07, Ottobre, 2024

Referendum del 12 giugno: le ragioni del “sì”. Interviene l’avvocato Andrea Frosali

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Domenica 12 giugno si voterà per il Referendum abrogativo sulla giustizia: per i cinque quesiti proposti i cittadini dovranno decidere se mantenere le norme già presenti (rispondendo “No”), oppure se cancellarle (rispondendo “Si”). Abbiamo interpellato due esponenti, entrambi avvocati, delle due posizioni. Oggi lasciamo la parola all’avvocato sangiovannese Andrea Frosali.

“Il 12 giugno voterò cinque sì e mi spiace proprio non poterne votare sei, il sesto, quello sulla responsabilità civile dei magistrati era sicuramente il più incisivo ed il più familiare per l’elettorato anche perché già oggetto di analoga consultazione nel 1987, dove, sulla scia del caso Tortora, i sì raggiunsero quasi 21 milioni di voti. Da allora e nonostante le leggi che si sono succedute tra l’1988 e il 2015 la responsabilità è solo indiretta ovvero i cittadini possono agire civilmente solo contro lo Stato e non direttamente contro il magistrato che sbaglia. Purtroppo il quesito non è stato ammesso dalla Consulta”.

“Prima di analizzare i motivi dei miei sì sui quesiti ammessi, faccio una premessa.
Si sente dire da più parti che il referendum non sia lo strumento più idoneo per riformare una materia delicata come quella della giustizia. Certamente la sua natura abrogativa e quindi demolitoria di intere leggi spesso crea dei vuoti che vanno riempiti e questo spetta al Parlamento. Il referendum è certamente uno stimolo a che ciò avvenga e del resto le Camere almeno sinora non sono riuscite a partorire una riforma organica. Anche la riforma in discussione, la Cartabia, sebbene per tanti aspetti innovativa in meglio rispetto ai danni della gestione Bonafede, è purtroppo frutto di un lavoro di mediazione fra garantismo liberale e giustizialismo populista. Non vedo quindi il problema di far esprimere i cittadini direttamente su alcuni aspetti quali quelli dei cinque quesiti referendari”.

“Venendo all’esame degli stessi e iniziando dal primo, quello sul decreto legislativo Severino, votando sì si elimina l’automatismo di sanzioni gravi come decadenza ed ineleggibilità per candidati ed eletti nelle varie cariche istituzionali di livello centrale e locale. Per gli eletti negli enti territoriali con la norma in vigore scatta la sospensione dalla carica addirittura prima della sentenza definitiva. E in generale anche per i candidati al Parlamento e per i membri del Governo, per i quali la legge prevede la sanzione solo a seguito di sentenza passata in giudicato, ritengo che sia da preferire che decida un Giudice caso per caso se applicare la pena accessoria che già esiste e si chiama l’interdizione dai pubblici uffici”.

“Il secondo quesito è sulle misure cautelari, ovvero su quei provvedimenti che prevedono una restrizione della libertà personale indipendentemente da un accertamento processuale della responsabilità penale. Come è noto la libertà personale è inviolabile per la nostra Costituzione salvo atto motivato del Giudice e nei casi e modi previsti dalla legge. Dato che sinora l’atto limitativo del Giudice può essere motivato con una clausola di chiusura di fatto indimostrabile (la futura commissione di reati della stessa specie di quello per cui si procede), il referendum eliminerebbe quella clausola di chiusura, consentendo le misure cautelari solo nei casi più gravi e tipicamente individuati quali l’inquinamento probatorio, il pericolo di fuga, o quelli della commissione di gravi delitti di criminalità organizzata o con uso di armi o altri mezzi di violenza personale”.

“Il terzo quesito tratta della separazione delle funzioni e ritengo giusto, dato che in Italia dal lontano 1988 vige un rito processuale accusatorio che prevede (almeno sulla carta) la parità tra accusa (i PM) e difesa che dibattono dinanzi ad un giudice terzo, che non ci sia promiscuità fra Pubblici ministeri e Giudici. Questo obbiettivo si raggiunge anche impedendo le cosiddette porte girevoli fra l’una e l’altra funzione. Come si sceglie se fare l’avvocato o il Giudice, si sceglie se fare il PM o il Giudice. Va detto che questo sarebbe tuttavia solo un primo passo, l’obbiettivo finale di una vera autonomia del Giudice si avrebbe separando non solo le funzioni ma le carriere”.

“Il mio sì al quarto quesito è motivato dal fatto che ritengo iniqua la legge del 2006 che impedisce ai membri laici come avvocati o professori universitari di partecipare attivamente agli organi ove si valutano i magistrati, come i Consigli giudiziari, che sono una sorta di CSM ridotti presenti in ogni distretto di Corte d’Appello (capoluogo di regione). Ebbene adesso succede che i membri laici ne facciano parte ma vengano esclusi da quasi tutte le discussioni quali quelle sulle valutazioni di professionalità dei magistrati o sul passaggio di funzioni. Peraltro la valutazione congiunta avviene invece da sempre in seno al CSM che è organo per un terzo composto anche da laici, quindi non si capisce perché non dovrebbe avvenire anche nelle sue articolazioni locali e non si capisce perché noi avvocati, che al pari dei Giudici siamo operatori di giustizia, non ci si possa esprimere in merito alla valutazione dei magistrati. Ricordo che i magistrati fanno da sempre parte ad esempio delle commissioni di esame degli avvocati e (lo dico per esperienza diretta avendone fatto parte) trovo che questa promiscuità apporti un importante valore aggiunto”.

“L’ultimo quesito concerne la possibilità ai magistrati di candidarsi al CSM senza firme di presentatori. Adesso ne occorrono almeno 25 e con la vittoria del sì ogni magistrato che lo volesse si potrebbe candidare. L’intento è limitare il potere delle correnti che potrebbero condizionare il sostegno a futuri scambi di favori che con il caso Palamara abbiamo visto quanti danni abbiano potuto fare nel sistema delle nomine. Certo non siamo così ingenui da ritenere che basti questa piccola riforma per cambiare davvero registro, ma è comunque un segnale nella direzione giusta”.

L’avvocato Frosali conclude: “Io voterò cinque sì e spero che anche chi non la pensa come me vada comunque a votare compresi quelli che per anni ci hanno ripetuto come un tormentone quanto fosse importante la democrazia diretta”.

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