14, Agosto, 2024

Quindici anni fa l’incidente in cui morì Beatrice Bossini, pilota valdarnese. La passione per le moto: “Imparò a guidarle prima che andare in bici”

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Era il 12 agosto del 2009 quando in un incidente in pista a Rijeka, in Croazia, perse la vita Beatrice Bossini, mentre si stava allenando. Aveva diciotto anni, vissuti tutti con una grande passione: quella per le moto. “Aveva imparato ad andare in moto prima ancora che in bicicletta”, ricorda la mamma Paola, presenza instancabile insieme al babbo Riccardo e alla sorella Veronica al suo fianco: accompagnandola ad ogni gara, diventando il suo speciale ‘team’ nei circuiti e nella vita.

Erano con lei anche quel 12 agosto di quindici anni fa, tutti insieme in vacanza, e avevano approfittato del viaggio per una sessione di allenamento sulla pista croata. Una caduta si rivelò fatale per Beatrice, che non ebbe scampo nonostante i soccorsi.

Classe 1991, sangiovannese, Beatrice ha affrontato fin dall’inizio il mondo delle due ruote con caparbietà e costanza, il carattere di chi non si arrende. Ha appena 4 anni quando inizia a correre con le moto da minicross, che poi lascia qualche anno dopo per passare alle minimoto, con ottimi risultati. A 15 anni affronta il trofeo Junior GP Aprilia: e alle selezioni riesce ad entrare nei 30 iscritti al campionato, nonostante sia la sua prima esperienza in assoluto. Corre la Mototemporada, e poi il CIV. Infine passa alle quattro tempi, tra 600 Stock nel Campionato Italiano Velocità, Trofeo Kawasaki e Campionato Italiano Motocicliste, con la sua Kawasaki 600 e il suo numero, il 72.

Sorriso dolce ma sguardo grintoso, Beatrice sapeva bene quello che voleva. “Fin da piccola ha mostrato la sua passione per le moto, e noi l’abbiamo seguita e sostenuta, anche con tanti sacrifici. Prima con il cross, poi le minimoto e poi le moto da corsa in pista”, racconta ancora Paola. “Amava quello che le regalava la competizione, diceva sempre che nel momento in cui tirava giù la visiera c’era solo lei, su quella moto. E c’era tanta soddisfazione nei suoi occhi quando riusciva a raggiungere risultati importanti”.

E quei risultati li ha raggiunti, tra l’altro, in un mondo ancora molto maschile: “Ma a lei questo non importava, quando era in pista per lei contava solo mettere la sua ruota davanti a un’altra. E anche gli altri le riconoscevano la sua competenza e il suo valore, il fatto che fosse una ragazza in mezzo a tanti ragazzi passava in secondo piano. Almeno questo era l’atteggiamento che anche noi tenevamo, con la speranza di trasmetterlo a lei”.

Anche dopo la morte di Beatrice, Paola e Riccardo non hanno mai abbandonato il mondo delle moto, rimanendo parte attiva del CIV. “Abbiamo trovato qui una rete di relazioni nate grazie a Beatrice, che abbiamo deciso di portare avanti. Ci sono persone che sono state al nostro fianco, non ci hanno fatto sentire soli. E in questi quindici anni siamo andati sempre avanti con il nostro impegno”.

A ricordare ogni anno Beatrice c’è anche il Motoraduno delle Manette del Valdarno: “L’incontro con loro – spiega Paola – fu un caso. Erano i primi mesi del 2009, eravamo con Beatrice a sistemare la moto, incontrammo uno dei fondatori del motoclub, che era appena nato: la invitò a prendere parte al primo raduno che si sarebbe tenuto in autunno, con la sua Kawasaki, Beatrice avrebbe dovuto aprire il corteo. Purtroppo lei morì in agosto, e così quel primo motoraduno fu dedicato alla sua memoria. Da allora, ogni edizione è dedicata a lei, da quindici anni”.

 

 

Glenda Venturini
Glenda Venturini
Capo redattore

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