L’esperienza della pandemia di un giovane valdarnese in Francia: l’impossibilit di viaggiare, l’attesa del vaccino ma anche il paragone con il lockdown italiano
Manuel Medina, giovane ventisettenne sangiovannese, dopo la laurea in Italia sta continuando un dottorando in Fisica in un centro di ricerca a Saint-Louis, Francia. Racconta la sua esperienza della pandemia all’estero, le differenze tra i provvedimenti italiani e francesi e le difficoltà per tornare in Italia.
Cosa ti ha portato in Francia?
“Ho lasciato il Valdarno nel 2016 per continuare gli studi universitari dopo la triennale fatta a Firenze. Dapprima ho fatto due anni di Magistrale a Trento e ora sto continuando un dottorato in Fisica in Francia. Ufficialmente sono iscritto all'Università di Marsiglia ma in pratica lavoro in un centro di ricerca a Saint-Louis, al confine tra Svizzera, Francia e Germania.”
Quando vi siete resi conto che il virus era diventato un pericolo concreto? I giornali e i notiziari hanno iniziato subito a parlarne?
“All'inizio della pandemia non c'erano grandi allarmismi, c'erano poche notizie e non ci si preoccupava più di tanto, in generale si pensava fosse una questione che riguardava più che altro l'Italia. Le cose sono iniziate a cambiare solo dopo che l'Italia è entrata in lockdown a Marzo. Ricordo benissimo che c'era un'atmosfera un po’ "surreale" diciamo: via via che i contagi aumentavano tutti cominciarono a sospettare che saremmo andati in quarantena, ma si continuava a sperare non fosse vero e ad agire come se nulla fosse. Da lì in poi direi che le notizie dati dai siti di informazione erano in linea con quelle italiane, con il virus a monopolizzare le notizie”.
Hai avuto l’impressione che i provvedimenti dovuti al lockdown, venissero rispettati in linea di massima dalla popolazione?
“Fino all'estate 2020 le misure sono state simili tra i due paesi, con un lungo lockdown totale di circa due mesi. Dopodiché le cose sono un po’ cambiate: la Francia ha inizialmente usato una politica di dividere le regioni per colore, come l'Italia, ma quando poi a Ottobre sono diventate praticamente tutte rosse ha deciso di cambiare approccio e negli ultimi 5/6 mesi ha preso misure solo su scala nazionale. Devo dire che ho trovato personalmente questa soluzione migliore: avere regole uguali per tutti aiuta molto in termini di chiarezza su cosa si possa o non possa fare. In quel senso anche le comunicazioni del governo sono sempre state molto chiare e precise, anche per gente come me per esempio non madrelingua. Altra differenza importante è stato l'approccio con la scuola: in linea di massima le scuole sono rimaste per lo più aperte, soprattutto le elementari. Le uniche eccezioni sono state le Università, che per lunghi periodi sono state in remoto. In generale le misure restrittive da quel che ho visto sono state abbastanza rispettate dalla popolazione, almeno all'inizio. Con il passare del tempo però i controlli sono diventati molto più sporadici e di conseguenza le persone un po' meno attente”.
E’ stato necessario adattarsi a un vita “casalinga”, che ripercussioni ha avuto sul tuo lavoro ?
“Personalmente, il primo lockdown ho lavorato da casa, dove vivevo con dei coinquilini e non è stato terribile, tutto sommato mi sono adattato bene a vivere in casa. A fine Settembre la situazione è un po' cambiata: prima mi sono trasferito a vivere da solo e secondo essendo il mio un lavoro di ricerca in laboratorio andavo a lavorare di persona tutti i giorni. Dovevo quindi fare solo ed esclusivamente il percorso casa-lavoro tutti i giorni e non poter uscire a volte è stato pesante, ma in generale non insopportabile. Quello che veramente ho accusato tanto sono state le restrizioni ai viaggi. Sono solito viaggiare spesso e nel mio lavoro può capitare di dover andare a conferenze e cose così all'estero. Inutile dire che tutto questo nel 2020 non è successo … Anche tornare in Italia ha presentato qualche difficoltà: sia la Pasqua del 2020 che quella del 2021 non sono riuscito a tornare a San Giovanni Valdarno dalla mia famiglia. Per Natale per fortuna si e senza dover fare una quarantena. In quel caso la difficoltà più grande nel rientrare è stata piú che altro materiale: c'erano pochissimi mezzi (treni, pullman ecc.) e spesso in orari proibitivi diciamo: per esempio ho dovuto prendere dei treni notturni per rientrare in Francia a Gennaio”.
E’ stato possibile mantenere i rapporti interpersonali?
“Da ottobre a questa parte le attivitá come cinema e ristoranti sono sempre state tutte chiuse quindi non sono riuscito a mantenere nulla di quello facevo prima, quanto meno nei locali. Riapriranno solo questa settimana. Per quanto riguarda i rapporti interpersonali, diversi rapporti con amici e persone che vivono qui sono stati difficili da mantenere, non riuscendo a vedersi piú di tanto o per niente per svariati mesi. Paradossalmente, sono migliorati quegli con le persone piú lontane che avevo in Italia, soprattutto nel primo lockdown. Mi sono ritrovato a fare videochiamate con persone magari non sentivo da un po' di tempo e da allora con alcuni ci sentiamo molto più spesso. Direi quindi non sia tutto da buttare”.
Sei riuscito a vaccinarti? Come è stato accolto il vaccino dalla popolazione, speranza, paura o scetticismo?
“Attualmente, la situazione sembra in miglioramento, le vaccinazioni proseguono, anche all'inizio sono andati molto a rilento a causa di un po’ di scetticismo da parte della gente. Ora sembra stiano accelerando. Non rientrando in nessuna delle categorie a rischio, io non ho ancora diritto al vaccino, né credo che lo riceveró in tempi brevi. Chissà, forse dopo l'estate…
In conclusione, non saprei risponderti se un altro lockdown lo passerei di nuovo all'estero. Da un parte penso cambierebbe poco, le misure restrittive sono state simili nei due paesi quindi ci sarebbe poca differenza. Dall'altra parte avrei avuto più possibilità per vedere la mia famiglia più spesso”.