24, Novembre, 2024

Dallo scarabocchio mentale a l’opera d’arte: l’introspezione creativa di Francesco Martini

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Francesco Martini, artista e performer venticinquenne, racconta la propria arte e il percorso col quale si è avvicinato ad essa. Il giovane valdarnese, studente di Belle Arti, ha partecipato ad alcuni concorsi artistici e può definirsi in attività da sette anni con un totale di 10 esposizioni tra collettive e personali. Ha realizzato 7 performance culturali e partecipato ad una residenza artistica.

La ricerca artistica di Francesco fonda le sue radici nel suo passato e da subito ha la pretesa di esplorare la parte psicologica, in particolar modo gli aspetti che si legano all’inconscio dell’artista. La sua arte diventa logica espressione di esigenza di introspezione sui passi di un cammino talvolta difficoltoso: infatti i primi disegni di Francesco risalgono all’infanzia, quando per lui un diario e una matita erano lo sfogo principale che aveva per liberarsi da situazioni di bullismo derivate dalle sue difficoltà di apprendimento. Francesco:”Ho varie difficoltà di apprendimento quali la dislessia, disortografia, discalculia, e daltonismo che mi hanno rallentato nel percorso scolastico. Dalle elementari, alle superiori, è stato abbastanza difficile. Ho riscontrato molto questo problema quando nell’età compresa tra le scuole elementari e medie, molte persone non sono state in grado di accompagnarmi nella comprensione, e nel capire cosa provavo e le difficoltà che avevo. Spesso, senza distinzione di età, sono stato bullizzato e conseguentemente emarginato; così ho dovuto comprendere da solo quelle sensazioni. Si può dire che da lì parte la mia ricerca: in modo più o meno consapevole.”

Continua Francesco:”L’arte mi ha aiutato molto nel liberarmi, mi ha aiutato molto nell’affrontare quello che sono – è come se fosse completamente un altro mondo, un universo parallelo, dove: in una vita, in un determinato momento della vita, sono stato un gradino indietro; invece nella vita su tela riesco veramente ad essere me stesso. Senza essere giudicato, senza essere additato, senza essere discriminato per la persona che sono e questo, fin dalle elementari, mi ha aiutato molto. L’arte ha avuto tutto un percorso incredibile per me, che mi ha salvato da tante situazioni. Durante la performance, durante lo scarabocchio mentale che comunque è uno sfogo di tutti i pensieri che ho, è sempre stato un collegamento tra lo scarabocchio che facevo sul diario e quello che faccio sul foglio, o nella performance. Come se questa tela qui, da bambino l’avessi piano piano sempre più ingrandita fino ad arrivare a 1,50m x 1,50m e ancora oggi tutto questo, mi libera totalmente. ”

“Spero che anche il mio esempio possa dare ispirazione a tanti altri ragazzi che sono vittime di bullismo ed altre discriminazioni perchè l’arte aiuta, l’arte salva in tutto e per tutto”

Le immagini appena sopra si riferiscono a l’ultima residenza artistica di Francesco Martini, Chiasso Perduto. In questa esperienza quello che porta l’artista al centro dell’esplorazione, si manifesta in una gestualità libera ma consapevole, che trova nel caos uno spazio aperto e un veicolo per entrare in contatto con l’inconscio. Scarabocchiare diventa così un’azione performativa controllata e lasciata al caso, mostra un gesto che ha una funzione subliminale di potenziare la concentrazione, mettere ordine nel caos mentale e permettere alla memoria di radicare le percezioni. Francesco articola questi gesti partendo dall’uso del carboncino; con un primo approccio monocromatico indaga il rapporto del corpo con il grafismo, proprio perchè non ci sono interruzioni, il disegno finisce solo nel momento in cui lo strumento usato si spezza o si consuma senza mai perdere contatto tra corpo e superficie. In secondo luo introduce il colore, un’altra sua sfera intima e unica.

Franscesco:” Credo che ognuno di noi anche solo una volta abbia realizzato uno scarabocchio, e non necessariamente con la matita o carboncino, ed è in quel momento di realizzazione che vediamo ogni tipo di rabbia, gioia, tristezza o paura. Lo scarabocchio è così semplice ma così personale: esso aiuta a liberarsi di ogni pensiero, aiuta a svuotare la testa, a lasciare sul foglio tutto quello che siamo, arriveremo a domandarci, ” è arte? O terapia?”.

“Vorrei riuscire a collegare il mondo come una grande rete, un grande scarabocchio, esso può divenire un vincolo tra arte e non arte. L’essenza creativa è intrinseca a noi, indipendentemente da quello che realizziamo; così come lo scarabocchio che diventa una nostra espressione unica d’identità.”

 

 

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