Nel 2013 lascia il suo lavoro in Valdarno e parte per l’Australia: “Volevo mettermi alla prova”. In due anni ha fatto di tutto: cameriera, donna delle pulizie, persino lavorante nei campi. “Ho fatto tanti sacrifici, ma oggi sono più indipendente e sicura di me”
“Ricordo ancora quando ho deciso: era un sabato pomeriggio, ho chiamato mia madre e le ho detto: vado in Australia”. Era il 2013, e Jessica Luppichini, anche se giovanissima, aveva un lavoro a tempo indeterminato come assistente alla poltrona da un dentista, a Figline. Non basta questo a frenare la sua voglia di partire: si informa, e fa subito richiesta del visto. “L’hanno approvato dopo due ore online, si chiama Working Holiday Visa e ti permette di stare un anno e lavorare fino a sei mesi per lo stesso datore di lavoro, con la possibilità di estenderlo per un altro anno”.
E così, il 2 marzo 2013 parte per l’Australia. “Sinceramente non avevo aspettative: la mia scelta, a differenza di altri, è stata il frutto di un'insoddisfazione generale che non mi faceva vivere con spensieratezza quella vita ordinaria che mi ero piano piano costruita. Sentivo di voler vedere cosa c’era al di là delle mura; volendo mettere alla prova me stessa in un'avventura che non aveva ancora un nome o un preciso perché”. Il primo anno in Australia è un continuo viaggiare, passando da un lavoro all’altro. “Ho fatto di tutto: dalla donna delle pulizie alla cameriera, dalla barista a tanti lavoretti trovati con il passaparola”. E spesso insieme ad altri ragazzi, arrivati in Australia da tutto il mondo.
“Sono partita da Melbourne dove ho vissuto per tre mesi lavorando come domestica, e prendendo il mio primo stipendio settimanale di circa 600 $; poi mi sono spostata a Cairns con due coinquiline svedesi, siamo andate nel nord verso il tropico in cerca delle famose farm: lì puoi lavorare nei campi di banane, patate, cipolle, fagiolini, fragole, insomma qualunque tipo di lavoro di campo. Ecco, posso dire che è il lavoro più faticoso, fisicamente e mentalmente parlando. Ti alzi all’alba in un paese che nemmeno google riesce a trovare, per lavorare nei campi”. Per cinque mesi Jessica va avanti così, lavorando prevalentemente nei campi, in varie zone dell’Australia: “Ho lavorato e vissuto in una stalla a nord di Cairns, nel posto più affascinante che abbia mai visto; ho guidato per 3200 km per raggiungere Byron Bay e vivere nel campo di una vecchia contadina australiana ripulendo i suoi vasti orti da erbacce; ho raccolto cipolle per 10$ a tonnellata”.
Così ottiene il secondo visto, continua a girare l’Australia e a passare da un lavoro all’altro. Finché decide che è giunto il momento di tornare in Italia, in Valdarno: “Volevo capire se la nostalgia che provavo era dovuta alla mancanza dell'affetto dei miei familiari o al bisogno di una stabilità che avevo scelto di abbandonare un anno prima”. Torna a Figline, ma il suo sguardo ora è diverso: “Mi sono resa conto di quanto ero cambiata mentre tutto il resto era rimasto tale e quale”. E così riparte, destinazione Australia. “Sentivo di aver lasciato le cose a metà”. E oggi? “Sono molto più consapevole di quello che il mio espatrio significa. Ho imparato un'altra lingua, mi sono fatta più indipendente e sicura di me, cercando di superare ogni situazione critica. Non mi spaventa più dovermi spostare con soli 100$ in tasca senza un lavoro o una casa”.
Insomma, quella decisione impulsiva di due anni fa nel frattempo è diventata una scelta consapevole. “Tanti ragazzi arrivano in questo immenso continente pensando di trovare la miniera d'oro, cercando fortuna senza voler realmente esplorare la magia di questo posto. Ecco, a quelli che pensano che l’Australia sia il porto dei tesorieri dico che sbagliano di grosso. É vero che ci sono più opportunità, ma è anche vero che devi faticare tanto, accettare di vivere periodi difficili e rimboccarti le maniche, magari facendo lavori che in Italia non saresti disposto a fare”.
“Oggi ho capito cosa voglio fare nella vita e l'Australia per me è stato il libro delle risposte. Non ho un rammarico, né una delusione: mi sento fiera del mio percorso grazie anche alle persone che ho incontrato lungo questo inaspettato e incredibile percorso. Consiglio a chiunque voglia crescere interiormente e aprire la propria mente di fare questo tipo di esperienza. Che si chiami Australia o Irlanda o Asia, il viaggio è qualcosa che ti rende indipendente e più consapevole di quello che c'è oltre i canoni di una vita ordinaria”.
E l’Italia, il Valdarno? “Se dovessi soffermarmi all'idea di stabilirmi in Italia, ora questa prospettiva mi spaventa, e non tanto perché sia preoccupata di non riuscire a trovare una posizione professionale: addirittura, quando sono tornata la prima volta in Italia, ho trovato lavoro dopo neanche una settimana, per quanto tutti mi dicessero quanto fosse aumentata la disoccupazione. Credo che la crisi si senta ed esista veramente, ma sono anche dell'opinione che ci sia un clima di sfiducia collettiva, alimentato dall'informazione. Io, comunque, ho ancora bisogno di capire se sarà l'Italia la mia dimora definitiva. Credo di aver bisogno di esplorare altri orizzonti per poter vedere me stessa in quello che sarà il mio nido definitivo. Per quanto sia sicura che l’Italia potrebbe, oggi o domani, offrirmi tanto”.