Ogni 25 maggio, grazie all’ANPI e al gruppo di partigiani XXV Maggio, la montagna si accende in memoria dei partigiani, che nel 1944 sfidarono l’editto fascista di consegnare le armi e arrendersi al regime accendendo dei fuochi come simbolo di lotta al fascismo.
In pieno regime fascista, il 15 maggio 1944 le autorità emisero un’ordinanza contro i gruppi armati anti fascisti: consegnare entro dieci giorni le loro armi e sottomettersi al regime. Chi non eseguiva i comandi, andava in contro a morte certa per fucilazione. Ovviamente, quest’ordine aveva uno scopo preciso, cioè spogliare la Resistenza italiana delle sue forze armate per sconfiggerla. Ma nemmeno la paura di una morte certa piegò i partigiani: infatti, secondo la tradizione, nessuno si consegnò al Fascio. Anzi, quest’ultimatum mise in moto una reazione forte e collettiva da parte del gruppo partigiano aretino, che, la sera della scadenza dei dieci giorni, accese per tutta la montagna una serie di fuochi. Fu un atto coraggioso, che spronava il popolo a continuare ancora la loro lotta.
Così l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), con la brigata partigiana XXV maggi, ogni anno per questa ricorrenza organizza la riaccensione dei fuochi partigiani, che 79 anni fa simboleggiarono la lotta al fascismo. Anche quest’anno la sera del 25 maggio si sono riaccesi i fuochi, oggi sottoforma di riflettori, presso la Croce del Pratomagno, il Cocollo, Civitella, Cavriglia, Secchieta, Poggio alla croce, per un totale di ben 14 riflettori fra il Valdarno aretino e fiorentino. Importante manifestazione quindi per un evento storico lontano, ma vicino.