A trent’anni dalla sua scomparsa, ricordiamo Luca Flores, musicista jazz di fama internazionale che venne ad abitare a Montevarchi negli ultimi anni dalla sua vita. Artisti del calibro di Chet Baker, con cui aveva suonato più volte, ne riconoscevano la bravura ed è possibile che, se non si fosse spento ad un’età così prematura, sarebbe potuto diventare una vera leggenda del jazz
“Luca Flores l’ho incrociato più di una volta, non avevo con lui un rapporto vero, l’ho incrociato perché mi era capitato di ascoltarlo a Firenze dove aveva più di una realtà dove suonava jazz insieme ad altri musicisti, anche molto importanti: Massimo Urbani, Tullio De Piscopo, Paolo Fresu, per dire solo alcuni nomi con cui aveva suonato a Firenze, dove teneva anche una scuola, dove Stefano Bollani è stato uno dei suoi allievi.”
A condividere i suoi ricordi è Enzo Brogi, il quale all’epoca era sindaco di Cavriglia:
“Quando all’inizio degli anni ’90 qualcuno mi disse che era venuto ad abitare a Montevarchi, io, che al tempo ero sindaco a Cavriglia, ebbi l’opportunità di incontrarlo e anche di sentirlo suonare qui in Valdarno. Era già un periodo in cui lui soffriva di un forte disagio che lo tormentava tantissimo, quindi non era una persona facile a cui stare vicino e con cui costruire un rapporto. Era fantastico quando suonava, perché trasmetteva attraverso il piano tutto quel turbamento che poi nella musica diventa un’eccellenza artistica, ma che nella quotidianità lo rendeva un carattere difficile. In quel periodo infatti aveva cominciato a subire atti di autolesionismo, anche molto pesanti e invalidanti, soprattutto per un musicista.”
Purtroppo, il pianista soffriva di gravi disturbi psicologici, forse in parte legati al trauma infantile della perdita della madre in un incidente d’auto in Mozambico; la malattia lo portò ad assumere psicofarmaci, che nonostante lenissero la sua depressione, inibivano anche la sua capacità creativa, rendendogli difficile dedicarsi alla musica. Questo tormento interiore lo portò a ferirsi le mani e le orecchie.
“Voleva evidentemente ferire le parti più belle, più importanti per la sua attività. Nonostante questo, anche in quel periodo compose delle melodie struggenti, bellissime, intense, potenti. Il ricordo che ne ho era questo: da una parte un artista che musicalmente ti attraeva in un modo assolutamente irresistibile e dall’altra una persona che invece avresti quasi voluto evitare perché era poco socievole, poco disponibile al dialogo.”
C’era una parte di Luca che lo spingeva comunque alla vita, a continuare a creare. Questa parte, però, perse la battaglia il 29 marzo 1995: venne ritrovato morto suicida nel suo appartamento in via Cennano, all’età di 38 anni.
“Io l’ho saputo immediatamente, perché la notizia ebbe un riverbero abbastanza veloce. Non voglio dire che me l’aspettavo, assolutamente no, tuttavia certo è che essendo lui una persona così tormentata, qualcuno può aver anche pensato che poteva essere vicino a una decisione così irreversibile.”
Sulla vita di Luca Flores, Walter Veltroni avrebbe poi pubblicato un libro nel 2003, intitolato Il disco del mondo, da cui venne anche tratto un film nel 2007, diretto da Riccardo Milani (Piano, solo), con Kim Rossi Stuart, Michele Placido e Paola Cortellesi.
“Alcuni anni dopo, io e sua sorella Barbara abbiamo organizzato alcune iniziative importanti con Walter Veltroni, che aveva pubblicato Il disco del mondo, da cui è stato tratto il film Piano, solo, con Kim Rossi Stuart e Paola Cortellesi, diretto proprio da suo marito, Riccardo Milani. La prima fu una serata bellissima al Teatro di Cavriglia, dove invitammo diversi musicisti che avevano suonato con lui, la sua stessa compagna, Michelle, che è credo tutt’ora una cantante. Due anni dopo abbiamo fatto un’altra iniziativa alla Ginestra, a Montevarchi.”
Nonostante le sue attenzioni fossero proiettate su Firenze, la vecchia casa di Luca a Montevarchi sarebbe potuta diventare un centro dedicato ai giovani artisti jazz, ma il caso si mise contro questa possibilità:
“Montevarchi lui l’aveva vissuta marginalmente negli ultimi tempi, perché la sua compagna viveva a là, questo fu forse il motivo che lo convinse a trasferircisi. A Montevarchi fece qualche piccola cosa, ma il suo centro d’interesse era Firenze. Tuttavia, mi ricordo che a quei tempi andai con Veltroni a vedere l’appartamento dove Luca aveva vissuto, in via Cennano. Walter, con i proventi del libro e del film, sarebbe stato disponibile ad acquistarlo per farci una piccola fondazione in suo ricordo, una cosa bellissima, ma quando arrivammo era stato comprato da una giovane coppia da circa due mesi. Il centro sarebbe servito a premiare i giovani musicisti jazz.”