Sulla collina che sovrasta San Giovanni, si erge il convento di Montecarlo, luogo immerso nel verde che offre una vista mozzafiato e un rifugio di pace ai suoi visitatori. Fondato nel XV secolo dall’ordine francescano, il convento ha una lunga storia di trasformazioni e restauri, che oggi continuano sotto la guida dell’architetto Lorenzo Berna, impegnato nella creazione di una comunità che valorizzi il patrimonio spirituale e culturale del convento.
Situato sulla collina che domina San Giovanni, in direzione di Cavriglia, il convento di Montecarlo è raggiungibile attraverso due strade, la prima conduce al cimitero della Misericordia e la seconda, chiamata “La selice” e fiancheggiata da 14 tabernacoli della Via crucis, risulta più impervia. Il detto sangiovannese “Salire ai frati” fa riferimento proprio a questa strada in salita, che concede silenzio e pace mentre si raggiunge il convento.
Alla ricerca di pace: gli albori del monastero
Tutto iniziò quando un gruppo di frati del convento francescano di Ganghereto, a Terranuova, decise di spostarsi in un posto più tranquillo e isolato del nostro territorio. Proprio in quel periodo, verso la metà del XV secolo, il devoto francescano Carlo Ricasoli fece loro una donazione molto particolare: un’abitazione, convertita in convento, una nuova chiesa dedicata a San Giovanni Battista e ettari di terreno presso l’allora Monte Ortale, nelle vicinanze di San Giovanni. La cessione accadde esattamente il 5 settembre 1427 e da allora questo luogo ha preso il nome che tutti oggi conosciamo, il convento di Montecarlo in onore al donatore. Di questo primordiale convento non ci sono notizie certe, anche perché nel corso di un secolo questo venne ampliato con il vano del coro, la sagrestia, il dormitorio. Mentre nel 1598 la chiesa venne consacrata a San Francesco e il luogo venne ceduto ai francescani. L’aspetto del convento di Montecarlo già dal XVI secolo risulta abbastanza coerente con la sua attuale forma, quindi al piano terra il refettorio, la canova, la cucina, le cantine e la stanza “del fuoco”. Non mancavo, poi, la stalla, la peschiera, la spezieria, l’infermeria e al piano di sotto le catacombe.
Verso la seconda metà del 1700, il monastero di Montecarlo vide un periodo prospero, vennero ampliati e migliorati i locali e venne costruito il maestoso chiostro che ancora oggi caratterizza questo luogo. Non mancò nemmeno l’apporto artistico, infatti nel 1840 venne chiamato Luigi Ademollo per affrescare con “L’ultima cena” il refettorio e decorare le pareti della chiesa. Il convento passò poi nelle mani del Municipio di San Giovanni Valdarno e lentamente i frati abbandonarono l’edificio e ne rimasero solo due. Nello stesso periodo, il convento subì altre importanti perdite: “L’annunciazione” di Beato Angelico e “L’incoronazione della Vergine” di Neri di Bicci, che adornavano le pareti della Chiesa, vennero portate via e vi fecero ritorno solo nel dopo due anni. La svolta avvenne nel 1874, quando la famiglia Ricasoli riacquistò la proprietà per poi cederla nuovamente ai frati. All’alba del Novecento, il noto architetto Giuseppe Castellucci intervenne per ripristinare la chiesa alla sua forma architettonica settecentesca e nel 1919 il soffitto del coro venne dipinto con un cielo stellato per poi passare alla navata. Una volta finito il restauro della chiesa, furono collocate nel lato destro “L’Annunciazione”, sul lato sinistro “L’incoronazione della Vergine” e sull’altare venne posta una copia dell’ “Adorazione del Bambino” del Ghirlandaio.
Il restauro della chiesa, purtroppo, ha avuto vita breve. Nel 1944, con il passaggio del fronte e i combattimenti presso il convento, dove si era insediata una pattuglia tedesca, venne distrutto il coro e gran parte della volta della chiesa. Negli anni Cinquanta, il convento fu in gran parte trasformato per essere adibito a luogo di cura, con l’adattamento di camerate, la demolizione di alcune strutture e il trasferimento della biblioteca a Firenze. Tuttavia, il progetto non venne mai realizzato. Negli anni Sessanta e Settanta, furono effettuati restauri alla chiesa e al chiostro. Nel 1982, il convento fu ceduto all’associazione Mondo X per il recupero di tossicodipendenti, e da allora è stato adattato per accogliere la comunità, con ulteriori interventi previsti.
Il convento oggi: il racconto di Lorenzo Berna
La stessa pace e tranquillità perseguita dai frati francescani, la stava cercando Lorenzo Berna, architetto ed ex docente universitario fra Roma e Perugia, quando nel 2022 ha acquistato il convento, la chiesa di San Giovanni Battista e tutti i terreni circostanti. Intervistato dalla nostra redazione, Lorenzo Berna ha raccontato che, una volta andato in pensione, il suo sogno era trovare un edificio silenzioso e stimolante dove fondare una comunità, un luogo di incontro fra storia, arte, architettura e musica. Grazie ad una cugina badessa è entrato in contatto con i frati francescani e da lì è venuto a conoscenza di Montecarlo.
“Superava ogni mia aspettativa, era il posto ideale, così ho venduto tutto quello che avevo e ho destinato tutti i miei risparmi investendo in questo progetto- racconta Lorenzo Berna– Da qui nasce l’idea della Fondazione Be.St, con l’obiettivo di rivalorizzare al meglio questo luogo con l’obiettivo di creare una comunità, con l’adesione di persone che amano vivere qui e questo tipo di vita. Si tratta di un impegno, perché mantenete la struttura e assicurare una vita economica, in questi due anni molti mi hanno aiutato in attività minori come sistemare la biblioteca e fare il sito internet. Purtroppo ancora dal punto di vista economico non ho avuto alcun finanziamento pubblico o privato. Attualmente al convento vivo da solo con un mio amico sacerdote“.
Lorenzo Berna attualmente vive nel convento Montecarlo, con la sola compagna di un amico sacerdote, delle persone che saltuariamente si occupano della manutenzione della struttura e giardino e i molti turisti che, in questa torrida estate, hanno trovato ospitalità al convento. I locali, ad oggi, vivibili sono la “stanza del fuoco” è, adesso, riempita di libri e un lungo tavolo, una ricca biblioteca, le stanze della cucina, i locali della chiesa e un’ala da poco restaurata con 15 celle, non dotate di elettricità. Invece, quando Lorenzo Berna ha messo piede nella struttura, l’ha trovata completamente vuota, a causa di numerosi furti subiti negli anni. Molti amici hanno aiutato Lorenzo fornendogli mobilio antico o decorazioni varie, per rendere questo luogo come un tempo, sebbene ci sia ancora molto da fare.
Dal 2022, Lorenzo Berna ha infatti avviato numerosi lavori di recupero: “Abbiamo cominciato con la chiesa, la sagrestia e il chiostro. Già dal primo anno abbiamo fatto degli eventi, religiosi e non, come la celebrazione della consacrazione della chiesa. C’è una data dedicata alla chiesa (la domenica successiva alla pasqua) e proprio per tradizione scritta si celebra la chiesa che ripete la prima consacrazione del 1500. Qui vi abbiamo fatto anche concerti, conferenze, incontri. Il secondo nucleo di restauro ha riguardato il primo piano con le prime sei celle, la stanza del “fuoco”, così chiamata dagli antichi frati per la presenza del camino. Adesso ci sono 21 celle agibili, alcuni saranno celle più confortevoli per persone che vogliono vivere qui a lungo, altre sono senza elettricità, proprio come una volta“.
Sul futuro del convento di Montecarlo: “Il futuro che vedo per il convento è questo: un luogo, prima di tutto di residenza e di vita, di persone che vivono qui per passione, svolgendo attività in parte di tipo culturale, spirituale, legato all’agricoltura e all’allevamento. Ma anche attività artigianali, al momento abbiamo aperto un laboratorio di tessitura oppure attività musicali, come un corso di giovani violinisti, che hanno portato tanta vita qui dentro. Attività compatibili con la storia spirituale e culturale del convento, deve essere anche una questione di modo di vita. Vivere come i frati del tempo con delle persone che collaborano, però anche aperte verso l’esterno in modo che il convento sia un punto di riferimento per il territorio“.
Il convento di Montecarlo ha riaperto le sue antiche porte al mondo, restando però al contempo un custode dello spirito e del clima dei frati di un tempo. Un luogo dove si incontrano architettura e arte settecentesca, una biblioteca gremita da libri di varia natura, la passione per la natura, il silenzio e una vita semplice. Si potrebbe definire la perfetta ricetta per fuggire dalle noie quotidiane e dai ritmi di vita sempre più frenetici. Un rifugio ideale, quindi, per chi cerca pace e silenzio, ma anche un’occasione per riportare alla luce qualcosa di unico.