Il rinascimento del volley fiorentino ha il volto solare e sbarazzino di Federica Stufi. Rientrata a Firenze dopo tanti anni, la centrale con la bandana è diventata in pochissimo tempo la stella della Savino Del Bene: “E’ stata un’annata da incorniciare. Per il futuro sogno lo scudetto. Possibilmente a Firenze”. E racconta: “C’è stata un momento nella mia carriera che ho avuto paura di dover abbandonare tutto. Adesso sogno ad occhi aperti”.
Il rinascimento del volley fiorentino ha il volto solare e sbarazzino di Federica Stufi. Figlinese, di San Biagio come puntualizza lei stessa più volte, la centrale con la bandana è una che, per dirla con le parole di Gianni Mura, non ha mai "smesso di tenere una finestra aperta sul sogno”.
Rientrata a Firenze dopo un lungo peregrinare iniziato quando era giovanissima, è diventata in pochissimo tempo la stella di Scandicci: quella Savino del Bene che, insieme all’Azzurra Volley, ha riportato Firenze nella pallavolo che conta, sfiorando i playoff e facendosi valere sui campi più blasonati d’Italia.
Sarà per le giocate o forse per quella parlata toscana salvaguardata negli oltre dieci anni di lontananza, o più in generale per un look trasgressivo che la dice lunga anche sul suo temperamento, Federica si è ritagliata uno spazio importante nel cuore dei tifosi non solo di Scandicci e di Firenze ma di tutta Italia.
Federica Stufi, una valutazione a questa stagione fiorentina?
“Senz’altro positiva, siamo riuscite a toglierci belle soddisfazioni. A Scandicci siamo un gran gruppo, in un bell’ambiente sia societario che cittadino: tutta la città ha risposto alla grande con il palazzetto che nella parte finale della stagione ha sempre registrato il tutto esaurito. È stato emozionante sentire il calore di Firenze. Sicuramente tornare a giocare in Toscana ha rappresentato per me una grande motivazione”.
A livello sportivo, quali sono state le partite da incorniciare?
“Sicuramente i due derby con l’Azzurra. È stato elettrizzante giocarli da fiorentina: poi, fatto non secondario, abbiamo vinto entrambe le volte. Ma sinceramente anche i 3 a 2 rifilati a Modena e Novara hanno rappresentato risultati importanti: siamo riusciti a dimostrare la nostra forza contro formazioni blasonate che ci avevano preso un po’ sottogamba”.
Playoff solo sfiorati purtroppo.
“Ci abbiamo creduto seriamente, però nelle partite decisive non siamo riuscite a farci valere. In ogni caso nel complesso il bilancio è molto positivo”.
Le bandane sono andate a ruba.
"È stato incredibile vedere gli striscioni e le bandane 2 fast 2 furious a me dedicate. Mi sono divertita da morire "
Figlinese di San Biagio, quale è il rapporto con il Valdarno?
“È un legame ancora molto forte, nonostante sia partita giovanissima. Qui ho ancora tanti amici e nonostante mi piaccia da morire viaggiare, Figline rimane il mio paese”.
Hai lasciato il Valdarno a 16 anni per approdare al Club Italia.
“L’inizio non è stato facile, soprattutto per una come me che ha sempre vissuto in paese e che qui aveva tutto: le amicizie, gli affetti più cari, il gruppo di pallavolo, la palestra sotto casa e i pomeriggi alla stanza del prete. Le prime settimane sono state molto dure perché mi sono accorta che il mondo non era Figline e la nostalgia si faceva sentire. Però sono riuscita a superare quella fase”.
Poi oltre dieci anni a giro per l’Italia.
“Sicuramente uno cresce più velocemente perché fa subito i conti con delle responsabilità che a casa non ha. Sinceramente sono stata però molto contenta quest’anno di essere tornata a giocare a Scandicci: è stata una delle stagioni più belle, insieme a quella a Villa Cortese. Era la stagione 2011-12: arrivammo alla finale scudetto purtroppo persa”.
Già lo scudetto. Non ti pesa la mancanza nel palmares?
“Prima o poi arriverà. Sarebbe un sogno riportalo in provincia di Firenze”.
Alla nazionale non ci hai mai pensato?
“Ho fatto tutta la trafila giovanile, per quella maggiore se dovesse arrivare la chiamata sarei molto contenta ma c’è tanta concorrenza e di gran livello. Ho un ottimo rapporto con Barbolini. Quando è stato ct della nazionale mi ha aiutato in un momento delicatissimo della carriera, ho avuto paura di dover abbandonare tutto”.
Per quale motivo?
“Scopriì di avere una celiachia molto forte. Giocavo a Piacenza, ebbi una reazione infiammatoria fortissima e persi molto peso tutto insieme. Pesavo 60 chili e avevo una forma artritica. Poi scoprimmo che era intolleranza al glutine: antitransglutaminasi a 430. Basti pensare che il valore nove indica già un’intolleranza".
Soluzioni?
"Ho dovuto cambiare completamente stile di vita e ho impiegato un annetto per tornare sui miei livelli. Sono stata fortunata, è servita grande forza di volontà. Poi c'è stata la rinascita e la finale scudetto: una bomba di adenalina”.
Come è iniziata questa lunga carriera?
“Non avevo nemmeno sei anni. Seguivo in tutto e per tutto mia sorella maggiore, che già si allenava nel Volley Club Figline. Giocavamo ai giardini. Una domenica venne organizzato un torneo di pallavolo in Piazza Marsilio Ficino e partecipai perchè mancava una bambina. Mi chiesero se avessi avuto voglia di allenarmi e dissi subito di sì. Eravamo un bel gruppo”.
La classe 1988 è stata una delle migliori annate di sempre per Figline. Forse la migliore.
“Una bella squadra e tutte grandissime amiche. Lo siamo tutt’ora: eravamo io la Tani, la Simoni, la Pelucchini, la Pieralli, la Sacchetti e tante altre. La pallavolo crea legami indissolubili. L’ultimo anno il gruppo si sciolse, io giocai un anno ad Incisa prima di superare le selezioni e approdare al progetto federale”.
Se Federica Stufi non fosse diventata una giocatrice professionista, cosa avrebbe fatto nella vita?
“Ho studiato al liceo delle scienze sociali. Ho iniziato a San Giovanni poi ho proseguito gli studi in giro per l’Italia. Mi sono diplomata a Cremona in un dirizzo biomedico. Ma ancora adesso ad essere sincera non ho idea di cosa voler fare di diverso dalla pallavolo. Ho sempre avuto due grandi passioni: viaggiare e cimentarmi in cose creative”.
Tipo?
“Mi diverto a realizzare oggetti di terracotta e creazioni manuali. Adesso che sta per nascere la bimba a mia sorella sto dando libero sfogo alla mia creatività. Difficile dire cosa avrei voluto fare di diverso dalla pallavolo. Sicuramente – ripete – mi piace sognare e viaggiare”.
La meta preferita per le vacanze?
“Gli Stati Uniti, in particolare la California. Anche perché là c’è la moda del glutin free”.
Ad un’esperienza in una squadra estera ci hai mai pensato?
“Mi affascinerebbe, ma meglio separare i luoghi di vacanza dalla professione. Per la pallavolo dico Brasile e Giappone, anche se i ritmi nipponici da catena di montaggio un po’ mi spaventano. Sì – conclude divertita – meglio il Brasile: vivere un anno di sola estate, considerato il periodo di pausa in Italia, avrebbe il suo fascino. E poi sono una ragazza con un animo un po' gipsy”.