata a Faella per stare con le sorelle e la madre. Il dolore fisico di Nella non finì mai: gli esami svolti durante i ricoveri in ospedale evidenziarono dei problemi ai reni e una colonna vertebrale piena di lesioni. Tuttavia, Nella si dimostrò sempre molto pratica e umile, con una fede cristiana molto forte.

La vera sofferenza della donna era causata da ferite sanguinanti nei polsi e nel costato, che sembravano essere delle vere e proprie sante stimmate. Si racconta che Nella Pratesi avesse avuto molti segnali diretti della presenza di Gesù Cristo e la Madonna, come un insieme di presenze mistiche che la consolavano nei suoi momenti di sofferenza più acuta. Le stimmate, le visioni di Maria e Gesù, i profumi che sentiva nella sua cameretta e il suo corpo, una volta morta, che non si freddò e marcì mai sono solo alcune delle grazie ricevute che sono state tramandate. Dal diario personale di don Aldo Romoli:

31 ottobre 1953. Mi trovo dinnanzi a un fatto molto strano. L’ammalata Nella Pratesi è costretta in un letto da diversi anni. Donna non più giovane (credo che abbia qualcosa come più di 40 anni), tanto rassegnata alla sua sorte, che fa quasi invidia. La sua unica preoccupazione sembra quella di soffrire, offrire e ricevere la S. comunione. Per puro caso questa mattina ho veduto dei segni sui polsi che mi hanno destato una certa apprensione”.

Don Aldo Romoli da quel momento divenne il confessore di Nella Pratesi: gli raccontò così di aver visto per tre volte una Croce e che da essa, l’ultima volta, fossero partiti come dei raggi luminosi che le hanno fatto sanguinare le cicatrici. Ancora dai diari del parrocco: “Il fenomeno della fuoriuscita di sangue è quasi il risultato di un acutizzarsi di un processo infiammatorio che in alcuni giorni della settimana (martedì e venerdì) si ripete da circa 4 anni”. Un vero e proprio ciclo di sofferenza che Nella Pratesi ha vissuto fino alla sua morte, che è stato testimoniato ampiamente anche nei suoi diari.

Nella Pratesi insieme a dei pellegrini di Faella a Loreto
Nella Pratesi insieme a dei pellegrini di Faella a Loreto

La particolare condizione di salute di Nella Pratesi è stata anche esaminata dai medici. Una relazione del Prof. Ugo Teodori, scritta dopo una visita alla donna il 27 giugno 1954, riporta le ferite sui polsi “di forma quasi perfettamente circolare” e una ferita “perfettamente lineare” nel torace. Mentre Osvaldo Billi, altro professore che fece visita a Nella Pratesi, nella sua relazione: “Non ricordo di aver mai visto sanguinare nel vero senso della parola tali “ferite”. Però ricordo bene che ogni venerdì alla ore 15 Nella Pratesi entrava in uno stato di estrema sofferenza, visibile anche fisicamente”.

La condizione di sofferenza della donna, secondo le tradizioni cristiane, aveva un preciso scopo, quello di espiare i peccati del mondo. La stessa Nella Pratesi, nel suo diario, scrive che anche se la sofferenza è tanta “Mi rivolgevo alla Madonna insistentemente e fui calma… Così il dolore divenne veramente gioia”, o ancora “Il mio corpo è dolore, ma penso a Gesù”. 

L’ultimo grande “segnale divino” che Nella Pratesi ha ricevuto risiede nel corpo esanime della donna. Quando il 23 marzo 1958 morì, il suo corpo non si freddò e non si sciupò, molti credenti testimoniarono che non sembrava neanche un cadavere. Nella Pratesi sopravvive ancora anche grazie alle numerose testimonianze rilasciate da vari credenti che hanno assistito a dei suoi “miracoli”. Ma soprattutto la  sua memoria è conservata nella parrocchia di Montecarelli, dove tutt’ora si trova la sua tomba.

 

 

 

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