25, Dicembre, 2024

Tornando indietro nel tempo ne il Museo della “Casa della civiltà contadina” a Gaville

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Preservare e custodire un importante pezzo di storia contadina è stato, ed è tutt’ora, l’obiettivo del Museo “La casa della civiltà contadina”. Presso la Pieve di Gaville, questo particolare Museo offre un bellissimo spaccato della vita dei contadini di un tempo, grazie all’attività che da anni svolgono i volontari dell’Associazione Culturale che se ne occupa. Macine, un antico frantoio, utensili per la cucina, telai, arnesi di ogni tipo adornano le stanze del museo, memorie di un tempo ormai passato. 

Per conoscere a fondo la storia della Casa della civiltà contadina, Antonella Bizzarri, Presidente dell’Associazione Culturale APS Casa della civiltà contadina, ha aperto le porte del museo solo per la nostra redazione.

Il Museo “La Casa della Civiltà contadina” è stato inaugurato nel 1974, nato per volere di alcuni gavillesi, primo fra tutti Pierluigi Righi considerato ancora l’animatore del museo. L’idea del Museo nacque proprio nei primi anni ’70, quando la popolazione delle campagne iniziava a spostarsi verso le città e le fabbriche lasciando tutti i loro utensili e averi presso le stesse abitazioni rurali. I fondatori decisero, così, di raccogliere tutti gli oggetti dei contadini di una volta. Antonella Bizzarri: “Quando fu inaugurato, c’erano pochi utensili, ma il punto focale era ed è rimasto il frantoio, nel quale è visibile un’iscrizione del 1729. Il Museo è sorto proprio intorno a questo antico frantoio, il cui dà il nome a una delle numerose stanze del Museo. Infatti, la particolarità del nostro museo è la suddivisione in stanze, ognuna delle quali raccoglie e custode strumenti e oggetti specifici”. Le stanze in questione sono: dei telai, del giogo, del frantoio, del grano, del fabbro e del falegname, camera da letto, caccia e miele, dell’erbario e del calzolaio. Tutte queste si trovano presso i locali della Pieve di Gaville e con l’ultimo statuto dell’Associazione è stato deciso che in caso di un eventuale scioglimento di questa, tutti gli oggetti andranno alla parrocchia, con la garanzia che se ne occupino.

Le prime stanze che accolgono i visitatori sono la “stanza dei diavoli” e la “Saletta del gioco”, nella quale ci sono tutti gli strumenti che venivano usati sui buoi: scacciamosche e museruole artigianali, numerosissimi giochi (uno nello specifico si presenta fatto interamente in legno), ma anche delle coccarde in rosso usate per fare i vari cortei, come segno scaramantico.

Poi si aprono le due stanze più grandi e ricche: la “Stanza del Grano” e la “Stanza del Frantoio”. Per quanto concerne la prima, al suo interno si trova un prototipo di una mietitreppia fatta da un socio, che ai tempi veniva portata da un carro. La prima sensazione che un visitatore ha entrando in questo museo è lo stupore: negli anni infatti tutti i muri delle stanze si sono arricchiti di una quantità indefinibile di arnesi. Non è, però, facile soffermarsi su tutti gli strumenti presenti: ad esempio, in un angolo è riposta un’antica ruota ad acqua del 1600 per macinare il grano con accanto un piccolo arnese in pietra. Antonella Bizzarri: “Si tratta dell’antica macina a mano, emblema del nostro museo. Tutti gli aggregati di famiglie del tempo ne avevano uno per non portare sempre il grano a macinare al mugnaio avendo un costo. Allora se lo macinavano a mano da soli”.

La “Stanza del frantoio” è da anni l’emblema della Casa della civiltà contadina, per via della presenza di un antico mulino a pietra conservato molto bene, ma anche di numerosi arnesi e tecniche che venivano usate per produrre l’olio di oliva, simbolo della nostra valle. Ancora Antonella Bizzarri:”Questo museo dà uno spaccato della vita che era, noi ora siamo abituati al tutto e subito, qui invece ci voleva fatica per l’uomo per fare le cose. Era un altro mondo forse, più faticoso e più vero, dove ci si aiutava di più”. In questa stanza, vi è un’iscrizione che data la struttura del frantoio al 1729: la Pieve è del 1000 e quando fu dichiara ta chiesa principale della zona aveva sotto di sè 11 parrocchie che dovevano venire qui a battezzare, il pievano aveva sotto di sè 10 poderi che frangevano l’olio proprio in questa stanza. In essa, sono conservati numerosi oggetti originali: lo strettoio per le presse, arnesi per spremere l’olio, la zona dell'”inferno” nella quale l’olio veniva separato dall’acqua, tramite il “nappo”. Il più interessante è il “guadagnolo”, con il quale i contadini venivano a sgrondare tutti gli oggetti che toccavano l’olio. Quello che ne usciva era detto “il guadagno del contadino”.

Proseguendo nel percorso, si trovano le due sale “Del fabbro e del falegname” e i locali della cantina. Ai tempi, infatti, il fabbro e il falegname lavorano molto insieme, perchè più che fare mobili il falegname si occupava di sistemare i vari attrezzi utili in campagna assieme al fabbro. Mentre, la cantina venne alluvionata anni fa danneggiando qualche botte o strumento antico per fare un video.

Ci sono, inoltre, altre stanze che riproducono quelle della casa di un tempo: la “stanza da letto”, la “cucina”, la “stanza dei telai”. E’ presente la vecchia cucina dei contadini, che andava con il fuoco, nella quale si poteva cuocere con pentole, al forno, riscaldare acqua. Pentole, cocchi, padelle occupano i muri della stanza, ma utensili anche molto particolari tipo quello usato per “cucire i occhi rotti” o un insieme di timbri da fare sul pane, ognuno con delle iniziali, per distinguere il pane cotto portato nel forno del paese. Nella “stanza dei telai” si trova un antico telaio datato 1400, che è stato donato all’Associazione dalle suore di Assisi, fatto restaurare appositamente per il museo.

Le ultime stanze riguardano tematiche specifiche, come la caccia e il miele, l’erborario, le calzature e gli oggetti sacri. In queste, sono conservati altri strumenti o oggetti prodotti all’epoca, donati negli anni al museo.

 

La casa della civiltà contadina è un bellissimo spaccato di tempo, capace di far respirare la storia vera del Valdarno. Ad oggi, è meta di numerose scolaresche della zona e non solo, con la speranza di farsi conoscere sempre di più in tutta la Regione. 

 

 

 

 

 

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