24, Maggio, 2024

Alla scoperta del Roseto Botanico “Gianfranco e Carla Fineschi”: un viaggio attraverso la storia della rosa

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Il Roseto ‘Gianfranco e Carla Fineschi’, anche chiamato Museo della Rosa si trova immerso nel verde nel comune di Cavriglia ed ha appena riaperto le sue porte al pubblico: proprio nei giorni in cui la maggior parte delle rose fiorisce e lo spettacolo di colori e profumi può essere esperito al massimo. Fondato nel lontano 1967 dal Prof. Gianfranco Fineschi, questo roseto rappresenta un vero e proprio tesoro floreale, dedicato alla raccolta e alla conservazione delle specie e degli ibridi di rose provenienti da tutto il mondo.

Oggi il roseto e tutto ciò che ne sta intorno è curato dalle figlie di Gianfranco Fineschi, le sorelle Silvia, Antonella e Maria Cristina. Con più di 5000 varietà diverse, il Roseto si estende su un’ampia area, suddivisa in sezioni tematiche che guidano i visitatori in un viaggio attraverso i secoli di storia delle rose. Quando si arriva al roseto, la prima cosa che si nota è un rumore inconfondibile; ad accogliervi ci sarà almeno un pavone tra i tanti che vedrete e sentirete durante la visita. Sin dai primi passi all’interno del giardino, ci si immerge nell’atmosfera incantata delle rose botaniche, le progenitrici di tutte le altre varietà, caratterizzate dalla loro bellezza semplice e dalla loro importanza storica. Proseguendo lungo il percorso, ci si avventura nelle rose storiche, che raccontano storie millenarie di eleganza e raffinatezza. Qui, tra le Gallicae, le Damascenae e le Albae, si scoprono le radici profonde di questa passione per il fiore più amato del mondo, ammirando varietà antiche che hanno incantato giardini e corti reali per secoli.

Ma il viaggio nel tempo non finisce qui: la visita al Roseto continua con gli ibridi perpetui e le rose bourboniane, che segnano il passaggio verso le moderne ibridazioni. Queste rose, con la loro leggera rifiorenza e la loro grazia senza tempo, rappresentano un ponte tra il passato e il presente, testimoniando l’evoluzione continua di questo straordinario fiore. Infine, si giunge alle rose moderne, le protagoniste indiscusse dei giardini contemporanei. Dai celebri ibridi di Tea alle affascinanti Floribunda, ogni varietà racconta una storia unica di creatività e innovazione, portando con sé il fascino irresistibile di una tradizione secolare che continua a rinnovarsi.

Ma il Roseto Botanico “Gianfranco e Carla Fineschi” non è solo un luogo di bellezza e contemplazione: è un importante centro di ricerca e conservazione delle risorse genetiche del genere Rosa. Grazie al lavoro instancabile dei suoi custodi, questo giardino rappresenta una preziosa risorsa per la salvaguardia della biodiversità e per la diffusione della cultura botanica. Come ci anticipa Maria Cristina Fineschi il dictat di questo posto è uno solo: Non si spreca niente. Il Roseto Fineschi è anche un luogo in cui trovano accoglienza tanti animali: sì ai pavoni ma anche polli, galli, galline, oche, cani; a tutti loro un’area dedicata. È anche un museo di attrezzi contadini antichi e non; è tutto ciò che serve per il mantenimento, è scienza e ancora molto altro. 

Adesso la parola a Maria Cristina Fineschi, una delle figlie di Gianfranco che illustra a grandi linee la storia del Roseto e della rosa.

 

Maria Cristina Fineschi:”Mio babbo negli anni ‘60 cominciò a tornare qua, nella sua casa natia, in particolare modo dal ‘61 dopo la morte di mio nonno. Iniziò a guardarsi intorno per capire cosa tenesse suo padre, grande appassionato di giardinaggio. Pare che mio nonno avesse già circa 300 rose, probabilmente scelte solo con criterio estetico, non storico e mio padre si concentrò proprio su quelle. Mentalità da sognatore ma anche scientifica, decise di voler capire e ricostruire la storia della rosa, dunque inizia a nascere il nostro roseto, che noi consideriamo un museo perchè la bellezza è un fattore secondario e l’importante è riuscire a mettere in maniera sistematica e linneiana: dalle rose botaniche, dove si intendono quelle che esistono in natura e non ha creato l’uomo (tipico esempio è la nostra rosa canina di bosco) – dalle quali poi, frutto delle prime ibridazioni fatte dall’uomo con i metodi dei tempi, derivarono molte rose. Le rose botaniche le si riconoscono subito guardandole: sono roselline povere di petali con portamenti dotati di grande fogliame ma pochi fiori e da lì la ricerca è andata avanti nel cercare di sviluppare le parti più belle di queste piante: colori e profumi.”

“Dalle rose botaniche si passa alle rose antiche che sono quelle che un tempo servivano per fare le essenze e i profumi e sono in effetti rose contenenti tantissimi petali: dalle pentapetale delle rose botaniche si passa a rose che possono avere fino a 300 petali: sono profumatissime e sono il tipico esempio della rosa Europea. Ci si accorse che la rosa europea era si, tanto bella e profumata ma confrontandola con le rose orientali dell’Asia non possedevano il giallo: dunque la rosa europea profumatissima e con tanti petali e che fiorisce soltanto una volta l’anno nei suoi 20 giorni di fioritura primaverile – era di colore rosa, bianca o rossa (dove non va inteso il nostro senso di rosso, tipo rosso bandiera, ma una sfumatura più vicina al color cipolla. Nelle rose orientali esisteva il giallo, che noi non avevamo, quindi inizia la corsa per ‘ricrearlo’ finchè un francese alla fine dell’800 andò a cercare questa Rosa lutea persiana e a forza di cercare di incrociarla trovò una nuova rosa che avesse le caratteristiche della rosa europea (cioè che avesse tanti petali e un portamento robusto) ma che contenesse il giallo: infatti è una rosa pallidamente giallina – e si entrò in una nuova dimensione: gli ottientori si sbizzarrirono e venne fuori una quantità incredibile di colori che prima non c’erano.”

Sfatiamo un mito – continua Maria Cristina – “Ecco la rosa blu non esiste: perchè la rosa non ha il blu nel suo patrimonio genetico. Invece il giallo, il pesca, l’albicocca e l’arancione si sono potuti avere perchè le rose orientali geneticamente avevano dentro il giallo.”

Conclude:” Dunque, alcune rose orientali, che ci possono sembrare poco appariscenti, hanno caratteristiche molto importanti. Per esempio, la rosa gialla dell’incrocio citato veniva chiamata Rosa foetida perché ha un odore sgradevole’. Tutta questa ricerca ha portato anche nuovi frutti:oltre ai colori la grande novità fu quella della rifiorenza che avevano le rose orientali – potevano produrre fiori in varie stagioni dell’anno. Non solo nella stagione primaverile. Questa ibridazione ha fatto si che adesso chi ha una rosa moderna se l’annaffia, la concima correttamente e le toglie tutto lo sfiorito, ha una rosa che rimette. È stata tirata fuori questa caratteristica genetica delle rose orientali della rifiorenza e immesso nella rosa europea. Le rose antiche non hanno questa caratteristica.”

Arrivati a fine percorso ci si imbatte con qualcosa che niente ha a che fare con le rose.

Ancora Maria Cristina racconta l’apparizione di questi vagoni al roseto Fineschi:”Quando mio padre era bambino il suo più grande divertimento era andare alla stazione di Campo di Marte a veder passare i treni e questa storia dei treni gli è rimasta dentro fino all’età adulta. Li chiamava addirittura per nome, era amico di tutti i macchinisti e di tutti i ferrovieri del Valdarno. Un giorno a cena annunciò a me e le mie sorelle ‘Bimbe, io voglio un treno’. La nostra reazione fu quella di non prenderlo troppo sul serio. Iniziò a fare il viottolo tra Ministero dei trasporti, ferrovie, dirigenti; chiedeva appuntamenti, si faceva ricevere e puntualmente gli veniva risposto che anche per quanto riguardava i treni dismessi non sarebbe mai stato possibile possederne uno privatamente. Fino a che un giorno, dopo due anni, gli arrivò una telefonata che gli disse che c’era un treno merci  dismesso e già deamiantizzato sul binario morto della città di Cortona ‘Se lo prenda, noi non possiamo né venderlo ne affittarlo: è da lei in comodato d’uso e sempre proprietà delle Ferrovie dello Stato’ – così arrivarono quei quattro vagoni con 4 viaggi distinti di trasporti eccezionali e mio padre in fretta e furia organizzò questo binario con queste longarine di cemento. A noi ci sembrarono un orrore: le Ferrovie ci dissero che non avremmo potuto verniciarlo all’esterno, solo l’interno è modificabile. In un primo momento l’idea era quello di continuare anche lì un museo della rosa, ma a causa delle temperature (caldissime d’estate e freddissime d’inverno) non è andata a buon fine ed è diventato un semplice magazzino.”

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