Una tesi particolare, quella redatta da Alessandra Giannecchini.La giovane neodottoressa, toscana di Lucca, ha scelto uno dei luoghi più affascinanti e conosciuti del nostro territorio, il castello di Sammezzano a Leccio. Alessandra si è laureata il 19 novembre scorso in Comunicazione internazionale per il Turismo, un corso di laurea magistrale del dipartimento di Lingue e letterature straniere dell’Università di Torino.Il titolo della tesi è “L’architettura europea tra eclettismo e orientalismo -” Non plus Ultra” Il castello di Sammezzano”.
Abbiamo contattato Alessandra incuriositi dal fatto che avesse scelto uno dei momumenti più belli e purtroppo piu abbandonati del nostro immenso patrimonio artistico. Dalle sue risposte trapela amore e un profondo rispetto per quello che i valdarnesi chiamano semplicemente “Sammezzano”.
Conosceva la storia di Sammezzano?
“Sì. Conosco la storia di Sammezzano già da parecchi anni, tanto che ormai è difficile ricordarsi dove ne ho sentito parlare per la prima volta. Con un’amica ci siamo appassionate alle vicende del castello e abbiamo seguito gli sviluppi degli ultimi anni, mantenendo sempre viva la speranza che un giorno un bene così prezioso possa essere fruibile e valorizzato come si deve.”
Che cosa l’ha spinta a scrivere la sua tesi proprio sul castello?
“La scelta di dedicare la tesi a Sammezzano non è stata immediata ma, una volta avviato il percorso, mi sono resa conto di quanto sia stato importante per me. Ho scelto un tema che mi appassionava, un argomento a cui mi sento legata, che è in grado di suscitare emozioni al solo immaginarlo. E così sono riuscita a trasformare il percorso di stesura in un grande viaggio (non senza difficoltà!) attraverso un mondo che mi ha arricchito di meraviglia.”
Quale è stato l’aspetto che le ha dato più soddisfazione nel redigere la tesi su Sammezzano?
Su questo non ho alcun dubbio, il piacere più grande è stato leggere lo stupore negli occhi di tutte le persone che non avevano mai sentito parlare di Sammezzano. Nel corso della stesura mi è capitata in varie occasioni la fortuna di far conoscere il castello a persone che non sapevano della sua storia. Il mio stesso relatore, docente di Storia dell’architettura e della città, non era a conoscenza delle vicende del castello , così come i componenti della commissione di laurea.Mi piace pensare che il mio lavoro sia stato come una goccia in grado di smuovere qualche piccola onda e sono fiera di aver contribuito nel mio piccolo.
Ha avuto una guida locale che l’ha aiutata nel suo lavoro?
Ho contattato il Comitato FPXA ed ho avuto il piacere di intervistare il suo presidente, Massimo Sottani, che si è rivelato una risorsa molto importante per approfondire le dinamiche attuali del castello. Il suo contributo mi ha fatto apprezzare ancora di più un bene straordinario come Sammezzano e la protezione e la dedizione di tutti quelli che si impegnano per promuoverlo e difenderlo. Per questo ringrazio lui e tutti coloro che partecipano con amore e passione alla sua tutela e valorizzazione.
Secondo lei che cosa sarebbe opportuno fare o quali misure mettere in campo per salvare questo bellissimo complesso?
“Purtroppo a questa domanda è difficile rispondere, o perlomeno dare un mio punto di vista personale senza cadere in riflessioni scontate. Cito l’ultimo paragrafo dell’elaborato perché lo ritengo significativo in questo senso: Edifici come Sammezzano devono essere tutelati e valorizzati in quanto espressione di profondi significati e simbologie. Il caso della Rocchetta Mattei è un precedente molto importante: fino a pochi decenni fa rischiava l’abbandono, poi un imponente restauro l’ha riportata al suo splendore originario e oggi è aperta e visitabile. È superficiale rimarcare quanto Sammezzano necessiti di un intervento simile, date le condizioni attuali, affinché le sue sale vuote possano tornare a popolarsi di turisti e visitatori. Dare risalto a un edificio di questo tipo, oltre ad essere un gesto importante per la comunità di Reggello e per tutti coloro che lo promuovono, significherebbe anche mostrare un volto diverso dell’Italia e del suo orgoglio artistico. Promuovere un linguaggio espressivo come l’orientalismo restituirebbe l’immagine di un paese che, oltre che dare sfoggio dei propri celeberrimi gioielli, si impegna per valorizzare le meritevoli singolarità che popolano tutto il suo territorio.”