18, Dicembre, 2024

Il Parco che fu: la storia del Parco Naturale di Cavriglia e dei suoi animali

Articoli correlati

In Vetrina

Più lette

In Vetrina

Il Parco Naturale di Cavriglia rimane nella memoria di molte generazioni valdarnesi e la sua fortuna, evoluzione e, infine, declino non sono di facile lettura. Tuttavia, il filo comune che accomuna la memoria collettiva è il rispetto dimostrato nei confronti degli animali che vivevano all’interno del Parco una volta chiuso. Ecco la sua storia.

Il Parco Naturale di Cavriglia nacque inizialmente come oasi naturale di specie animali autoctone. Era il 1978 e la storia del Parco era solo all’inizio: infatti, col passare degli anni, questa struttura crebbe enormemente accogliendo anche numerosi esemplari di animali esotici donati in segno di amicizia; animali i cui padroni non potevano più occuparsene, ma anche specie selvatiche da salvare. A breve, così, il Parco di Cavriglia si trasformò in un Parco-zoo. La cooperativa che si occupava del Parco (assieme all’aiuto dell’Amministrazione Comunale) pensò di realizzare un maneggio a metà anni Ottanta, una piscina pubblica e dieci bungalov per le vacanze. Sorse, poi, un ristorante nel quale si svolsero diverse nozze, ma anche un ostello che ospitava giovani studenti provenienti da tutta Italia per lavorare presso il punto di ristoro, ma soprattutto occuparsi di tutti gli animali presenti. Fra gli anni ’80 e ’90, il Parco offrì davvero tanti divertimenti ad adulti e bambini, dai giochi a specifici percorsi pensati, come quello della salute intorno al laghetto o quello didattico inerente alla flora e fauna.

Purtroppo, con il passare degli anni il Parco cadde in uno stato di degrado e abbandono. I motivi sono molteplici e non di facile natura: in primo luogo, esso richiedeva un dispendio economico enorme per la cura degli animali e la loro sicurezza, come ad esempio la necessità di avere sempre delle recinzioni adeguate, che non permettessero la fuga dei vari esemplari. Il Comune di Cavriglia, negli anni, si è sempre dimostrato aperto al confronto, ma al contempo fermo nel riconoscere che, intorno al 2014, la storia del Parco era finita. I lavori di recupero e di messa in sicurezza erano davvero enormi e nonostante gli sforzi dei volontari sul ripristino delle varie recensioni e il miglioramento degli spazi degli animali, la chiusura era decisa. Ne seguì un unicuum nel territorio italiano: il trasferimento di tutti gli animali ancora presenti nel Parco in diverse strutture. Dal 2016, in via definitiva, venne deciso dal Comune che il Parco zoo sarebbe dovuto diventare una nuova realtà, una nuova risorsa naturale a disposizione della comunità. Sul futuro del Parco torneremo, però, più avanti.

Una volta decisa la chiusura del Parco, era fondamentale occuparsi delle restanti specie animali che ancora vivevano nel territorio cavrigliese in attesa del trasferimento. Nell’ottobre 2014, un primo accordo fra il Comune e la Lega Antivivisezionista LEAL portò a un piano di recupero degli animali, come ad esempio quello ideato per il noto Orso Bruno, vissuto per quasi quarant’anni nella struttura. Nel giugno 2015, infatti, venne lanciata l’iniziativa “IoStoConBruno” con la quale la LEAL mirava a trovare dei volontari in grado di aiutare questo anziano orso. La storia dell’orso Bruno, però, inizia insieme al Parco stesso.

Quando venne fondato il Parco alla fine degli anni ’70, il Comune di Cavriglia decise di dedicarlo alla memoria del partigiano russo Nikolaj Bujanov, morto a Castelnuovo dei Sabbioni l’8 luglio 1944. Egli, deportato dai nazisti proprio a San Giovanni Valdarno, decise di continuare la sua lotta al nazifascismo unendosi ai partigiani valdarnesi e proprio durante un conflitto a Cavriglia, secondo la tradizione orale, egli cadde vittima del fuoco nemico perché rifiutatosi di ritirarsi per salvare i suoi compagni. L’ex Unione Sovietica, per ringraziare il Comune valdarnese di questo gesto, decise di donare al Parco tre esemplari di animali provenienti dallo zoo di Tallinn (Estonia), fra i quali proprio l’orso. L’orso Bruno ha raggiunto poi un’età davvero importante per la specie, vivendo ben 36 anni. La sua longevità fu dovuta senz’altro anche alle cure dell’ex veterinario del Parco, Mauro Della Gatta, che per anni ha assistito l’orso. Molti ricorderanno il racconto sull’appassionato veterinario che, ogni mattina, si fermava al bar per comprare un cornetto a Bruno affinché prendesse tutte le sue medicine. L’ultima fase della vita dell’orso Bruno è stata caratterizzata da problematiche di salute importanti, date dalla sua estrema vecchiaia, e motivo per il quale l’orso è rimasto fino alla fine dei suoi giorni nel Parco e non è stato mai trasferito. Nell’ottobre 2016, l’orso morì e le sue ceneri vennero sparse nel Parco stesso, dove lui aveva vissuto tutta la sua vita.

All’interno del Parco, però, si potevano vedere tante altre speci di animali: lama, lupi, pecore, bisonti, struzzi, capre, pony, cavalli e macachi giapponesi. Il progetto di trasferimento degli animali, promosso da LEAL e dal Comune di Cavriglia, prevedeva infatti lo spostamento di tutte queste specie in luoghi più adatti, come riserve naturali. Come nel caso dei diciotto macachi giapponesi che nel luglio 2016 furono tutti trasferiti in un’oasi naturale in Olanda, grazie al lavoro dei volontari, del Comune, di esperti e del dottor Della Gatta. I diciotto esemplari, compreso un piccolissimo macaco, soprannominato appunto “Ultimo”, in quanto nato poco prima del trasferimento. Come, anche, nel caso del bisonte americano Arturo, che dopo qualche peripezia lasciò il Parco di Cavriglia alla volta di Santa Paolina Farm di Osimo in Abruzzo, nella quale è morto alla veneranda età di venticinque anni nel 2020. Quest’ultimo è stato anche l’ultimo ospite del Parco Naturale di Cavriglia.

Ad oggi, il Parco Naturale di Cavriglia non ha ancora trovato una sua nuova veste. Leonardo Degl’Innocenti o Sanni Sindaco di Cavriglia in merito spiega: “Il Parco ad oggi è così anche se noi come Amministrazione abbiamo fatto l’impossibile per poter attuare dei processi di rivalorizzazione nel corso degli anni. Quando diventai Sindaco di Cavriglia, la mia prima preoccupazione fu quella di occuparmi degli animali, li abbiamo trasferiti e spostati in delle zone in cui avrebbero potuto stare meglio, nonostante stessero bene anche al Parco, basti ricordare la longevità dell’orso, esemplare cresciuto in cattività che ha raggiunto quasi quarant’anni di vita, come testimonianza del fatto che gli animali stessero bene. Così come altri animali furono trasferiti, nel momento in cui ritenemmo anacronistico che gli animali stessero in quel luogo”.

Per quanto riguarda il difficile futuro del Parco naturale, “Abbiamo fatto due bandi per intercettare qualche imprenditore, come per il Parco dello Sport, che invece è andata a buon fine, così come per altre aree- spiega ancora il Sindaco– Invece, per il Parco, l’interesse è difficile intercettarlo, trovare qualcuno che investe tanto per un’area così lontana e che ha perso anche d’interesse, le persone hanno cambiato abitudini e il Parco ha perso un pò la sua attrattiva. I bandi così sono andati persi, ma noi stiamo ancora cercando, abbiamo infatti un bando aperto con il Camping Orlando, unici che attraverso investimenti enormi sono riusciti a portare nella zona davvero tanti turisti ogni anno. Cerchiamo di coinvolgere loro anche solo per un risanamento ambientale dei boschi e dei sentieri, quindi proiettare le varie attività del camping all’esterno della struttura. Il tavolo con loro, però, non so dove ci porterà. Nel corso degli anni si sono affacciati dei giovani, ma il problema è che le normative vigenti presuppongono investimenti di milioni di euro, nonostante lo stato di degrado attuale perché, anche se fosse perfetto, ci vorrebbero tanti soldi sebbene il posto sia ancora bellissimo”.

Le fotografie meno recenti sono state prese dalla pagina Facebook “C’era una volta il Parco di Cavriglia”

 

Articoli correlati