15, Novembre, 2024

Inchiostro e passione: il viaggio di Cionka nel mondo del tatuaggio tradizionale diventa anche un documentario

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William Cioncolini in arte Cionka Tattoo figlinese, classe ’83 racconta il significato che il tatuaggio ha acquisito nella sua vita attraverso un documentario di 7 minuti diretto da Pierfrancesco Bigazzi e Giulio Dell’Aquila

Uscirà il 3 dicembre il breve documentario che racconta il percorso di William all’interno del mondo del tatuaggio: come ne è rimasto affascinato da spettatore, gli ambienti frequentati, l’esperienza di Amburgo, il ritorno in Italia. Abbiamo già parlato con William nel 2015 quando da Amburgo, raccontava la sua decisione di mollare tutto per inseguire il suo sogno ed esortava i ragazzi della sua età e non solo, a fare lo stesso: come ancora oggi precisa -“Il punto non è scappare dall’Italia, ma avere il coraggio di inseguire le proprie aspirazioni con tenacia, ovunque queste ti portino, l’invito è ancora valido”.

L’esperienza ad Amburgo per William ha avuto l’esito sperato. Parte, con dei bozzetti da far visionare e inizia il suo apprendistato non con poca fatica. Mesi e mesi di gavetta per poi arrivare alle prime soddisfazioni. Lo stile che tatua da sempre è l’Old school, o Tradizionale – come preferisce chiamarlo lui.

Perchè il Tradizionale? Risponde il tatuatore:“Ha un forte impatto grafico. Dal punto di vista grafico mi colpisce tanto e la cosa che mi piace di più è che non ha segreti: vale a dire che quello che vedi è quello che è. Mi piace la forza del tratto e dei contrasti.”

William racconta:”Ti spiego ciò che ha significato dal primo momento per me. Ho conosciuto il tatuaggio tradizionale perchè da ragazzo seguivo le band punk e metal, i quali componenti avevano questo tipo di tatuaggi addosso. Già da lì ho avuto il primo contatto ‘emozionale’ con quella tipologia di tatuaggio. Dopo, crescendo, ho iniziato a far parte di una scena che era quella punk hardcore che ho vissuto a pieno. Chi frequentava l’ambiente, quello vegan straight edge, che è quello che frequentavo io, aveva questo tipo di tatuaggi. Rimanendone affascinato a 19 anni mi tatuo per la prima volta e non smetto più. Inizio a mettere soldi da parte solo per collezionare tatuaggi. Divento un vero e proprio appassionato, ma ancora non pensavo che avrei mai tatuato.”

La decisione di provarci. William:”Fu un tatuatore di Arezzo a spronarmi, Manopola. Ho iniziato a pensare di provarci e Amburgo è stata l’unica via che ho visto possibile: una città che già conoscevo e che trasudava tutta l’autenticità del tatuaggio tradizionale. Non restava che partire.”

Ad Amburgo,William si afferma come tatuatore e inizia ad ospitare in studio Samuele Briganti (maestro del tatuaggio tradizionale). Da questa collaborazione nasce un’amicizia che vedrà tornare William in Italia, inizialmente come ospite, poi come resident al Bold Will Hold di Samuele Briganti.

Perchè il ritorno in Italia? “Non pensavo che sarei mai tornato. Tornavo in Italia regolarmente – una volta ogni due/tre mesi- poi sono venuto a lavorarci ospite da Samuele e mentre vivevo in Germania avevo il desiderio di avere un posto mio in Italia. Non per venirci a vivere, ma per poterci tornare, visitare gli affetti. Quando vivi per tanti anni all’estero hai un po’ questo senso di smarrimento. Dopo che ho fatto questo passo, Samuele mi ha fatto la proposta di venire a lavorare come resident nel suo studio a Firenze. Non ho fatto un salto nel vuoto per due motivi: sapevo di andare a lavorare con uno dei migliori tatuatori al mondo e che avrei lasciato un canale aperto ad Amburgo. Quindi ho iniziato a fare il contrario di ciò che facevo prima – adesso torno ad Amburgo regolarmente come ospite in studio.”

Perchè l’idea di un documentario? Conclude William:“Voglio trasmettere ciò che sta dietro al tatuaggio in sè. La persona e quello che ha portato al tatuaggio non si può vedere. Uno se lo può immaginare, può farsi un’idea ma non lo può sapere. Mi piaceva l’idea di fare una cosa più seria e di far vedere il percorso che c’è dietro, tutto ciò che non si vede. L’idea iniziale era quella di andare proprio a fondo aprirsi in maniera anche un po’ introspettiva.”

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