05, Novembre, 2024

Bassorilievo di Ponte agli Stolli, la storia del “furto sacrilego” anche in un ciclostile della Parrocchia del 1980

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È una storia che ha a che vedere anche con la memoria collettiva, quella del bassorilievo in terracotta invetriata, opera di Buglioni, rubato a inizio ‘900 dal Ponte agli Stolli ed esposto, oggi, in un museo di Cleveland, dall’altro lato dell’Oceano. Perché se è vero che la storia, su cui Valdarnopost ha iniziato a lavorare circa due mesi fa, era semisconosciuta in Valdarno, è però altrettanto vero che tra gli abitanti di Ponte agli Stolli è sempre rimasta nelle memorie, quelle tramandate di generazione in generazione. A dimostrarlo c’è un documento interessante e unico nel suo genere, un ciclostile prodotto in proprio dalla Parrocchia della frazione figlinese nel 1980, più di quarant’anni fa, una raccolta di notizie sulla storia della Cappella Menchi, che ospitava l’opera al momento del furto, e sul suo restauro.

L’allora Parroco di Ponte agli Stolli, Padre Giovanni Pratesi, raccoglie in questo documento notizie storiche sulla Cappella, che fu edificata nel ‘700, sui restauri e sull’ampliamento che fu realizzato nel 1902. Poi si concentra in quello che viene definito un “furto sacrilego”, ricostruendo quello che avvenne, probabilmente in base alle memorie dei cittadini. Ci sono due inesattezze: il furto viene datato infatti 1904 (quando invece avvenne nel 1905, per la precisione nella notte fra il 10 e l’11 maggio); la Madonna viene inoltre attribuita ai Della Robbia, mentre gli studi hanno confermato con certezza che si tratta di un’opera di Benedetto Buglioni.

Il racconto trascritto nel ciclostile è questo:

“Nell’occasione dell’ampliamento fu trasferita nella cappella un’immagine in terracotta rappresentante la Madonna con il bambino Gesù e due santi ai lati, San Francesco d’Assisi e San Giovanni Gualberto […]. Il gruppo delle sacre immagini, opera degli artisti fiorentini Della Robbia, sino allora era sistemato in una nicchia, tuttora esistente, ricavata nel muro esterno della casa dei Petrucci sotto la loggia vicino al Ponte del Diavolo.

Il motivo di sistemare la detta immagine dall’esterno, dove era da circa due secoli, fu merito, o meglio colpa, di un gruppo di ragazzi che giocando spesso con la ruzzola lungo la discesa, proprio davanti al tabernacolo, un giorno la ruzzola con un salto brusco andò a sbattere nel ginocchio della Madonna. I genitori e tutta la popolazione, allarmati da questo episodio, decisero di metterla al sicuro. La vicina cappella da poco ampliata era la sistemazione migliore.

Purtroppo dopo poco tale traslazione, era il maggio 1904, ignoti ladri trafugarono nottetempo l’immagine suddetta.

Ci fu un processo presso il tribunale di Firenze e gli indiziati di altri furti, provenienti da Pontassieve, confessarono anche il rubamento della Madonna del Ponte agli Stolli su commissione. Risultò anche che l’immagine stessa fu spedita in Francia dentro una cassa insieme ad un carico di vino, sempre da Pontassieve, e nonostante ricerche fatte non è stata ritrovata. 

L’impressione di questo turbamento fu enorme in tutta la popolazione del Ponte e della zona. Il fatto doloroso però contribuì senz’altro ad aumentare la devozione e l’amore dei fedeli verso la Madonna”. 

Il ciclostile riporta anche una illustrazione del bassorilievo rubato, basata su una foto d’epoca. 

Si tratta insomma di documenti importanti, piccoli tasselli che aiutano a ricomporre la storia ma soprattutto a dare il senso dell’attaccamento della comunità locale di Ponte agli Stolli a quest’opera, e a capire quanto suscitò scalpore quel furto di inizio ‘900. Oggi la vicenda, riportata alla luce dalla nostra inchiesta, dalle interrogazioni parlamentari della senatrice Corrado, dagli ulteriori studi dello storico dell’arte Victor Veronesi (che ha trovato il ciclostile nelle sue ricerche, grazie alla collaborazione della Sig.ra Vilma Piccioli di Ponte agli Stolli) sta suscitando un nuovo interesse, anche oltreoceano: la tv News5 di Cleveland ha dedicato servizi a questa storia, intervistando tra l’altro anche la sindaca Giulia Mugnai.

Alla luce di tutto questo rinnovato interesse, Valdarnopost e il comune di Figline e Incisa, insieme, stanno lavorando ad una iniziativa per promuovere ancora di più la conoscenza di questa storia, rimasta sepolta per troppi anni in qualche cassetto della memoria.

 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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