25, Agosto, 2024

Storia del sentiero del “fosso macinante”, che collegava Faella a Montecarelli: un percorso oggi dimenticato

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C’è un sentiero antico che, partendo dalla cappella degli Stagi, a Faella, porta fino all’oratorio di Montecarelli, sulle colline di Pian di Scò. Porta il nome di sentiero del “fosso macinante”, e la sua è una storia curiosa, testimonianza di un’economia locale che era basata sui mulini, e sullo sfruttamento della forza dell’acqua. Un sentiero che oggi è finito in disuso, nonostante i tanti tentativi di valorizzarlo che la popolazione di Faella ha compiuto: lungo il percorso, negli ultimi decenni, erano state installate anche le croci della via crucis, ma oggi la vegetazione alta e alcuni smottamenti lo rendono quasi impraticabile nella sua interezza.

Eppure in alcuni tratti si conserva ancora il pavimento in acciottolato originale, e la vista che offre il percorso, finché è possibile camminarvi, è suggestiva per scoprire angoli di Faella e delle balze, dall’alto. Lo percorriamo guidati da Giancarlo Guivizzani, che per anni è stato Governatore della Misericordia di Faella ed è un appassionato di storia locale. “È un vero peccato che non esista un valido progetto di conservazione di questo sentiero – dice – eppure avrebbe un valore storico e paesaggistico davvero rilevante”.

Il percorso, come detto, collega la Chiesa di San Jacopo a Montecarelli alla località Stagi e da qui a Faella, ma aveva anche un altro sbocco, verso Villa Raffantini, poco fuori dall’abitato faellese. Si può pensare che sia stato sfruttato a lungo, per alcuni secoli molto probabilmente, anche perché correva accanto ad un torrente che ha rappresentato un punto di riferimento per l’economia locale: il canale artificiale del Resco Simontano, le cui acque furono incanalate da Pian di Scò, probabilmente prima del 1400, facendolo scendere giù a velocità torrentizia per azionare, nel corso degli anni, ben quindici mulini situati nello spazio di circa cinque chilometri, gli ultimi tre dei quali posizionati proprio lungo il percorso fino alla località Stagi.

Scrive Roberto Cellai: “È ovvio che la via di Montecarelli abbia trovato la sua più grande utilità dopo la costruzione del ‘fosso macinante’. Verosimilmente il fossato artificiale deve averla potenziata con il trascorrere dei secoli, dato che questa realizzazione idraulica, per circa seicento anni, è stata il sostegno dell’economia della zona”. Un’economia che, come racconta anche il professor Carlo Natali nell’articolo “Il fosso macinante del Piano di Scò e il sistema dei Mulini”, era cresciuta proprio grazie alle acque del canale artificiale del Resco, che oggi non esiste più (il canale è stato modificato, deviato o tombato in occasione della costruzione dell’acquedotto); e dei numerosi mulini che venivano azionati dalla forza delle acque, mulini con macine e fucine con ruote a pale, le cosiddette “ritrecine” (parola che ritorna in curiosi modi di dire tutti toscani), che funzionavano in posizione orizzontale.

Insomma un sentiero che, se recuperato e valorizzato, potrebbe raccontare la storia stessa di tutta quell’area.

 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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