Dopo 40 anni di servizio l’ AVO si racconta: tira le fila su ciò di cui ha bisogno e ciò che riesce a fare, ciò che da e ciò che riceve.
L'associazione volontari ospedalieri, AVO, agisce sul territorio da circa quarant'anni e si occupa di servizio giornaliero ai ricoverati nel presidio ospedaliero in modo totalmente gratuito. Abbiamo parlato con Giovanni Rabizzi, presidente dell'associazione nel Valdarno.
Che tipo di assiociazione è l'AVO? "AVO è un'associazione del dare più che del fare; Ovvero è un'associazione senza alcun fine di lucro dove le persone mettono a disposizione un paio di ore la settimana per dare un po' di sé al prossimo. Alcune volte basta veramente molto poco per riuscire a dare qualcosa di cui le persone ricoverate hanno bisogno. Un sorriso, due chiacchiere, un silenzio condiviso, una stretta di mano possono essere di conforto e di incoraggiamento."
Il gruppo dei Clown, che fa parte di AVO, in cosa consiste? "I clown nascono 10 anni fa per dare un'attenzione ancora più particolare al reparto di pediatria e in generale ai bambini ricoverati. I volontari di questo gruppo si vestono da clown proprio per divertire, sdrammatizzare ed essere riconosciuti come persone amiche. Per fortuna all'ospedale della gruccia non ci sono moltissimi ricoveri di bambini, quindi i clown riescono a coprire anche qualche festa e manifestazione in più nel momento in cui viene richiesta la loro presenza."
Come si diventa volontari AVO? "L'iter burocratico è leggermente più lungo rispetto ad altri tipi di volontariato ,ma semplicemente per il fatto che si entra in una realtà particolarmente complessa. Si chiama la segreteria e si fissa una specie di colloquio, una chiacchierata dove vengono spiegate un paio di cose e il nuovo volontario firma dei fogli dove si impegna a frequentare il corso di formazione. Poi c'è una fase di tirocinio, ovvero di servizio accompagnato da un tutor – solo dopo di questo si inizia a fare servizio da soli e si sceglie due ore di un giorno la settimana in cui poter donare il nostro tempo agli altri".
In cosa consiste il corso di formazione? "Si tratta di otto incontri sui temi del servizio e della malattia. Quest'anno, il quinto incontro, il 26 Ottobre, sarà particolare perchè AVO Valdarno compie 40 anni, quindi sarà l'occasione per festeggiare insieme anche a personaggi che stanno molto a cuore alla nostra storia. Inoltre è un'occasione per sensibilizzare ancora di più le eprsone sui temi del nostro volontariato. Tutti gli anni andiamo nelle scuole a presentarci per cercare di incuriosire i giovani, ma nonostante il buon riscontro, ultimamente non è mai abbastanza".
Quanti volontari sieteattualmente? "Un'ottantina e non sono pochi, ma siamo stati molti di più! Ci arrivano richieste da parte di privati ambienti di ricovero privati ma siamo consapevoli che non possiamo coprire tutto. Ad ora continuiamo ad operare principalmente all'ospedale della gruccia, e alle case di riposo di San Giovanni e Montevarchi".
Come vi distinguete dai dottori? Come vi approcciate alle persone? "Funziona così: si arriva nel reparto assegnato e non ci sono distinzioni di persone, e di stanze, tutti sono uguali per noi nel momento in cui arriviamo. Poi entriamo ed abbiamo un camice con un colletto bianco e rosso, un ricamo sulla tasca sul petto con scritto AVO ben colorato e sotto ognuno il suo cartellino col nome. Spesso appena entriamo le persone dicono – Prego dottore, entri! – e noi rispondiamo che no, non siamo dottori, ma vorremmo stare lì a tenere un poca di compagnia , allora spesso ci chiedono – ma ti devo dare dei soldi? – e rispondiamo di no. Da qui in poi ognuno ha il suo metodo, le sue sensazioni e i suoi tipi di dialogo. In alcuni reparti non c'è assolutamente bisogno di parole,semmai di una condivisione di silenzi, un abbraccio, un sorriso, tutto sta nel tendere l'orecchio e osservare attentamente. Credo che sia importante la nostra figura all'interno dell'ospedale perchè, noi non possiamo fare niente, non siamo dottori, ma possiamo regalare quel lato puramente umano che spesso i dottori non possono avere. Quella là è la nostra competenza e pensiamo che sia veramente necessaria."
Come si è avvicinato a questo mondo? "Sono passati vent'anni. Mia moglie era volontaria a San Giovanni ma purtroppo dovette smettere e mi incoraggiò ad entrare in questo mondo, perchè mi avrebbe dato veramente tanto. E così è stato, adesso mentre finisce il mio mandato da presidente penso a cedere il posto nella speranza che questa crisi nel numero dei volontari si vanifichi."