La relazione sull’intervento di Arpat al Pestello, dove il torrente Sabina ha assunto una colorazione grigio azzurra. Nel confermare la presenza di argille, Arpat sottolinea come il caso vada valutato anche in vista di future trivellazioni
Data la costituzione del sottosuolo del Valdarno, il caso avvenuto al Pestello, con l'acqua del Sabina contaminata da una falda acquifera ricca di argille, potrebbe accadere ancora. Per questo Arpat, nel presentare una prima relazione sull'intervento, fa notare come la questione debba essere tenuta presente in vista di eventuali future trivellazioni.
I fatti accaduti al Pestello trovano la loro causa in alcuni lavori eseguiti sabato 25 luglio dalla società di gestione del gas per la trivellazione di un pozzo di protezione catodica (cioè per la messa a terra di correnti elettriche vaganti potenzialmente pericolose per la rete) intorno ai 95 metri di profondità. Durante questi lavori, spiega Arpat, "è stata accidentalmente perforata una falda caratterizzata da acqua satura di argille lacustri".
La fuoriuscita dell'acqua, constatata da Arpat sabato scorso su chiamata della Protezione Civile, non accennava a diminuire e sedimentava lungo la strada provinciale. Ed è per questo che la ditta, come azione di emergenza, ha provveduto a convogliare l'acqua nel vicino Borro della Sabina, per evitare l'allagamento della strada provinciale limitrofa al luogo di escavazione.
"Tale soluzione ha provocato un certo allarme nella popolazione", spiega Arpat. Soprattutto per il colore delle acque del torrente. "In particolare è stato presentato un esposto al Dipartimento di Arezzo, che ha effettuato un ulteriore sopralluogo, ed alla Guardia Forestale locale". Queste argille, il cosiddetto “turchino”, per la loro consistenza si presentano alla vista come particelle in sospensione ben evidenti nella superficie dell'acqua e nell'alveo.
Il tratto interessato dai sedimenti è lungo circa 300 metri dal punto di immissione nel Borro della Sabina fino alla confluenza, con il torrente Caspri, nel Dogana. Proprio nel Dogana il sedimento sparisce, grazie alla presenza di una larga pozza che ne favorisce la decantazione. "La pozza, pur contaminata – si legge nella nota di Arpat – ospita numerosi gnatidi e avanotti di pesci attivi il che, presumibilmente, esclude danni alla fauna ittica. In ogni caso sono in corso interventi per la messa in sicurezza e interruzione dello scarico".
I tecnici Arpat hanno effettuato diversi campionamenti. Le analisi sono attualmente in corso, ma continuano i sopralluoghi per il monitoraggio della situazione. Arpat sottolinea però che "tale evento, pur essendo da considerare eccezionale, debba costituire un caso da valutare e normare in caso di ulteriori trivellazioni. Il sottosuolo dell'area del Valdarno è infatti caratterizzato dalla presenza diffusa di argille lacustri".