Giada Todisco, biologa nutrizionista, laureata al Campus Bio-Medico di Roma, è specializzata in nutrizione clinica patologica. Si occupa inoltre di dimagrimento e miglioramento del disagio estetico, trattamento di disturbi alimentari e collabora con il Coni curando l’alimentazione degli sportivi. La dottoressa Todisco è attiva in Valdarno, presso il centro LN Medical Service di Castelnuovo di Sabbioni dove riceve su appuntamento, e in diverse città italiane tra cui Milano e Roma.
Dottoressa, con quali pazienti lavora generalmente?
“L’aver approfondito molteplici ambiti della nutrizione, mi consente oggi di lavorare con un ampio target di pazienti. Quando si parla di nutrizione la specializzazione tuttavia è relativa, può variare l’approccio, ma il campo di applicazione è lo stesso che si abbia a che fare con bambini, sportivi o adulti. La base del mio metodo di lavoro è senz’altro la dieta mediterranea che, con i suoi parametri di riferimento rappresentati dalla famosa piramide alimentare, è stata dichiarata patrimonio dell’Unesco. La sua efficacia consiste nel non avere alcuna controindicazione e il che significa che può essere seguita da tutti indistintamente. Da qui inizia l’elaborazione dei piani alimentari per i mie pazienti, ma non prima di aver compreso a fondo le loro abitudini, il loro stile di vita, le loro esigenze e i loro gusti al fine di rendere la loro dieta prima di tutto sostenibile. La personalizzazione è fondamentale ed è la garanzia del funzionamento in un regime dietetico controllato e il raggiungimento del risultato atteso. A questo si aggiunge poi la capacità del paziente di mantenere in autonomia le corrette abitudini alimentari acquisite durante il periodo in cui è stato seguito”.
E con i bambini qual è l’approccio che predilige?
“Ai bambini non faccio mai percepire che sono a dieta. Parlo prima con i genitori e cerco di indagare sulle abitudine familiari a tavola in modo da rendere la proposta alimentare gradevole e funzionale quanto più possibile a tutti. Questo perché mangiare, soprattutto in famiglia, è anche convivialità e condividere il pasto aiuta il paziente nel raggiungimento degli obiettivi prefissati”.
Come si svolge la prima visita?
“Durante la prima visita cerco di indagare approfonditamente sulle abitudini alimentari del paziente per capirne al meglio stile di vita, orari e routine. Segue la valutazione del quadro patologico, la lettura di analisi del sangue ed eventuali analisi cliniche, per poi passare al controllo dello stato nutrizionale attraverso le misurazioni antropometrica (altezza e peso), delle circonferenze corporee e l’esame bioimpedenziometrico. Con quest’ultimo si valutano massa grassa, massa muscolare, metabolismo basale, fabbisogno calorico giornaliero e idratazione. Parametri che consentono di applicare un metodo e stilare un piano alimentare perfettamente in linea con le esigenze del paziente. Spesso si pensa che sia il peso a tracciare le linee per una dieta corretta, ma in realtà, per quanto indicativo, non è sufficiente per fare valutazioni complete e efficaci. Basti pensare ad esempio come questo può variare nelle donne per ragioni di natura ormonale come l’arrivo del ciclo mestruale”.
Durante il periodo della pandemia è stata registrata un’impennata nei casi legati ai disturbi alimentari. Cosa può riportarci dalla sua esperienza?
“Tale dato ha aumentato l’attenzione verso questo tipo di disturbi, a tal punto che oggi si parla proprio di patologia e non più di “capricci” come invece spesso sono stati definiti e banalizzati questi comportamenti alimentari. Si tratta di una patologia complessa che deve essere affrontata a livello multidisciplinare perché la sola nutrizione non basta alla risoluzione di una problematica che generalmente compare contestualmente o in seguito a situazioni disagianti. Per questo motivo è preferibile intervenire sinergicamente abbinando un percorso di psicoterapia a un piano che mira a una graduale rieducazione alimentare”.
Quali sono i disturbi alimentari più comuni?
“Sono tre: anoressia, bulimia e binge eating disorder (alimentazione incontrollata). Il prototipo anoressico si identifica facilmente poiché associabile a un’evidente magrezza, anche il binge eating è riconoscibile per una condizione di obesità, mentre quello bulimico non è deducibile a occhio nudo. In ciascun caso tuttavia è fondamentale l’approccio congiunto di nutrizionista e psicoterapeuta. La fascia di età in cui cominciano a presentarsi i disturbi alimentari si è abbassata molto nei ultimi anni e i primi segnali compaiono già durante le scuole elementari quando i bambini iniziano a idealizzare dei canoni estetici di un certo tipo. Resta dunque fondamentale, al fine di superare e risolvere la patologia, adottare un approccio congiunto attraverso l’intervento di psicoterapeuta e nutrizionista perché il disturbo alimentare generalmente deriva da traumi e disagi di altra natura”.