18, Dicembre, 2024

Altro che oro blu: le acque superficiali, utilizzate per la potabilizzazione in Valdarno, sono sempre più inquinate

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Un rapporto Arpat mette in luce il cattivo stato delle acque superficiali utilizzate per la potabilizzazione. Un peggioramento progressivo negli anni, che evidenzia i problemi del territorio valdarnese. E a Matassino è allarme per i pesticidi: concentrazione di residui di fitofarmaci record.

Le condizioni delle acque superficiali sono talmente peggiorate negli anni che Arpat ha dovuto prevedere una nuova categoria inferiore a quelle estitenti. E in Valdarno il segno è di profondo rosso. Una situazione preoccupante considerato che si tratta delle acque che vengono successivamente trattate e rese potabili da Publiacqua

È un dossier allarmante quello realizzato dall’agenzia toscana “Monitoraggio delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile”. Lo studio si riferisce al triennio 2012-14 e classifica le acque analizzate in tutta la Toscana. I dati che emergono sono molto preoccupanti e devono far riflettere.

Lo studio di Arpat parla chiaro: “Si conferma il trend in peggioramento degli ultimi anni della qualità delle acque superficiali destinate alla produzione delle acque potabili, che evidenzia la totale assenza di corpi idrici in categoria A1, una ulteriore riduzione di quelli in categoria A2 e un incremento di quelli in categoria A3 e subA3 (di qualità inferiore alla A3), che insieme rappresentano attualmente il 90% dei corpi idrici valutati e per i quali sono necessari i trattamenti di potabilizzazione più spinti”.

La classificazione delle acque è di tre categorie, in ordine decrescente al diminuire della qualità: A1, A2 e A3. Ma Arpat ha previsto una nuova categoria inferiore: “I risultati analitici del periodo sono confrontati con i valori guida e valori imperativi riportati nella tabella 1/A e per ogni parametro viene indicata la categoria di appartenenza da A1 ad A3. Successivamente al punto di monitoraggio viene assegnata la relativa classificazione tenendo conto del peggior risultato tra i vari parametri analizzati”.

“A causa della qualità progressivamente più critica delle acque, negli ultimi anni è stata introdotta un’ulteriore classificazione denominata SubA3, quando uno o più parametri determinati nel punto di monitoraggio superano i limiti previsti per la classe A3, cioè hanno caratteristiche qualitative inferiori alla classe A3″.

E le acque grezze valdarnesi non si salvano dal trend. Problemi ai parametri di temperatura dell’acqua, ma anche presenza di solfati, manganese e pesticidi. E proprio per quest’ultimi, la stazione di Figline (Arno – Matassino) è il peggiore tra quelli rilevati: “Sono state ritrovate fino a 31 diverse sostanze attive nello stessa stazione di monitoraggio nel periodo considerato (POT-046 Arno – Figline Matassino)”. Matassino è anche al secondo posto per i residui di fitofarmaci in concentrazione uguale o superiore a 0,10 µg/L (limite acque potabili D. Lgs. 31/2001): 0,511µg/L.

Tra le stazioni di campionamento che sono scesi di categoria: Torrente Marnia e Torrente Macereto – Sant’Antonio a Reggello, per il parametro delle salmonelle, e Le Scaglie a Cavriglia per le salmonelle il manganese e i tensioattivi. Ma tutte le stazioni di rilevazioni valdarnesi rientrano nelle ultime due categorie di classificazione. Si salvano solo il torrente Trana ed il torrente Chiesimone a Reggello, Carpine a Montevarchi e Campiano Pian di Scò (categoria A2). Purtroppo l’analisi di Arpat prende in considerazione gli ultimi anni ma non mette in luce le cause di questo disastro.

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