Monsignor Stefano Manetti ha fatto il suo ingresso solenne nella Diocesi di Fiesole dando il via al suo episcopato. La cerimonia si è tenuta nel Teatro romano. “Tenendoci per mano ci scopriremo fratelli tutti – sono state le prime parole del nuovo Vescovo – Ti saluto, cara Chiesa di Dio che sei in Fiesole, che oggi ricevo dalle mani di Nostro Signore e dalle mani del vescovo Mario, per servirla ed onorarla mediante il ministero episcopale”. Sarà dunque il nuovo Vescovo anche del Valdarno fiorentino e, per quello aretino, di Cavriglia, Castelfranco Piandiscò, San Giovanni e Montevarchi.
Presenti il presidente della Regione Eugenio Giani, i consiglieri regionali Cristiano Benucci, Vincenzo Ceccarelli e Elisa Tozzi, il vicepresidente del Csm David Ermini, il sindaco di Montevarchi e presidente della provincia di Arezzo Silvia Chiassai, il consigliere delegato alla Protezione civile della Città Metropolitana di Firenze Massimo Fratini, e i sindaci o i delegati di tutti i Comuni del territorio diocesano, compresi quelli del Valdarno fiorentino ed aretino. Presente anche Domenico Giani, presidente della Confederazione nazionale delle Misericordie.
Il momento più significativo, che ha sancito il passaggio di testimone tra il nuovo vescovo e quello uscente, è stata la consegna del pastorale da Meini e Manetti, il simbolo della guida della comunità. Poi un breve atto di omaggio al nuovo pastore da parte del Capitolo dei Canonici, del Collegio dei consultori, di una famiglia, di un religioso e di una religiosa.
L’Omelia del Vescovo Stefano Manetti
“Ti saluto, cara Chiesa di Dio che sei in Fiesole, che oggi ricevo dalle mani di Nostro Signore e dalle mani del vescovo Mario, per servirla ed onorarla mediante il ministero episcopale”. Queste le prime parole pronunciate all’omelia, la prima da vescovo di Fiesole. “Il nostro cammino insieme – ha continuato mons. Manetti – ha inizio in questo giorno di festa del nostro Patrono, san Romolo, martire”. Il martirio è un segno che “si riferisce al nostro battesimo, in quanto rappresenta il compimento perfetto della vocazione di ogni battezzato, cioè la decisione di vivere per Cristo fino al dono totale di sé, per alcuni realizzatosi in modo cruento, come Romolo, per tutti vissuto in modo incruento, ma con lo stesso spirito, quando si giunge a porre la relazione col Signore al di sopra di ogni altro bene”. Poi un riferimento al cammino sinodale iniziato dalla Chiesa “alla riscoperta della meravigliosa grazia ricevuta nel battesimo, che ci fa popolo di Dio in cammino dietro al Signore e verso la gente, colmo di speranza pur attraversando le non poche criticità del presente”. Tra queste, “siamo certamente provati dalla pandemia, dalla crisi economica e dalla guerra in Europa e abbiamo imparato che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo ma solo insieme” ha aggiunto il vescovo Stefano citando Papa Francesco. Ricordando i tre vescovi santi del IX secolo della Chiesa fiesolana (Leto, Alessandro e Romano) ha sottolineato la loro “testimonianza della forza sociale dell’amore del prossimo, cominciando dai poveri e da chi soffre ogni forma di emarginazione, e soprattutto perché ci ricordano che l’atto di amore più grande verso l’umanità è l’evangelizzazione”. Per questo ha invitato a far uscire “il Cristo dalle sacrestie e portarlo per le strade e per le piazze, con coraggio, con gioia e soprattutto con amore”. E poi ha messo in relazione l’acustica perfetta del teatro romano “attraverso una sapiente disposizione delle pietre” con i cristiani che “sono pietre vive su cui si edifica la Chiesa”: “la conversione a cui il Signore ci chiama è di formare tra noi una così armoniosa comunione” così che “l’annuncio del Vangelo possa arrivare chiaro e forte al cuore di tutti”.