Trai i comuni della Toscana, la festa dell’Epifania non è solo un evento religioso, ma un’occasione che intreccia le tradizioni popolari con la spiritualità. Dante Priore, autore del libro “Dei Canti popolari nella valle dell’Arno. Della Befanata in Toscana”, ci guida attraverso le intricanti sfaccettature di questa festività, concentrando la sua attenzione sulla figura della Befana.
L’Epifania, una delle solennità cristiane più importanti, si riflette non solo nelle cerimonie della Chiesa, ma anche nelle festività che si svolgono nelle case e nelle piazze, coinvolgendo il popolo in celebrazioni che mescolano sacro e profano. Priore esplora l’origine della festa, evidenziando come l’Adorazione dei Magi abbia influenzato le tradizioni popolari, dando vita a rappresentazioni sacre e drammi liturgici. La separazione formale tra Natale ed Epifania è citata come avvenuta nel 350 d.C., sotto il pontificato di papa Giulio I, permettendo così la celebrazione distinta dell’Epifania.
L’ipotesi più accreditata è che la trasformazione fonetica del termine “Epifania” in “Befana” potrebbe aver suggerito un tocco di femminilità e ridicolo. Questo cambio di nome avrebbe portato alla creazione di una figura iconica: la Befana, una vecchia benefica che porta doni ai bambini buoni e carbone a quelli meno meritevoli.
Nella Toscana e nel Valdarno descritti da Priore, la Befana è stata oggetto di tradizioni festose che coinvolgono il popolo in canti e rappresentazioni. La vigilia dell’Epifania portava in giro per le città fantocci buffoneschi, suonando trombe e portando lanterne, un’usanza che persisteva fino ai primi del secolo scorso. La festa si traduceva spesso in canti di questua, in cui gruppi di persone visitavano le case, cantando e chiedendo doni in cambio di auguri e benedizioni. Questa pratica, ancora viva in certe regioni, si basa sull’antica tradizione dei Magi che portarono doni al Bambino Gesù.
La Befana tradizionale: una vecchia e il suo seguito
La figura della Befana, nel contesto del Valdarno, si distingue per la sua rappresentazione come una vecchia goffa, vestita di cenci, dallo sguardo non troppo benevolo. La sua visita di casa in casa durante la notte dell’Epifania è un momento atteso, durante il quale porta buoni auspici per l’anno nuovo e chiede in cambio un obolo rappresentato da frutta secca, fieno per l’asinello e legna per il camino.
L’immagine della Befana è profondamente radicata nell’immaginario popolare, superando addirittura il Natale nel sentire della gente. Tradizionalmente, la Befana non agisce da sola, ma è accompagnata da un seguito che include il marito e una giovane figliola. La presenza di questi personaggi simboleggia il ciclo della vita, con il matrimonio e la fertilità associati alla prosperità della terra. Da questo tipo di immaginario nacque la Befanata, messa in scena abitualmente fino agli anni del dopoguerra.
Evoluzione nel tempo: dalla Befanata alla Zinganetta
La Befanata, un canto augurale di questua, è suddivisa in due parti: una cerimoniale e una drammmatica. La parte cerimoniale, scandita in ottave di endecasillabi, include la richiesta di permesso per entrare, il saluto ai padroni di casa, la sollecitazione di doni, il ringraziamento e il congedo. La parte drammatica, espressa in strofette “legate”, coinvolge personaggi mascherati rappresentanti della Vecchia, del Vecchio, del Giovane, della Ragazza, del Dottore, del Capitano, di Stenterello, e Pulcinella.
Il capo-comitiva, spesso una persona dotata della capacità di “cantare di poesia”, guida di casa in casa la Befanata con melodie suggestive e improvvisazioni poetiche. Tuttavia, il successo dell’interazione dipende dalla creatività e dalla risposta tempestiva dei partecipanti. La Befanata si svolgeva nelle famiglie contadine, con il capo-comitiva che si esibiva presso l’ultima casa visitata in un divertente ballo. Questo rito concludeva la questua, e il ricavato veniva utilizzato per organizzare una merenda o una cena, sottolineando l’aspetto conviviale e comunitario della tradizione.
La presenza di personaggi come la Vecchia, il Vecchio, il Giovane e la Ragazza suggerisce un possibile tema matrimoniale, ma gli informatori di Priore concordano sul fatto che l’essenza della Befanata era creare allegria e divertimento attraverso buffonate.
Queste tradizioni, anche se in declino dopo la seconda guerra mondiale, conservano un significato profondo, collegando le comunità contadine alla loro storia e alle loro radici. La Befanata e la Zinganetta (una vera e propria messa in scena organizzata nel periodo del Carnevale) sono testimonianze preziose di un passato ricco di colore e vivacità, che ancora oggi contribuisce a definire l’identità culturale del Valdarno Superiore.
L’evoluzione nel tempo ha portato alla trasformazione di queste tradizioni, con l’introduzione di elementi teatrali più strutturati. La Befanata si è gradualmente trasformata in una forma di teatro popolare, arricchendo il suo repertorio di drammi e personaggi. La Zinganetta, anch’essa basata su testi in forma metrica, si è affiancata come una sorta di continuazione del carnevale, offrendo spettacoli durante l’intero periodo festivo.
La Befana, con il suo seguito di personaggi, continua a svolgere un ruolo unico nel tessuto sociale della regione, portando con sé il fascino delle antiche celebrazioni popolari.