19, Aprile, 2024

Turismo, ristorazione e piccoli negozi, i più colpiti dalla pandemia. La grande incertezza è la fine del blocco licenziamenti

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La situazione economico/commerciale in Valdarno è stata pesantemente penalizzata dall’epidemia e dai lockdown. Abbiamo discusso degli effetti e delle incertezze sulle aziende della vallata con una serie di commercialisti locali

"La paura per la propria salute ha effetti devastanti nelle persone, tuttavia in aggiunta a questa stiamo vivendo anche la paura della crisi economica". Queste le parole che riassumono il periodo storico che sta vivendo il Valdarno, un momento difficile per tanti settori colpiti dall'epidemia e dai lockdown.

A parlare sono stati una serie di commercialisti della vallata che hanno evidenziato come il turismo, la ristorazione e i piccoli negozi abbiano subito un duro colpo dovuto all'epoca di restrizioni costrette dal Covid. Non solo, il disagio economico si è abbattuto anche su partite IVA, artigiani e la filiera della moda, mentre alcune categorie non hanno particolarmente sofferto come corrieri, ecommerce e dipendenti pubblici. Restano molte le incertezze per il futuro, tra cui la più grande resta senz'altro la fine del blocco licenziamenti. Ecco cosa è emerso dalla nostra intervista.

"Il Valdarno è stato colpito, un po' come tutta l'Italia, anche se in maniera diversificata: tutti quei settori collegati al turismo sono in una situazione tragica, ma non solo loro, facendo un ordine alberghi, ristoranti, bar, parrucchieri ed estetisti hanno subito maggiormente il lockdown e in più hanno subito anche la riduzione del consumo dei loro servizi. Nel Valdarno poi c’è il settore moda: trainante ed essenziale, i consumi si sono ridotti e chiaramente nella filiera della moda c’è stata una riduzione di volumi di lavoro importanti, per ora tutto è stato relativamente ammortizzato dalle misure che hanno aiutato la liquidità delle aziende, quindi l’aspetto finanziario ha mantenuto un certo equilibrio, ma i conti economici hanno avuto degli effetti pesanti perché i fatturati si sono ridotti in maniera significativa."

L'intervista è proseguita affrontando le agevolazioni offerte dallo Stato: "L’unico grosso aiuto per le aziende è stata la cassa integrazione: è stato un aiuto sì ai dipendenti ma anche un modo per far gravare meno il costo dei lavoratori, anche se le aziende non hanno solo il costo del lavoro, bensì una serie di costi generali che sono strutturati e realizzati in base ad un determinato volume di affari; è chiaro che una volta che questo volume di affari subisce una diminuzione del 30, 40 o 50% a prescindere dal lavoro e dal dipendente gli altri costi incidono in maniera pesantissima. Ultimamente c’è stata, apparentemente, una grande aspettativa verso i lavori di ristrutturazione in primis il 110% sia al Sisma Bonus che l’Ecobonus, ma c’è stato un enorme ritardo nella partenza di questi lavori a causa delle innumerevoli difficoltà burocratiche e d’interpretazione sulle modalità di fruizione di questi bonus. Introdotte a partire dal mese di maggio, durante il 2020 sono stati pochissime le opere partite con le agevolazioni, solo nel 2021 si nota che stanno partendo una serie di lavori."

"I dipendenti in cassa integrazione percepiscono una percentuale dell’80% circa, ma c’è un limite. Gli stipendi fino a 1200 euro sono per così dire coperti dalla cassa integrazione ma con stipendi più significativi tipo 2500 euro in quel caso il massimale della cassa integrazione non è coperto, è vero che chi guadagna 2500 euro ha meno bisogno di essere protetto rispetto a chi guadagna 1200 euro però è anche vero che se si è organizzata la propria vita, il proprio mutuo e il proprio tenore in un certo modo dall’oggi al domani queste persone hanno dovuto stravolgere la propria vita. Pensiamo poi alle partite IVA, gli artigiani e commercianti, questi hanno preso 600 euro d'indennità, i 1000 euro a fondo perduto, è chiaro che complessivamente è stato un importo rilevante per lo stato, però per i singoli è stato un palliativo, sono cifre che non creano e sostituiscono l’attività ordinaria che svolge un artigiano e un professionista."

Argomento centrale per l'economia del Valdarno è la moda, un settore trainante e importante che non è stato esente dalle ripercussioni dell'epidemia Covid: "Ragionando per schema generale: le grandi firme sono a capo di una filiera che ha diversi livelli, perciò, come sappiamo, esiste la firma importante riconosciuta a livello internazionale che ha un interlocutore, a sua volta questo ha 10 o persino 20 interlocutori, cos’è successo con il crollo dei fatturati? Che il grande marchio ha tenuto più lavoro dentro la sua azienda, i suoi dipendenti hanno continuato a lavorare dando, tuttavia, meno lavoro al loro primo interlocutore, quest'ultimo allo stesso modo ha cercato di impegnare attivamente e prevalentemente i dipedenti della propria struttura, quindi al livello successivo più piccolo è arrivato lavoro in maniera molto ridotta. Riassumendo nel settore moda abbiamo i grandi marchi con una diminuzione di lavoro ma che hanno mantenuto i livelli occupazionali senza usare nemmeno integralmente la cassa integrazione, il secondo livello che ha avuto una riduzione più importante e il terzo livello della filiera che invece in alcuni casi ha avuto una riduzione di fatturati del 60% nelle piccole aziende artigiane."

I commercialisti hanno poi sottolineato come gli effetti della pandemia si siano riscontrati anche nella loro professione: "Lo spostamento delle scadenze fiscali è stata una tragedia per gli adempimenti dfi carattere fiscale, non si può confrontare con lo stress avuto dai medici, dalle forze dell’ordine e così via, però noi commercialisti anno scorso abbiamo avuto un aumento degli adempimenti vertiginoso, anche perché i nostri clienti avevano molto più bisogno di essere assistiti, consigliati e seguiti, mentre prima c’era gente che si rivolgeva a noi una volta al mese o una ogni tre mesi, ci sono state chiamate ininterrotte da mattina a sera per sapere cosa fare: se rimanere aperti, se si potesse spostare un adempimento, se un certo pagamento potesse essere fatto successivamente. Dietro ai 600 euro, ai 1000 euro e i contributi a fondo perduto c’era sempre una pratica di un commercialista".

I commercialisti hanno poi discusso delle categorie più in difficoltà di questo periodo evidenziando il fenomeno del passaggio dall'acquisto al negozio fisico in favore dell'online: "I settori legati al turismo e alla ristorazione sono i più in difficoltà, poi il settore moda e poi i piccoli negozi che sono stati travolti da un altro fenomeno: da diversi anni era in atto uno spostamento dal negozio fisico all’online, in questa situazione c'è stata un'accelerazione vertiginosa, prima era una cosa che facevano i più giovani e tecnologicamente predisposti, adesso siamo stati quasi obbligati da negozi chiusi e divieti e le persone hanno capito che è uno strumento facile. Questo spostamento ha causato un impoverimento dei negozi fisici, lo si vede anche dai corrieri che hanno triplicato il loro lavoro. Per intendersi Amazon e compagnia hanno sostituito i nostri piccoli negozi."

Spazio anche sugli aiuti previsti dal Recovery Fund, un'opportunità per uscire dalla crisi secondo i commercialisti: "A questo punto è difficile pensare che la ripresa sarà velocissima, il problema è che i danni di lockdown totale o parziale sono pesanti, se un'attività ha perso 100.000 euro del suo patrimonio non può riuscire a recuperarli in tre mesi, ci vorranno anni. Inoltre dovremo fare i conti con una sorta di trasformazione della società e dei consumi, avremo degli effetti in termini di abitudini personali. È una situazione di grande incertezza che determina sfiducia e questo non fa bene all’economia: se c’è fiducia la gente ha facilità di spendere e ha programmi d’investimento, se non c’è fiducia si consuma meno e nelle aziende si riducono i programmi d’investimento,  che poi riassunto è ciò che tenta il Recovery Fund, la questione è se saremo in grado di sfruttarlo; saremo bravi o no a rifondare la nostra economia e in quanto tempo recupereremo i capitali persi?"

In conclusione, i commercialisti hanno affrontato quella che secondo loro è la più grande incertezza. La fine del blocco licenziamenti: "Il blocco licenziamenti ad oggi è sostenuto dalla cassa integrazione, l’imprenditore non può licenziare ma se non ha lavoro può mettere i dipendenti in cassa integrazione, il costo di quel dipendente è a carico dell’INPS, però il problema è che quando finirà il blocco licenziamenti bisogna vedere se l’imprenditore avrà lavoro. In particolare per le piccole aziende licenziare un dipendente è una vera sofferenza per l’imprenditore, in aziende da 10 o 15 dipendenti questi fanno parte della squadra, sono quasi familiari, si crea un rapporto che non ha nulla a che vedere con le grandi aziende; inoltre non è solo il fatto del dipendente, distruggerebbe un'organizzazione aziendale, distrugge il Know How e deve riorganizzare e riformare i propri dipendenti ad un nuovo tipo di lavoro. Questa è la più grossa incertezza, finiti il blocco licenziamenti e la cassa integrazione, a quel punto le domanda saranno: ho il lavoro? Ho i clienti che mi acquistano i miei prodotti? Ho il lavoro per i miei dipendenti? Potrò non licenziare nessun dipendente? Quest'ultima è una domanda che si pongono tanti datori di lavoro."

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