Questo pomeriggio a San Giovanni Valdarno, presso Palomar Casa della Cultura, si è svolto, in occasione della Gionata contro la violenza sulle donne, l’incontro “La violenza nella pandemia”. L’evento, organizzato dal Comune in sinergia con Pronto Donna, LiberaMente e la Consulta delle Pari Opportunità, ha dato modo di esprimere i dati riguardanti la provincia di Arezzo e il nostro territorio per quanto riguarda il numero di violenze palesate dal 2018 al 2021. Oltre ai dati, forte l’attenzione sulla sensibilizzazione e l’individuazione delle caratteristiche che questa piaga porta con sè.
Ad intervenire nel corso del pomeriggio, sono state l’avvocato Piera Santoro, vicepresidente CAV Associazione Pronto Donna Arezzo; la Dottoressa Elisa Serafini, Direttrice CAV associazione Pronto Donna Arezzo; la Dottoressa Laura del Veneziano, psicologa e presidente della Consulta per le Pari Opportunità di San Giovanni Valdarno; la Dottoressa Francesca Salvini, in videocall, psicola epsicoterapeuta, Vicepresidente della cooperativa LiberaMente Onlus CAV di Pavia e a moderare, Laura Ermini, Assessore alle Pari Opportnità di San Giovanni Valdarno. Ad iniziare è stata Laura del Veneziano che da subito ha messo in chiaro quanto sia importante ragionare nel concreto; attuare cambiamenti e comportamenti che mirino a un riscontro nel quotidiano:” Per fare in modo che questo accada però, c’è bisogno di collaborazione. Creare una rete con le amministrazioni e le associazioni del territorio”.
Piera Santoro, in prima battuta, ha evidenziato:”Con la pandemia si è bloccato tutto, ma non la violenza. Far fronte alla situazione della pandemia è stata dura. Al centro antiviolenza siamo state letteralmente travolte perchè la nostra metodologia prevede un contatto con la donna. La donna deve sentirsi accolta, quindi è necessario instaurare un contatto visivo. Non è stato facile; ci siamo mobilitate online, abbiamo attivato tutte le piattaforme cercando di sensibilizzare le persone sul come scaricare programmi. Un grande lavoro per non perdere le donne che avevamo a carico e per permettere alle donne che volevano fare accesso, di avere un sostegno alternativo” – contina – “Gli sportelli a disposizione, partono dalla bassa soglia, significa che qualsiasi donna che ha problemi anche non specifici di violenza di genere, che ha bisogno semplicemente di una consulenza legale o psicologica può accedervi, poi in caso di violenza la donna viene indirizzata al centro antiviolenza. Abbiamo capito che gli sportelli non possono essere gestiti in maniera universale. Ogni territorio ha delle specifiche caratteristiche e insieme a queste delle esigenze alle quali è necessario che questo tipo di servizi si declinino”.
Elisa Serafini ha esposto alcuni dei dati riguardanti la Provincia di Arezzo:” Diventa necessario entrare un po’ nei meriti di ciò che è successo in questo anno e mezzo. Non abbiamo più i numeri che avevamo prima, sia a livello di dati che di specificità. Quando parliama di miglioramenti negli sportelli, è soprattutto perchè in questo anno e mezzo, inizialmente c’è stato un silenzio strano. Sebbene si possa pensare che la diminuizione dei dati sia positiva, in realtà l’attenzione deve essere moltiplicata. Nel nostro caso, è stato fondamentale intuire che con la costrizione nelle abitazioni metteva in difficoltà il raggiungimento dei nostri servizi; quindi ci siamo mobilitate.”
“I dati ci dicono che il lockdown ha peggiorato la situazione per quanto riguarda le donne conviventi, con una maggiore esposizione ai rischi anche per i bambini. Gli stessi motivi che hanno peggiorato queste situazioni, sono stati invece punti che hanno fatto diminuire per esempio i fenomeni di stalking fisico e simili. Ovvero situazioni in cui la donna non convive con l’aggressore. Si è registrata comunque una riduzione degli accessi al centro antiviolenza per quanto riguarda il territorio provinciale. Nel 2018 gli accessi sono stati 303; nel 2019 sono stati 290, nel 2020, invece 269 di cui molte donne nuove. Ribadiamo il fatto che il dato in diminuzione non rappresenta positività. Infatti tanti interventi si sono spostati dall’ordinario all’emergenza: 2019 – 17 interventi di emergenza; 21 attivazioni nel 2020; siamo già a 25 attivazioni nel 2021. Sebbene ci sia un calo di donne totali l’emergenza è in aumento. Per quanto riguarda colloqui di fronte a dubbi, inizi incerti e situazioni anche più lievi, nel 2018si registrano 600 accessi, nel 2019 1000 e nel 2020 1300.”
La Dottoressa Francesca Salvini, in collegamento da Pavia, infatti si sofferma sulla questione dei dubbi. Mettendo in risalto come siano cambiati i tipi di colloqui che vengono intrattenuti:” Molte volte ci sono dubbi. Non si capisce quando effettivamente si tratta di violenza. Anche di fronte a violenze oggettive, si fa fatica a chiamare le cose col loro nome e le donne chiedono se effettivamente quello che stanno vivevo è qualcosa che può metterle in pericolo o meno. C’è un senso di incredulità”.
A livello statistico, il Valdarno si identifica come la seconda area per bacino di utenza al centro antiviolenza, per quanto riguarda la provincia di Arezzo. Nel 2021 sono state registrate 230 donne di cui il 40 % nella zona aretina; segue 16% del Valdarno: 45 donne. In passato la percentuale del Valdarno era superiore al 20%. Il caso della percentuale, anche in questo caso è dovuto alla minor facilità di raggiungimento degli sportelli. Il numero maggiore di casi registrato in Valdarno, riguarda il Comune di Montevarchi.
Laura Del Veneziano:”Inoltre, si registra una nuova tendenza. Molte ragazze giovani, in età dai 15 ai 20 anni; iniziano a farsi domande e narrare storie spiacevoli. Anche in questo caso, però c’è molta fatica nell’identificazione della violenza; troppo spesso scambiata per attenzione e affetto.” Laura Ermini, incoraggia alla sensibilizzazione:” Molto spesso la violenza non è solo fisica ma anche psicologica e sotto questo punto di vista è importante evidenziare il fenomeno, affinchè sia chi la mette in atto che chi la subisce, la sappia riconoscere. Importante è formare le donne nella consapevolezza che anche quelle che possono sembrare attenzioni amorevoli, alla fine possone deviare comportamenti violenti che inducono la donna in una situazione di costrizione. Del pari è importantissimo educare le nuove generazioni”.