A 700 metri di altezza, tra nella foresta che delimita la zona del figlinese con quella del Chianti, si trova una piccola località la cui caratteristica principale è la presenza di una vecchia abbazia. Si tratta dell’Abbazia di San Cassiano a Montescalari: un luogo dalla storia particolare, dove molte arti si sono incontrate nel corso degli anni; dimenticato nell’abbandono dopo le tragedie della seconda guerra mondiale. A impreziosirla ancora di più uno stemma in terracotta invetriata di Luce Della Robbia.
Lungo la zona sentierata che sta a nord di Ponte agli Stolli si trovano vari punti di interesse, paesaggistico, storico o culturale, ed è proprio con questo principio che ci si imbatte nella località di badia Montescalari, dove ad accogliere i curiosi si trova un primo cartello che come da immagine, spiega il passaggio dei tedeschi nella zona durante la seconda guerra mondiale: l’occupazione in loco e in seguito la liberazione da parte della brigata partigiana Sinigaglia. Seguendo il sentiero, si ammira un Cerro dai cento rami, un albero dalla chioma maestosa, che è stato calcolato, avere circa un secolo e mezzo di vita. Solo dopo poche centinaia di metri, ecco l’abbazia.
La struttura,nasce come ospizio per pellegrini, qui posto strategicamente per presenza in zona della antica via Cassia Adrianea; presto diventa prima una comunità monastica, poi tra il 1040 e il 1043 l’insediamento religioso, che era intestato a San Cassiano, abbracciò la riforma vallombrosiana. Dinanzi alla chiesa è murata una lapide che ci informa che il 26 Maggio 1212 la stessa chiesa venne consacrata dal Vescovo di Fiesole Ranieri. Fu poi nei primi anni del ‘600 che l’abbazia venne ampliata fino ad assumere i caratteri di una villa signorile. Poi la catastrofe con le battaglie della seconda guerra mondiale quando alcune parti di questo capolavoro vennero rase al suolo.
Proprio durante questa ultima fase è andata perduta un opera del Verrocchio, che consisteva in una delle campane del torrione demolito. Oltre alla sua presenza si rileva quella dello scalpellino Bartolomeo di Berto di San Donato che durante gli ultimi ampliamenti realizzò un loggiato superiore, con colonne in pietra serena e colonne in ordine tuscanico, che posano su un davanzale in pietra. Ma la meraviglia inaspettata di questa abbazia è ancora visibile dalla facciata: sopra la porta di ingresso c’è uno stemma in terracotta invetriata con le insegne dell’abbazia, eseguito nel 1505 da Luca della Robbia (il giovane). L’incontestabile azzurro tipico dei Della Robbia nello stemma risplende tuttora sul grigiore della struttura. Il passaggio dei Della Robbia in Valdarno è infatti certificato da altre opere più note, quali gli stemmi araldici sulla facciata di Palazzo d’Arnolfo a San Giovanni Valdarno e il Tempietto nel Museo di Arte Sacra della Collegiata a Montevarchi.
Sul portale della facciata dell’abbazia Dopo i danni subiti durante la seconda guerra mondiale, venne intrapresa una campagna di restauri che portarono all’eliminazione delle varie aggiunte e fu possibile recuperare l’originale paramento murario in filaretto. Dal 1830 al 1980 circa è stata proprietà della famiglia Rosselli del Turco. Negli ultimi decenni l’Abbazia ha cambiato proprietà.